Lettera di Pierluigi Panza a Dagospia, 27 ottobre 2022
CASO ISOTTA - PIERLUIGI PANZA: “LISSNER NON LO CACCIÒ CON UNA “FATWA INFAME IN SEGUITO A UNA SUA CRITICA SEVERA”, COME SCRIVE VENEZIANI: I COMPORTAMENTI DI ISOTTA ALLA SCALA ERANO DIVENTATI INSOPPORTABILI. PAOLO ISOTTA, È VERO, FU CONTRASTATO DAGLI ABBADIANI DI SINISTRA MAGGIORITARI NELLA CULTURA MUSICALE E ANCHE GIORNALISTICA DEI SUOI TEMPI, MA NON VISSE DA PERSEGUITATO, ANZI! PER VENT’ANNI CELEBRÒ LE GESTA DI RICCARDO MUTI INDISCRIMINATAMENTE; QUANDO IL MAESTRO ANDÒ A ROMA QUALCOSA TRA LORO SI RUPPE E, DIREI CON ANALOGA INSINCERITÀ, NEI SUCCESSIVI ANNI DISSE TUTTO IL MALE DI LUI E PERSINO DEI SUOI FAMILIARI…” -
Ho conosciuto o conosco l’ex collega Paolo Isotta, il sovrintendente Stéphane Lissner e Marcello Veneziani: sono tutte persone stimabili.
Però, visto che quella “bellissima nave” che è il nostro Paese è ora governata dai partiti dei Conservatori e dalla Lega, le due forze politiche che più basano le loro radici su una matrice culturale (la Tradizione e le Identità) e non economica (come il Marxismo o il Liberalismo), credo sia un approccio sbagliato partire dalla ricerca di “santini” perseguitati. Ci sono metodi e forze più utili per una riforma dei settant’anni di egemonia culturale della Sinistra.
Paolo Isotta, è vero, fu contrastato dagli abbadiani di sinistra maggioritari nella cultura musicale e anche giornalistica dei suoi tempi, ma non visse da perseguitato, anzi!
Per vent’anni celebrò le gesta del conterraneo Riccardo Muti indiscriminatamente e non so con quanta lealtà critica; quando il maestro andò a Roma qualcosa tra loro si ruppe e, direi con analoga insincerità, nei successivi anni disse tutto il male di lui e persino dei suoi familiari.
Poiché Muti è generalmente ritenuto un tradizionalista si capisce che non sempre la politica spiega tutto. Isotta non prese mai in considerazione luoghi dove l’opera lirica si stava riformando, privilegiando festival per ragioni amicali: e tutto questo gli fu detto in vita.
La sua scrittura era raffinata, elegante ed esito di vasta cultura, ma le sue invettive non mettevano i direttori dei giornali al riparo da possibili querele e dunque questi, e i colleghi, avevano diritto a chiedergli di intervenire sui pezzi senza essere disprezzati. Lissner non lo cacciò con una “fatwa infame in seguito a una sua critica severa”: i comportamenti di Isotta alla Scala erano diventati insopportabili.
Si è scritto molto su uno schiaffo a un collega, si ricorda l’invettiva a voce alta contro la prima donna che diresse alla Scala, i fastidi che recava ai vicini, le pretese per presenziare a teatro... Non devo difendere Lissner (che con me non fu amichevole e lasciò la Scala malamente): questi sono i fatti.
Isotta – che è sproporzionato paragonare a Mario Praz – fu allontanato per i comportamenti e perché cercò il “gesto” conflittuale. Non fu il sovrintendente di sinistra che cacciò il critico perché di destra, troppo facile! Venne poi difeso, da alcuni con consueta doppiezza.
Bene fa Napoli a ricordare questo suo importante figlio, bene Veneziani a raccontarlo, bene Lissner a partecipare, non credo che la Scala gli debba qualcosa, semmai la storia della critica musicale potrebbe riservargli un posto in saggi e manuali mentre oggi, anche nei discorsi fuori dai teatri, Isotta viene ricordato ridendo come uno di cui non si può “nemmeno pronunciare il nome”. Quando era potente, però…
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