Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  ottobre 25 Martedì calendario

Il tabù dell’atomica secondo Moravia

C’è stato un tempo in cui gli scrittori si interrogavano sull’atomica. Per esempio, Alberto Moravia, che in un volume del 1986, L’inverno nucleare, raccolse i suoi interventi e le sue interviste sulla bomba. Ora quel libro viene riproposto da Bompiani con nuovi testi, a cura di Alessandra Grandelis, e il momento dell’uscita è particolarmente opportuno. «Sono uno scrittore – disse Moravia – e mi è sembrato naturale servirmi della scrittura per combattere una guerra di liberazione dalla guerra». In questo, Moravia somiglia molto a Elsa Morante, che in una famosa conferenza che tenne a Torino nel 1965 si interrogò sul rapporto tra scrittori e realtà puntando proprio sul tema dell’atomica. Senza voler fare una predica contro la bomba, si limitò a dichiarare che «l’arte è il contrario della disintegrazione», poiché la sola ragione di esistenza dell’arte è impedire la distruzione e la scomparsa della coscienza umana. Parlando dell’atomica, a Elsa Morante stava a cuore definire la funzione dello scrittore rispetto ai numerosi scriventi, «i cui uffici – aggiunge con radicalità per noi impensabile – si possono considerare delle minime succursali degli stabilimenti nucleari veri e propri». Tornando a Moravia, il suo libro contiene 23 domande di Renzo Paris: quel che colpisce è che Moravia considera il problema nucleare una questione di carattere metafisico perché comporta l’idea di convivenza con il suicidio dell’umanità. Per questo definisce «strumentale» ogni risvolto politico-diplomatico, di cui probabilmente non nega l’utilità a cose fatte (cioè a tragedie in corso come quella ucraina). Ma siccome «dipende dagli uomini se suicidarsi oppure durare», «l’umanità deve avere il coraggio di “pensare” l’arma nucleare». Pensarla perché? «Pensarla e viverla e alla fine sopprimerla dentro di sé», risponde Moravia. Al termine di un incontro del 1983 con Ernst Jünger, Moravia si chiedeva perché mai l’umanità, che ha saputo creare il tabù dell’incesto, «non potrebbe domani creare quello dell’omicidio organizzato e collettivo». È passato da allora qualche decennio in cui sul suicidio atomico è caduto un silenzio che (distrattamente) pensavamo definitivo. Oggi sappiamo che non era e non è un tabù. La bomba, diceva Moravia, è capace di rinascere come la coda della lucertola.