il Fatto Quotidiano, 25 ottobre 2022
Il ritorno di McCarthy
Il 2022 è l’anno di Cormac McCarthy: così almeno recita, imperioso, l’hashtag (#YearofCormac) lanciato dall’editore Alfred A. Knopf sulla pagina Facebook dello scrittore americano. Oggi, infatti, esce sul mercato anglofono – dopo sedici anni di silenzio (l’ultimo suo romanzo, La strada, è del 2006; Pulitzer l’anno successivo) – The Passenger, prima parte di un dittico che si chiuderà il 22 novembre con Stella Maris, mentre dal 6 dicembre sarà possibile acquistare un cofanetto da 56 dollari che comprende entrambe le opere, che in Italia Einaudi manderà alle stampe, con la traduzione di Maurizia Balmelli, nei primi mesi del 2023.
Anticipato da una recensione sul New York Times, che lo giudica spocchiosamente “lontano dai migliori lavori” di McCarthy, The Passenger ha per protagonisti i fratelli Bobby e Alicia Western (lei sarà la voce principale di Stella Maris), innamorati ossessivamente l’uno dell’altro e vittime di un padre, fisico nucleare, che ha contribuito anche allo sviluppo della bomba atomica… Intanto, la Penn State University Press ha appena licenziato una pubblicazione- chicca: The Cormac McCarthy Journal, in cui Dianne C. Luce, una delle massime esperte del romanziere di Providence, e Zachary Turpin, ricercatore d’archivio, presentano le giovanili Interviews in Tennessee and Kentucky, 1968-1980 dell’autore oggi 89enne. Si tratta di un ritrovamento preziosissimo, destinato a sfatare tabù e pregiudizi sull’intellettuale reticente, scorbutico e isolato nella sua torre d’avorio. Qui infatti siamo di fronte a un McCarthy inedito, “dall’aspetto fanciullesco”, ciarliero, pronto a raccontare “l’approccio alla scrittura, le sue influenze letterarie (Dostoevskij, Tolstoj e Melville), e persino la casa che lui e la sua prima moglie, Anne De Lisle, hanno ricostruito a mano da un vecchio fienile”, commenta Elizabeth A. Harris sempre sul New York Times.
Come si mostrava l’autore di Meridiano di sangue agli occhi dei suoi (fortunati) intervistatori? “È estremamente gradevole, quasi seducente”, osserva Mary Buckner sul Lexington Herald-Leader nel 1975. “Ha la capacità di raccontare una bella storia con umorismo e non dà mai per scontato lo status di ‘intoccabile’ che alcuni autori sembrano avere. Proprio come molti di noi, McCarthy dichiara che più di tutto gli piace stare a letto. ‘A volte prendo i miei libri e la macchina da scrivere e rimango lì un giorno intero, o anche un paio di giorni’. E aggiunge: ‘Non leggo libri brutti. Non riesco fisicamente a muovere gli occhi sulla pagina’”. All’epoca aveva già edito Il guardiano del frutteto, Il buio fuori e Figlio di Dio, romanzi lodati dalla critica, ma non molto conosciuti da una più larga platea di lettori.
Nel 1973 a Martha Byrd, redattrice di Kingsport Times-News, McCarthy rivelò: “Scrivere è una pulsione, non un processo consapevole. Le mie mani pensano. Non riesco a spiegare come si crei una storia. È simile al jazz: lo si esegue suonando, e forse solo chi lo fa può capirlo”. L’inconscio che precede il pensiero razionale è il tema dell’unico saggio di Cormac, The Kekulé Problem. Where did language come from?, uscito sulla rivista Nautilus nel 2017. Sempre negli anni Settanta il Maryville-Alcoa Times pubblica un articolo dal titolo Uno dei giovani scrittori più famosi della nazione. Per ciò che concerne la sua riservatezza, McCarthy afferma con decisione: “Il mio ideale sarebbe vivere in maniera completamente indipendente. Se potessi, costruirei un piccolo mulino capace di generare elettricità. Ma bisogna scendere a compromessi. Da un lato c’è un lavoro dalle nove del mattino alle cinque del pomeriggio che non ti piace e un’esistenza totalmente artificiale. D’altro c’è l’eremitismo…”. Nel pezzo si faceva cenno al disinteresse per i soldi e alla ricerca della felicità: “Penso che potrei scrivere un libro di successo commerciale in circa trenta giorni. Nei dieci anni della mia attività letteraria avrei potuto confezionare centoventi libri e sicuramente uno di questi sarebbe stato un best-seller. Tuttavia, non sono interessato né ai romanzi rosa né al denaro. Sono sempre stato inorridito dal modo in cui le persone conducono la loro vita. Sono fondamentalmente un tipo egoista e voglio godermi la mia, di vita. Mi diverto in ogni circostanza”.
Sappiamo che oggi McCarthy trascorre le sue giornate a Santa Fe, in New Mexico. I suoi più stretti concittadini sono consapevoli di chi sia realmente l’arzillo ottantanovenne che si aggira tra i sentieri di mesquite di Tesuque Pueblo? Ecco cosa succedeva nel 1971, quando risiedeva nel Tennessee: “La sua casa era una volta un fienile – recita ancora l’articolo del Maryville-Alcoa Times –, situato nei pressi di una strada sterrata a mezzo miglio dagli ultimi segni di civiltà. Pochi sanno che qualcuno vive nel vecchio fienile. Pochissimi sono al corrente che il proprietario ha accuratamente realizzato a mano due dei romanzi più straordinari usciti nel Sud da quando William Faulkner era all’apice della sua carriera. ‘Per fortuna nessuno sa che sono qui’, ha detto. ‘Mi piace l’anonimato’”. Tuttora non ne dubitiamo, caro Cormac.