Corriere della Sera, 27 ottobre 2022
Parla la vedova di Lillio Ruspoli
La vita accanto a lui era come una «festa della vita, ancorata a valori profondi». Maria Pia Giancaro Ruspoli è la vedova del principe Sforza Marescotto Ruspoli, per molti «Lillio» (ma negli ultimi anni lui non amava questo vezzeggiativo giovanile), decano dell’aristocrazia romana, scomparso martedì nella Capitale. Ruspoli aveva 95 anni e apparteneva a una delle più antiche famiglie romane vicine storicamente al papato, con radici che arrivano al 799. Legatissimo alla Chiesa cattolica, era stato a lungo ambasciatore dell’Ordine di Malta.
Provi a dare una definizione di suo marito, che ha avuto una vita lunga e articolata…
«Una persona lineare, corretta, onesta. Riassumeva un insieme di valori che oggi non esistono più. Si dice spesso di qualcuno che era un uomo di altri tempi, ma lui era davvero così. Una persona bellissima».
Nel 1983 lei era una nota attrice, giovane e bella, «Lillio» aveva 56 anni e un già lungo matrimonio alle spalle. Cosa la attirò in lui?
«La personalità prorompente. Stargli accanto era come partecipare a una festa continua. Non a un party, ma a una festa della vita, ancorata a quei valori profondi di cui parlavo. Si è sempre prodigato per gli altri. A partire dalla famiglia»
Lei ha radici molto diverse. Il suo vero cognome è Giamporcaro: origini siciliane, un padre ferroviere. Un universo lontano anni luce da palazzo Ruspoli.
«Lui non ha mai visto le mie origini sociali come un ostacolo. Anzi, questa enorme differenza quasi lo inebriava. Mio padre era un casellante ferroviario e mio marito era felice di avere accanto una persona semplice come me. Per lui era quasi un vanto. Lo chiamavano il principe dei contadini, conosceva le sofferenze e i dolori altrui. Era una persona umile. I miei genitori erano letteralmente innamorati di lui».
Lei è cambiata, dopo questo matrimonio non metaforicamente principesco?
«Sono nata come una persona del popolo e desidero rimanere così dentro di me. Non mi piacciono gli orpelli, non sono sofisticata. Certo, il matrimonio ha oggettivamente cambiato il mio status sociale ma non mi ha modificato come persona»
Il suo passato da attrice?
Un grande amore
Abbiamo avuto momenti complicati, ma oggi posso dire che il nostro
è stato un grande amore
«Non ne abbiamo mai parlato. Ha sempre avuto rispetto ma credo fosse orgoglioso anche di quello. In quanto a me, non ho mai rinnegato nulla. È stata la prima parte della mia vita e la vita non si rinnega mai…».
Lei parlava di conoscenza del dolore altrui. A cosa si riferisce?
«Quando era consigliere comunale, riuscì a realizzare il Centro Caritas sulla Casilina. Collaborò a lungo con monsignor Lugi Di Liegro che veniva spesso a casa nostra, qui a palazzo Ruspoli. Una persona eccezionale, ho letto che potrebbero in futuro farlo Santo. Mio marito lo raggiungeva alle 6 del mattino tra i poveri al Centro Astalli, solo per parlare con lui, prendere un caffè, progettare iniziative…»
Come viveva suo marito la propria nascita, la condizione aristocratica?
«Non come un privilegio ma come una responsabilità. Quella di portare avanti un nome carico di storia. Diciamo che il suo era un servizio alla famiglia e a ciò che ha rappresentato per secoli».
Avete avuto insieme Giacinta. Che padre è stato?
«Non è retorica: un ottimo padre. Come è stato un ottimo marito. Era un uomo raro».
Possiamo dire che il vostro è stato un grande amore?
«Tutte le coppie che durano nel tempo non sono mai esenti da nulla. Abbiamo avuto i nostri momenti complicati. Ma ciò che ci ha unito in tutti questi anni è stato di gran lunga più importante e soprattutto più forte di tutto quanto il resto. Per cui sì, direi proprio di sì, posso dire oggi che il nostro è stato un grande amore».