La Stampa, 25 ottobre 2022
Polemiche sul ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara
Prima ancora di parlare di scuola e di quello che intende realizzare Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito da due giorni, deve vedersela con la storia. Sui social si sono scatenate critiche quando sono stati passati al setaccio alcuni dei tanti libri che ha scritto. Nel mirino le sue posizioni sul ruolo dei barbari nella distruzione dell’impero romano e sull’attualità della politica di accoglienza adottata quasi duemila anni fa nei confronti degli stranieri meritevoli e dell’esclusione degli indegni.
Il volto più noto di Valditara è quello politico. Ha militato in Alleanza Nazionale, poi nel Popolo della Libertà e infine nella Lega. Ogni volta che la destra è stata al governo a lui è stato affidato il compito di dare il suo contributo nel settore dell’istruzione. Nel 2010 ha collaborato alla stesura della riforma del sistema universitario decisa dal governo di Silvio Berlusconi e da Mariastella Gelmini, la ministra del tempo. Dal 2018 al 2019, è stato capo dipartimento Formazione superiore e ricerca quando il ministero era guidato da Marco Bussetti scelto dalla Lega.
Il volto meno noto di Valditara è quello del padre partigiano, Luigi, e della carriera di professore ordinario di Diritto privato e pubblico romano all’Università degli Studi di Torino. Una ventina di pubblicazioni, i premi, decenni di studi sulla storia romana. Nel 2015 pubblica un libro dal titolo "L’immigrazione nell’antica Roma: una questione attuale" (Rubbettino). Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, lo legge, lo trova attualissimo, e gli propone di pubblicarne una versione ridotta da vendere insieme con il quotidiano. Il contenuto resta più o meno lo stesso, il titolo diventa "L’impero romano distrutto dagli immigrati" per scelta dell’editore. Un titolo su cui si scatenano le prime polemiche dopo la nomina a ministro dell’Istruzione e del Merito. «Una polemica strumentale e di basso livello – risponde lui – di chi si limita a leggere i titoli senza approfondire i contenuti. Se uno studente si comportasse così lo boccerei».
Il libro ha 48 pagine suddivise in 14 capitoli. La tesi viene espressa fin dall’inizio ed è quella che lo stesso ministro conferma: «La grandezza di Roma deriva dal fatto di aver saputo assimilare e integrare gli immigrati rispetto a tutte le popolazioni del mondo antico». La politica dei romani nei confronti degli stranieri – prosegue Valditara nel libro – si ispira a «pragmatismo e concretezza. La novità venuta da fuori deve servire a migliorare. Altrimenti è persino dannosa o quantomeno inutile». Si tratta di un’inclusione «a certe condizioni quelle dell’interesse di Roma», ricorda Valditara nella pubblicazione.
E quelle condizioni permettono a Roma di diventare grande attraverso «l’incontro e la contaminazione dei diversi con il costante sforzo di migliorare la società romana accogliendo i meritevoli ed escludendo chi non se lo merita». Questo, conclude Valditara, è «un ammonimento per noi e per la nostra civiltà». Una frase che viene duramente contestata su Twitter da Christian Raimo, scrittore, traduttore, ex assessore alla Cultura del Municipio III di Roma: «Forse Giuseppe Valditara non è adatto a fare il ministro dell’Istruzione e del merito».
Se all’inizio, l’inclusione degli stranieri nell’impero romano funziona, da un certo momento in poi si crea un problema di «sovraffollamento» e i «rischi di sovvertimento pubblico e sociale». Scrive Valditara a pagina 36: «si accentuano i provvedimenti di espulsione».
Da questo momento in poi la lettura diventa di stretta attualità. Il capitolo 14 inizia con una frase netta: «La deposizione di Romolo Augustolo pose fine all’impero romano d’Occidente. La migrazione dei barbari ebbe un ruolo decisivo». Poche pagine dopo, Valditara cita la profezia pronunciata da Aurelio Vittore, senatore e storico, nel IV secolo d. C. : «La pessima politica degli imperatori del secolo precedente, avendo lasciato entro i confini dell’impero promiscuamente chiunque, vale a dire "i buoni e i cattivi, i nobili e gli ignobili e molti barbari", fece precipitare le condizioni di Roma, favorendo la decadenza e creando le premesse perché i barbari governassero sui Romani».
Il libro si conclude a questo punto con una riflessione di Valditara: «Era forse anche un preveggente e polemico giudizio verso quella politica conciliante che pochi anni avanti aveva legittimato la prima, autonoma, enclave barbara entro i confini dell’impero».
La pubblicazione si ferma qui, le polemiche invece vanno avanti. Il ministro dell’Istruzione risponde ricordando che «questi fatti sono una verità storica» e che l’errore di alcuni imperatori è stato «nella gestione dei barbari, talvolta illudendoli e dall’altra non disarmandoli e non sapendoli integrare». Infine, avverte, nel libro non parlo di immigrati ma di «barbari, di stranieri» e sulla storia romana «non accetto lezioni da nessuno».