il Fatto Quotidiano, 25 ottobre 2022
Quanto ci manca Isotta
Pubblichiamo uno stralcio della “testimonianza” di Marco Travaglio nella raccolta “Paolo Isotta. Vita, estro e miracoli” (Controcorrente). Domani, al San Carlo di Napoli, ci sarà una serata omaggio per il critico.
Siccome lo leggevo già da ragazzo sul Giornale di Montanelli, quando mi chiamò nella tarda estate del 2015 pensavo che Paolo Isotta fosse un uomo vecchissimo. Invece, quando finalmente lo incontrai in ottobre, scoprii un minuscolo e rubicondo signore elegantissimo che portava egregiamente i suoi 65 anni. Aveva avuto il mio numero da Vittorio Feltri, che aveva saputo della sua rottura (la seconda) burrascosa col Corriere della sera di Luciano Fontana e voleva assolutamente portarlo al Giornale. Ma “Paolino”, come voleva essere chiamato, uomo di destra un po’ nostalgica e un po’ borbonica, dunque antiberlusconiano doc e soprattutto libero dalla testa ai piedi, non ne aveva voluto sapere e gli aveva chiesto un contatto con me. Mi disse: “Il Corriere mi ha licenziato dopo 35 anni di onorato servizio”. Mi fece leggere il suo carteggio col direttore (si fa per dire: lui scriveva e l’altro non rispondeva). E mi disse perentorio: “Il mio giornale è il Fatto quotidiano. Lo pensi anche tu?”. Dissi subito di sì, onorato di poter schierare un’altra grande firma grazie all’insipienza dei giornaloni. Ma gli feci notare che avevamo poche pagine e poco spazio per la critica musicale. Mi rispose: “Ma io da critico musicale mi sono dimesso. Voglio scrivere un po’ di tutto: di cultura, politica, costume e cazzate. Soprattutto cazzate”. Affare fatto.
Quando gli inviai la proposta di contratto di collaborazione, ricevetti la sua prima email da uno strano indirizzo: ginomarinuzzi@gmail.com. Gino Marinuzzi, scoprii, era un compositore e direttore d’orchestra palermitano nato a fine Ottocento, che Paolino riteneva fra i migliori in assoluto. Pochi giorni dopo arrivò il suo primo articolo. Risposi che sarebbe uscito l’indomani con l’annuncio in prima pagina dell’inizio della sua collaborazione al Fatto. “Che bello! Sono commosso come una debuttante al suo primo ballo!”, fu il suo commento.
Dovendo ricordare Paolino, sono andato a rileggermi le nostre email (comunicavamo così, detestando i social e le messaggerie telefoniche) e penso che sarebbe un peccato lasciarle confinate nella mia casella di posta elettronica. Almeno quelle pubblicabili. Perché erano un sfavillìo di genialità, humour napoletano, cultura, prosa elegante e perfidia. In quei messaggi fulminanti di poche righe c’è tutto Isotta, colto e fumantino, pignolo e sorprendente.