il Giornale, 25 ottobre 2022
Romito batte Bottura
Massimo Bottura scansati. Per il secondo anno consecutivo il migliore chef secondo la guida Ristoranti d’Italia 2023 del Gambero Rosso presentata ieri a Roma, la più importante made in Italy – poi c’è la Michelin sempre un po’ troppo francese nei suoi giudizi, e comunque sarà svelata l’8 novembre – è Niko Romito da Castel di Sangro, nel cuore dell’Abruzzo appenninico, remoto ma non al punto da scoraggiare i gourmet disposti a scavalcare le montagne per provare la sua cucina di terra e di pensiero, per me personalmente inarrivabile da anni nel nostro Paese (alla pari posso mettere soltanto Enrico Crippa del Duomo di Alba, che il Gambero Rosso piazza al quarto posto). Il cuoco e narratore (già) modenese è al secondo posto con un 95 centesimi (Romito ne vanta 96) alla pari con il bavarese de Roma Heinz Beck, issato sulla Pergola dell’hotel Rome Cavalieri sulla collina di Monte Mario, che già la vista riempie la panza.
Quarto quindi, con 94 punti, il già citato Crippa con la sua rigorosa cucina di orto. Al suo stesso gradino Massimiliano Alajmo delle Calandre a Rubano, alle porte di Padova. E lo chef più osannato degli ultimi anni, quel Mauro Uliassi che, con il ristorante omonimo, ha portato Senigallia alle vette gastronomiche. Concludono la top ten «allargata», occupando con 93 centesimi ex aequo i posti dal settimo al quindicesimo posto Carlo Cracco di Cracco a Milano, Ernesto Iaccarino di Don Alfonso 1890 a Massa Lubrense (Salerno), Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore ancora a Senigallia, Anthony Genovese del Pagliaccio di Roma, Riccardo Monco dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, Fabrizio Mellino di Quattro Passi a Massa Lubrense (Napoli), Norbert Niederkofler del St. Hubertus dell’Hotel Rosa Alpina a Badia, in Alto Adige, Antonino Cannavacciuolo di Villa Crespi a Orta San Giulio sul lago d’Orta (Novara) e i fratelli Cerea di V ittorio a Brusaporto.
Le tre forchette (ovvero i ristoranti che hanno ottenuto da 90 punti in su) sono 44, con la Lombardia in testa con 9 (quattro sono a Milano: oltre a Cracco, Seta by Antonio Guida, Berton e Enrico Bartolini al Mudec) seguita dal Lazio (sei sono a Roma). Poi Campania con 5, Toscana e Veneto con 4. Molti i premi speciali, impossibile citarli tutti: ci piace però indicare i tre mappamondi, ovvero i migliori ristoranti etnici, tra i quali domina Milano che si aggiudica tre dei sei premi con Gong, Iyo e Wicky’s (gli altri sono Dao a Roma, Moi Omakase a Prato e Il Vizio di Perugia). Ci piacerebbe anche elencare i tre gamberi, ovvero le migliori trattorie, format che sta vivendo una seconda giovinezza (e purtroppo anche un notevole aumento del conto): sono però 35, troppi. Dentro però ci sono alcune mie passioni: Burde a Firenze, Trippa e l’Osteria del Treno a Milano, L’Arcangelo Vino e Cucina di Roma, Consorzio a Torino e Antichi sapori ad Andria.
Il futuro «è degli chef imprenditori», come dice la direttrice editoriale del Gambero Laura Mantovano, che cita ad esempio Andrea Aprea a Milano, Luigi Taglienti a Piacenza, Vito Mollica peraltro premiato come «la novità dell’anno» per il Chic Nonna a Firenze. E anche gli stessi Romito e Bottura sono imprenditori di loro stessi. Ma vi prego: restate soprttutto chef.