il Giornale, 28 ottobre 2022
Scholz vende alla Cina anche i microchip
Berlino È ancora la Cina ad animare il dibattito politico in Germania. Solo pochi giorni fa il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha individuato una soluzione di compromesso tra chi, il suo partito, è favorevole all’ingresso di investitori cinesi nel porto di Amburgo e chi, gli alleati Verdi e Liberali, guarda con timore a un gigante asiatico che «sgomita» verso Occidente.
Dai dock della città anseatica ambiti dalla Repubblica popolare cinese l’attenzione passa adesso a Dortmund. Qua la Cina starebbe per rilevare Elmos, una fabbrica di microchip. L’acquisizione non sarebbe conclusa direttamente da Pechino ma dalla Silex, un’azienda svedese dal gruppo cinese Sai Microelectronics. I microchip sono un campo sensibile e l’offerta della Sai Microelectronics ha attirato l’attenzione dei media. Secondo il settimanale economico Handelsblatt la Elmos non sarebbe un’azienda strategica bensì un impianto «di seconda classe»: il suo passaggio nelle mani cinesi non dovrebbe quindi rappresentare un problema, ragione per cui, scrive ancora la testata, il governo si disporrebbe a dare luce verde al passaggio di proprietà già dalla prossima settimana. Neppure il ministro dell’Economia, il verde Robert Habeck, avrebbe nulla in contrario a dispetto della pochissima simpatia che gli ecologisti tedeschi nutrono per come la Cina calpesta i diritti umani di oppositori e minoranze.
Questa volta a mettere il bastone fra le ruote a Scholz non sono stati i riottosi alleati di governo ma l’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV), ossia i servizi di intelligence. Il BfV ha messo in guardia contro la vendita, affermando che, seppure nel caso di Elmos il passaggio di know-how non sarebbe particolarmente rilevante, il semplice controllo cinese di capacità produttive sensibili è sufficiente per consentire alla Repubblica popolare di esercitare pressioni sulla Germania. Parlando con l’agenzia Afp a condizioni di anonimato, funzionari governativi hanno spiegato che il rapporto del BfV ha messo la pulce nell’orecchio all’esecutivo: «È in corso una procedura di revisione degli investimenti», ha detto un funzionario. «Le verifiche sono iniziate, continuano e non sono ancora terminate», è stato riferito.
Il secondo investimento cinese in Germania che in pochi giorni arriva all’attenzione del governo rischia di rendere più difficile il prossimo viaggio di Scholz. Proprio la prossima settimana il cancelliere si recherà in Cina alla testa di una delegazione di investitori tedeschi: una missione tanto più delicata perché è la prima di un leader occidentale nel Celeste impero dall’esplosione del coronavirus. Allo stesso tempo si tratterebbe del primo impegno con l’Occidente per Xi Jinping, il leader maximo cinese a cui il congresso del Partito comunista ha concesso un terzo mandato alla guida del Paese. Il rapporto Pechino-Berlino è strategico per le due economie: durante i sedici anni del suo governo l’ex cancelliera Angela Merkel ha visitato la Cina dodici volte.