Corriere della Sera, 29 ottobre 2022
Cronaca dell’accoltellamento di Assago, tra pazzia e invidia
«Ho una malattia grave, devo morire. Volevo farla finita, poi ho visto quelle persone felici. Li ho invidiati e li ho colpiti. Mi sembra impossibile aver fatto quello che ho fatto». Il volto tra le mani, lo sguardo allungato nel vuoto, così si è rivolto agli inquirenti Andrea Tombolini, il 46enne che giovedì sera ha accoltellato due dipendenti del Carrefour di Assago (uno è morto) e quattro clienti.
Assago Come una «bomba» ignota a tutti ma pronta a esplodere, la psiche dell’accoltellatore dell’ipermercato di Assago, Andrea Tombolini. E chissà se, beffa del destino, almeno la contraerea di una «valutazione psichiatrica» consigliata» il 18 ottobre e fissatagli per il 7 novembre, avrebbe magari potuto intercettare. Quella «valutazione psichiatrica» di nuovo richiamata da un appunto interno dell’ospedale San Paolo proprio il giorno prima della tragedia, mercoledì 26 ottobre, quando alle ore 15.17 Tombolini al «triage» aveva lamentato «persistenza di cefalea dopo colpi autoinflitti» il 18 ottobre, salvo poi allontanarsi prima di essere visitato.
E così, in questa sliding door che a ogni bivio di possibile presa in carico della sua psiche disturbata sembra invece aver imboccato la strada più sfortunata, l’uomo con il coltellaccio in mano finisce per somigliare, più che a un «missile» di superficie, a una insidiosa «mina» sotto terra: sulla quale giovedì 27 ottobre alle 18.35 mettono inconsapevolmente il piede e «saltano» in aria, percorrendo per lavoro o per fare la spesa i corridoi dell’ipermercato Carrefour di Assago Milanofiori, sei ignare persone. Che mandano in tilt mentale Tombolini proprio mentre sta pensando di togliersi la vita: dallo scaffale «ho preso un coltello per farla finita, avevo intenzione di colpirmi», ma «ho visto le persone e ho deciso di colpirle per sopprimere la mia rabbia. Se devo descrivere il mio sentimento, era di invidia: perché le persone che ho colpito stavano bene, mentre io stavo male. Ritengo di avere un tumore e di dover morire». Ipocondriaco, senza amici, senza relazioni, senza lavoro, senza profili social, «troppo silenzioso» (dice il padre distrutto), «troppo sempre in disparte» (dice la madre in lacrime), «che al massimo si fermava a parlare di politica, ce l’aveva con tutti, destra e sinistra», racconta un vicino. Dal 2013 in un alloggio al piano terra di un palazzo Aler, il 46enne viveva in via Neera nel quartiere Stadera proprio con gli anziani genitori al centro dell’unica crisi che, col senno di poi, può essere ora riletta.
Alle 18.30 del 18 ottobre, il padre chiama la polizia perché il figlio ha spinto lui e la madre in cortile. Quando arrivano gli agenti, la situazione si è già tranquillizzata, anche se la vicina di pianerottolo ricorda di aver sentito (nel momento della lite) che «il papà urlava “io a 80 anni non voglio essere ammazzato da te”». Andrea Tombolini chiede comunque di essere portato in ospedale per «una gastrite». E in ambulanza all’improvviso «si prende a pugni in testa e al viso»: gesto «autolesivo», scrivono i sanitari, a seguito del quale il medico di base di Tombolini gli prescrive appunto quella visita psichiatrica in agenda il 7 novembre, e richiamata nell’appunto del 26 ottobre. Nel Carrefour si aggira 7 minuti, ma solo 60 secondi passano da quando sferra a casaccio la prima coltellata (con la lama di 20 cm. presa dallo scaffale) a quando viene immobilizzato da clienti (come l’ex calciatore dell’Inter Massimo Tarantino) e dipendenti, mentre lui farfuglia «uccidetemi, sono pazzo». A terra lascia 6 persone: a cominciare dal quasi suo coetaneo dipendente del supermercato Luis Fernando Ruggieri, che, sfortuna nella sfortuna, è il penultimo a essere colpito da una sola coltellata ma mortale.
Alle due di notte in ospedale interrogato alla presenza del tenente colonnello Domenico La Padula, del pm Paolo Storari e dell’avvocato d’ufficio Daniela Frigione, abbozza le sue ultime ore: la sera «male per un reflusso gastrico», gastroscopia di pomeriggio, quindi giro in bici fino all’ipermercato, occhiali, corporatura robusta e andatura caracollante: «Però prima sono andato su un balcone e ho avuto pensieri di suicidio che non ho portato a termine. A casa con un coltello provai a ferirmi ma non ci riuscii, lo feci perché mi sono operato alla schiena e sono stato male». Giura di «prendere solo lo Xanax», inoltre «non uso droghe e nemmeno fumo», poi invece alla gip Patrizia Nobile ieri sera dice di aver consumato in passato Lsd. Butta lì passati problemi di alcolismo, ma poi «mi sono curato da solo perché ho reflusso e non posso più bere». E se giovedì notte balbetta «mi sembra impossibile aver fatto quello che ho fatto, non sono un violento, in passato ho avuto rabbia per motorini o bici del Comune, mi sembra impossibile avere rovinato la mia vita e quella delle persone che ho ucciso e ferito, sono pazzo», ieri sera a fine interrogatorio domanda candido: «Adesso mi riportate a casa?».