Corriere della Sera, 29 ottobre 2022
I rapporti tra Pio XII e Montini
Pochi ricordano che il giovane Montini era sicuro, nel 1926, che «il fascismo morirà di indigestione… e sarà vinto dalla propria prepotenza»; nel 1929, che i Patti Lateranensi avrebbero ostacolato la «libertà concordataria» della Chiesa; e, nel 1947, che andavano messe in dubbio le «pretese» di Franco in Spagna. La sua vicenda dall’azione con la Fuci negli anni Trenta all’enciclica del 1968 per il controllo «naturale» delle nascite, fu una crescente riaffermazione delle libertà religiose e civili. Per ricostruire questo itinerario con una nuova, straordinaria documentazione, vengono pubblicati dall’Archivio Apostolico Vaticano due volumi, di oltre 1.200 pagine, con migliaia di «fogli d’udienza» del Montini sostituto alla Segreteria di Stato in quotidiana conversazione con Pio XII dal 1945 al 1954, curati, con il consueto e intelligente rigore, da Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio e attivo custode della storia della Santa Sede («In quotidiana conversazione». G.B. Montini alla scuola di Pio XII).
Si tratta di 1.850 piccoli fogli – manoscritti a matita – che il futuro Paolo VI compilò sinteticamente dal luglio 1945 al novembre 1954, sia nel corso delle cosiddette Udienze di tabella, sia in occasione di incontri di papa Pacelli con politici, diplomatici, prelati e personalità, da lui stesso ordinati e sistemati alla partenza da Roma per Milano come nuovo arcivescovo (1° novembre 1954). Una partenza che fece scrivere dall’ambasciatore di Francia al suo governo: «Perdiamo un interlocutore di qualità eccezionale… ma anche un amico» e che Montini commentò così con un antico collega della Fuci: «Mi hanno tolto anche la firma». Il cardinale Siri, arcivescovo di Genova, ritenne che il trasferimento fosse dovuto al «giudizio negativo di una commissione segreta», istituita da Pio XII, «che aveva preso in esame il suo comportamento», ma che andava considerato «l’ultima tessera per divenire Papa» (Benny Lai), mentre l’amico don Giuseppe De Luca lo considerò un «esilio».
I fogli servivano «per fermare in modo sicuro» la cosiddetta «mente del Pontefice», cioè la sua volontà riguardo alle innumerevoli questioni trattate con Montini, volontà che veniva seguita con «fedeltà assoluta». Alla morte di Pacelli, Montini lo definirà «ultimo Uomo di Stato superstite che fronteggiò due guerre della nostra età». Non sembra, invece, che si possano ritrovare i «fogli» relativi agli anni 1939-1944.
Montini, nel 1959, dirà: «Sono stato vicino al Papa per 17 anni. Ho assistito giorno per giorno al suo lavoro. Le sue carte sono passate per le mie mani, i suoi segreti mi sono stati partecipati…, noi godemmo di tanta sua confidenza e fiducia… testimoni della sua mitezza d’animo. Della sua inappuntabile pietà religiosa… del suo intrepido senso di responsabilità». Scrivendo, nel 1921, al suo padre spirituale, Paolo Caresana della Chiesa Nuova di Roma, così Montini aveva commentato il suo ingresso nella diplomazia della Santa Sede: «Lei solo raccoglierà il singhiozzo della mia vita spezzata», mentre, però, il padre Giorgio, nel 1924, lo rincuorò: «Vedrai che più tardi ne proverai la maggior soddisfazione», anche non immaginando, ovviamente, il papato al quale salirà nel giugno 1963. Fu allora che parlò della «sbalorditiva novità del tempo moderno» e deciderà che non si sarebbe più fatto uso dell’antica tiara papale, che donò ai poveri, ed eliminerà le scomuniche del 1054 contro la Chiesa di Costantinopoli.
Dopo il Concilio Vaticano II accelerò il dialogo ecumenico, abolì la Corte pontificia e riformò il sistema di elezione dei Pontefici romani, sviluppando straordinariamente la politica internazionale che seguiva puntualmente dai tempi di Pio XII, come confermano i documenti pubblicati. Va ricordato che visse personalmente la drammatica vicenda di Aldo Moro, al quale era legatissimo, e rivolse un appello alle Brigate rosse sperando di salvarlo: qualche mese dopo morirà.
