La Stampa, 29 ottobre 2022
Iran, ucciso un bambino di dodici anni
Aveva soli 12 anni. In un video diffuso su Twitter si vede il bambino senza vita a terra, con il sangue sulla testa e qualcuno che lo accarezza. È una delle sei vittime della protesta di Zahedan, nell’Est dell’Iran. Un nuovo massacro di manifestanti, dopo sei settimane di disordini scatenati dalla morte di Mahsa Amini. Ma non è il solo giovanissimo iraniano ad essere morto sotto i colpi della repressione del regime. Ieri il ristorante Boote, nella città di Arak, è rimasto chiuso in segno di lutto «per onorare la persona amata perduta», il suo popolare chef Mehrshad Shahidia. Con due stories condivise dall’account Instagram, il locale ha informato la community della morte del ragazzo, in seguito al trauma per i colpi subiti, sempre al cranio. Secondo quanto ha riferito la Bbc Persian, il 19enne, è stato ucciso mercoledì notte da agenti di sicurezza iraniani durante la repressione delle proteste che continuano a dilagare nelle città della Repubblica islamica. La famiglia del giovane cuoco, a quanto risulta alla tv britannica, è stata informata del decesso ma il corpo di Mehrshad, fino a ieri, non era ancora stato restituito ai suoi cari. Un account Instagram creato nel ricordo del ragazzo ne ha però annunciato, per oggi pomeriggio, la sepoltura.Dal 26 ottobre la polizia iraniana ha intensificato l’uso della forza contro i manifestanti che si sono radunati per le commemorazioni dei 40 giorni dalla morte della ragazza simbolo di questa lotta contro il regime degli Ayatollah, la 22enne Mahsa Amini, uccisa a metà settembre perché indossava male il velo islamico. Ieri gli agenti hanno sparato diversi colpi d’arma da fuoco nella città di Zahedan. Amnesty International ha lanciato un appello alle Nazioni Unite perché agiscano con urgenza nei confronti di Teheran, responsabile delle uccisioni illegali di otto manifestanti in meno di 24 ore. Secondo gli attivisti, sono stati sparati proiettili veri contro i cortei nelle province del Kurdistan, dell’Azerbaigian occidentale, del Kermanshah e del Lorestan. Hrana, l’agenzia degli attivisti per i diritti umani iraniani, ha tenuto il conto di 252 persone che hanno perso la vita dall’inizio delle proteste, tra cui 36 minorenni e 30 agenti. Tra i quasi 14 mila arrestati, ci sono anche 9 stranieri. Tra loro, la 30enne italiana Alessia Piperno che si trovava in Iran quando l’intensità delle proteste ha iniziato ad aumentare ed è detenuta con l’accusa di spionaggio dalle autorità di Teheran.«Queste rivolte aprono la strada al terrorismo», reagisce puntualmente alle accuse domestiche e internazionali il presidente iraniano Ebrahim Raisi. Che ha addossato alle rivolte anti regime anche la responsabilità dell’attentato compiuto mercoledì a Shiraz, alla moschea sciita Shah Cheragh, poi rivendicato dall’Isis. Tre uomini armati hanno fatto irruzione nel luogo di culto uccidendo 15 persone e ferendone almeno 19. Un attacco che ha offerto l’occasione al Segretario dell’Alto consiglio per i Diritti Umani iraniano, Kazem Gharibabadi, di chiedersi, in tono polemico, «perché gli attivisti per i diritti umani tacciono sull’attacco mortale a Shiraz?». Si fanno sempre più complicate le relazioni tra la Repubblica islamica e i Paesi occidentali, tra le critiche e le sanzioni imposte da Europa e Stati Uniti all’Iran, e viceversa. Bruxelles ha respinto le misure prese da Teheran, bollandole come «motivate politicamente». Anche gli Usa hanno imposto nuove sanzioni all’Iran, prendendo di mira tra gli altri membri del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche.