La Stampa, 27 ottobre 2022
Pippo Baudo fa gli auguri a Benigni
Caro Roberto,
70 anni di già. Mi sembrano tanti e invece sono pochi (almeno rispetto ai miei, di anni). I nostri sono stati anni belli, passati divertendoci. Abbiamo avuto la fortuna di un mestiere che ci ha resi felici di fare cose che divertivano noi prima ancora del pubblico. E tu nel fare divertire la gente sei maestro. Sei un improvvisatore nato, un comico nato. Non solo per quello che dici e per come lo dici: anche fisicamente. Come esci sul palco susciti la risata: il linguaggio, il volto, il fisico, le movenze. L’italiano che sei. Bastava la tua apparizione e scoppiava la risata: ho potuto sperimentarlo più volte direttamente. Come dimenticare le nostre performance a Fantastico? Nessuno credeva che non avessimo preparato alcunché. E invece. Ricordo prima dello spettacolo, in camerino: io volevo sapere, avere una traccia. «Esco e facciamo qualcosa», hai detto. «Ma un canovaccio, due righe scritte, no?». Impossibile. La cosa più bella forse è stato quando ci siamo scambiati i pantaloni in scena. Mai sarei voluto restare in mutande davanti al pubblico. Tu ci sei riuscito. Ma il vero effetto comico penso sia stato quando ce li siamo scambiati, quei pantaloni: tu nei miei e io (a fatica) nei tuoi. Il pubblico era impazzito. O quando ti sei avventato su di me (sul cavallo dei miei pantaloni) tentando di prendermi in braccio. Non ti rendevi conto che un po’ male mi facevi (e io dovevo continuare a sorridere) e di quanto io pesassi e fossi alto. Mi sono vendicato: anch’io ti ho preso in braccio una volta.
Ma non sei solo un grande intrattenitore: sei anche un grande attore, e regista, e produttore. Che gran cosa La vita è bella: che idea interpretativa, che musica. Una canzone bellissima. Perché anche questo sei, un poeta. E il produttore? Anche quello sei stato, e coraggioso: perché ci voleva coraggio a creare dal nulla a Papigno gli studi dove girare Pinocchio (ricordo l’orgoglio con cui mi hai fatto visitare il ventre della Balena), che notoriamente è un soggetto difficile e non ha portato mai una gran fortuna a chi lo ha realizzato. Tu anche qui ci sei riuscito: il tuo Pinocchio ha girato il mondo. D’altronde: sei Roberto Benigni. Basta.
La nostra è stata un’amicizia molto pubblica, tutta davanti alle telecamere. Però di te, del te privato, qualcosa conservo. Forse una delle prime volte che ci siamo incontrati: era a casa tua, la casa che già allora condividevi con Nicoletta. E ho scoperto un Roberto diverso, quasi timido e un po’ impacciato: innamoratissimo. Ricordo un’altra volta, che eravamo al Piccolo Eliseo seduti uno di fianco all’altro. E lei era in scena, interprete di Tradimenti di Pinter. Tu hai cominciato a dire convinto e a voce sempre più alta «Ma guarda come è brava, come è bella». Ero un po’ in imbarazzo. «Roberto controllati, è tua moglie». Inutile: volevi comunicarlo ufficialmente e farne partecipi tutti di quanto le fossi grato di essere tua moglie e quanto la apprezzassi, e la amassi. Sinceramente penso di non avere mai visto uno innamorato come te.
È il bello tuo, che sei spontaneo. Sempre: un vero figlio della commedia dell’arte. E come le maschere della commedia dell’arte improvvisi e vai a braccio. Anche se poi penso che tu, in testa, abbia ben chiaro cosa vuoi fare: però non ti va di farlo sapere. Ti piace stupire. Ricordo quando agli Oscar hai rotto ogni protocollo e regola, saltando sulle poltroncine e sulla testa di tutti per precipitarti sul palco ad abbracciare Sofia Loren che intanto gridava il tuo nome. Il rito immutabile è stato rotto in un attimo per una tua irrefrenabile invenzione del momento.
Caro Roberto, tanti auguri e tanti tanti tanti anni ancora di vita a te e di risate per noi.
Il tuo Pippo
(testo raccolto da Adriana Marmiroli)