Negli incontri
Il Pontefice appare preoccupato per alcune iniziative di dialogo
con i cattolici avviate da esponenti del Partito comunista
Molti i politici italiani e stranieri, alcuni direttamente incontrati, oggetto dei colloqui con il Papa. Tra i primi si va da Ciano e Badoglio a De Gasperi, Scalfaro, Fanfani, Andreotti, Terracini e Togliatti, con frequenti e puntuali riferimenti ai partiti politici: molto interessanti le «note» sui «cattolici comunisti» che, a sua insaputa, vennero scomunicati nel 1949 e i riferimenti, non troppo preoccupati, alla massoneria. Nei fogli si parla anche, con alcune specifiche informazioni, di Wilma Montesi, Ugo Montagna e Piero Piccioni, anche con riferimento ad un articolo dell’«Unità» del 28 marzo 1954 e ad un presunto rapporto di Montagna con Gedda. Evidente, comunque, la sua azione di tramite costante tra Pio XII e Alcide De Gasperi che, però, a gennaio del 1948, il Papa, con riferimento al Consiglio nazionale della Dc, definisce «esasperante». Tra i temi maggiori anche i preti-operai, i rapporti con gli Usa, il famoso caso di monsignor Cippico, le canonizzazioni e beatificazioni, la stampa quotidiana, i gesuiti e la nobiltà.
Qualche spigolatura: nel dicembre 1946 il Papa invita a «tener fermo» il riferimento in Costituzione ai Patti Lateranensi; il 20 giugno 1954 cita il settimanale di Guareschi, «Candido», dove ci si riferiva allo «scomunicato» Pajetta («dirigente di un partito ateo») il quale aveva parlato per due ore, invitato dal gesuita Insolera, nella Sala Borromini della Chiesa Nuova e dice a Montini, legatissimo, come già detto, al parroco Caresana, «Non si ripeta più», mentre «L’Osservatore Romano» dello stesso giorno definisce «pericoloso» un discorso di Enrico Berlinguer a Perugia sul «come sviluppare e tradurre in azione il colloquio tra giovani comunisti e cattolici». Peraltro nell’aprile 1950 commenta la presenza di Togliatti nella Livorno rossa, dicendo: «disgraziatamente nella Settimana Santa». Nel gennaio 1952, invece, Montini riferisce al Pontefice che Umberto II di Savoia, in esilio in Portogallo, parlando con il consigliere della Nunziatura, Mozzoni, aveva detto: «Dal Papa all’ultimo dei fedeli siamo tutti socialisti… Sarebbe bene che si diradasse la paura della Russia… tra i popoli tutte le intese sono possibili», un pensiero «fondato sulle dichiarazioni del Pontefice in questi ultimi anni».
Molti i documenti che confermano il forte legame con il filosofo francese Maritain, che sarà ambasciatore di Francia presso il Vaticano, di cui si parla in una ventina di fogli, come pure, spesso, di Paul Claudel. In riferimento al cardinale Borgongini Duca, primo nunzio in Italia dal 1939 al 1953 (i cui rapporti sono stati pubblicati nel 2020), Pacelli, nel giugno 1954, osserva: «fece molto poco», attenuando però il giudizio in una lettera a lui diretta.
Per concludere un episodio divertente. Nell’aprile del 1953 Pio XII dice a Montini di rispondere all’ambasciatore di Francia, che aveva insistito per un’udienza alla famosa, bellissima ballerina creola Joséphine Baker, che «purtroppo» non la può ricevere. La Baker, cantante e danzatrice, era stata anche agente segreto del controspionaggio francese e poi della «France libre», tanto che de Gaulle la decorò con la Legion d’Onore e che sarà, alla morte a Parigi, sepolta nel Panthéon con le glorie nazionali. Il più che affidabile curatore, Sergio Pagano, ipotizza, però, che sarebbe stata, invece, ricevuta, ma che non se ne sarebbe data, come di consueto, la notizia. Sicuramente non si dovette presentare, nei solenni appartamenti pontifici, con il famoso gonnellino di banane del 1927.