la Repubblica, 28 ottobre 2022
Tutti contro Speranza
Ha sacrificato tutto: sonno, sogni, il nero dei capelli. «Non dormivamo mai, sempre in allerta – confidò un giorno – giorno e notte». Si è prosciugato inseguendo il Covid. E adesso gli mettono addosso un bersaglio e iniziano a mirare, anche se lui ha deciso di non replicare e di non parlare ufficialmente. Non per rimproverargli errori, o sprechi, o ritardi, ma per sostenere che ha negato la scienza, sigillato inutilmente l’Italia, attentato alle libertà. Per inchiodare quella stagione a una commissione speciale, che la destra così sensibile ai No Vax vuole, pretende, impone. «Io ho sempre deciso ascoltando la scienza – ripete sempre, e continuerà sempre a ripetere Speranza – Andiamo a testa alta per tutto quello che abbiamo fatto».
Dei ministri europei della Salute, soltanto due hanno resistito durante il tornado che ha travolto milioni di vite e segnato il mondo: Roberto Speranza e il ministro maltese. La Francia, nello stesso periodo, ne ha bruciati quattro, la Gran Bretagna tre, Germania e Spagna si sono fermate a due. E adesso che la barca sembra spuntare dalle onde, ringhia la rivincita delle destre. Sono gli stessi che non volevano il lockdown, poi sì, adesso invece mai più: «E invece – rivendica ogni volta che va in tv l’ormai ex ministro – mezza Europa ha seguito le nostre strategie». Sono gli stessi che invocavano i vaccini e poi ne contestavano l’obbligo per accedere al lavoro. Che si indignavano con più di qualche ragione per ritardi gravi – «dove sono le mascherine?» – e poi hanno deciso di trattarle come fossero museruole, dunque da cancellare anche negli ospedali e nelle Rsa, dove però continuano a salvare ancora oggi l’esistenza dei fragilissimi. «Abbiamo combattuto giorno e notte cercando di salvare vite – è sempre stato questo il ragionamento di Speranza, anche in campagna elettorale, certo non cambia oggi – mentre una certa destra sobillava le piazze dei No Vax contro il GreenPass».
Parlando per la prima volta in Aula alla Camera, Giorgia Meloni ha citato tutto e tutti. Anche Steve Jobs, anche il fascismo (un argomento che certo non ama, o meglio: di cui non ama parlare). Ma dei vaccini proprio no, nessun accenno, neanche mezza sillaba. Non basta il fatto che quei composti abbiano riportato alla vita una società congelata, smorzato la paura: neanche l’ombra di quel miracoloscientifico. «Ma la storia non si può riscrivere – ha detto Speranza ai compagni della Camera che l’hanno abbracciato negli ultimi giorni – e certo noi quella storia vogliamo difenderla».
Ascoltare la scienza è sempre stata la chiave di scelte difficili, difficilissime, a volte impossibili. Ma comunque da difendere perché vale il metodo, quando il resto è un salto nel buio: chi mai aveva dovuto affrontare in epoca contemporanea una pandemia mondiale tanto capillare, veloce, sconosciuta? E chi era stato costretto a sigillare piccoli Comuni, poi metropoli, Regioni, infine Paesi e continenti? Anche il Cts, il contestato Comitato tecnico scientifico, è allora un pezzo di quella storia che Speranza certo non rinnega, anzi «a testa alta» rivendica.
Non intende comunque parlare. Entrare in polemica. Non subito, comunque. Non può alimentare una contrapposizione che ritiene perversa: ha senso opporre la scienza a posizioni antiscientifiche, legittimandole? Semmai vuole lavorare da deputato, guidare Articolo Uno, fare politica dopo due anni e mezzo sott’acqua.
A dire il vero, non ha neanche voglia di rivedere la serie tv “This England”, quella di Boris Johnson e dei suoi disastri nella prima fase del Covid. Parla anche dell’Italia, di come divenne il metro dell’epidemia, di come consigliò prudenza per non sacrificare troppe vite. «Adesso voglio solo una birra con un amico e una partita della Roma con mio figlio».