la Repubblica, 24 ottobre 2022
Come Meloni ha attraversato il deserto a destra
Giorgia Meloni è la “prima donna”, in Italia, “a capo del Governo”, nella storia della Repubblica italiana. Un evento importante e significativo, per il Paese. Parallelo e conseguente al successo elettorale del partito che guida. I Fratelli d’Italia, FdI. Anche in questo caso, una novità. Perché per la prima volta in Italia si è imposto un partito di destra. Non di centro-destra, come già era avvenuto (spesso) in passato. Quando al “centro della destra” c’era Silvio Berlusconi. Ora però siamo “oltre Berlusconi”. Si tratta di una svolta difficile da prevedere, in passato. Anche pochi anni addietro.
Infatti, i FdI alle precedenti elezioni politiche, nel 2018, avevano ottenuto il 4,4%. Oltre 20 punti in meno, rispetto alla consultazione recente. Per ricostruire la provenienza degli attuali consensi, è sufficiente osservare la parabola degli altri partiti di centro-destra. Alle precedenti elezioni politiche, infatti, la Lega aveva superato il 17% (e alle europee del 2019 il 34%). Lo scorso 25 settembre, però, è scesa sotto al 9%, mentre Forza Italia, che nel 2018 aveva ottenuto il 14%, si è fermata (quasi) all’8%. I FdI hanno, quindi, canalizzato una parte rilevante dei voti persi dagli altri principali (fino a ieri) partiti dell’area. Ma non solo. Perché hanno attratto consensi anche da altre direzioni. In particolare, dal M5S. Soprattutto nel centro-nord (come emerge dalle analisi dell’Istituto Cattaneo). Nello stesso tempo è cresciuta la fiducia verso la leader. Giorgia Meloni. Salita oltre il 50%, nell’ultimo mese. Tuttavia, la sua popolarità risultava elevata anche prima, come emerge dalle indagini condotte da Demos, per l’ AtlantePolitico di Repubblica.
Lo scorso febbraio, sfiorava il 40%. Superata (largamente) solo dai predecessori. Giuseppe Conte e, soprattutto, Mario Draghi. Apprezzato da quasi i due terzi dei cittadini. Poco più rispetto a quanto rilevato nelle settimane scorse. Oggi, però, Draghi ha deciso di uscire dalla scena politica, nella quale, di conseguenza, Giorgia Meloni occupa saldamente il “centro”. Non solo per l’incarico che ricopre, ma per il sostegno espresso nei suoi riguardi dai cittadini. Un consenso che ha diverse spiegazioni, come conferma il sondaggio di Demos.
Anzitutto, politiche. Dettate dal partito votato. Il giudizio verso Giorgia Meloni, infatti, appare larghissimo a centro-destra. Pressoché totale e unanime, fra gli elettori dei FdI e della Lega. E ampiamente maggioritario nella base di Forza Italia. Risulta, peraltro, esteso anche fra chi vota per il “Terzo Polo”: Azione e Italia Viva. Mentre scende sensibilmente, com’è prevedibile, a Centro-Sinistra. Nel Pd, infatti, raccoglie la simpatia di un terzo degli elettori. Comunque,non pochi. Fino a toccare il livello minimo (20%) nel M5S.
Giorgia Meloni appare, dunque, una leader “divisiva”. Apprezzata da una parte e respinta dall’altra. In grado, per questo, di riprodurre la distanza e la frattura fra destra e sinistra. Ma, per la stessa ragione, di riunire e attrarre gli orientamenti degli elettori di centro-destra. Si propone, dunque, come una leader che “personalizza” il partito, gli dà un volto e un’identità. Senza, però, svolgere il ruolo interpretato, in passato, da Berlusconi, rispetto a FI. Il suo “partito personale”. Perché i FdI hanno una storia lunga e un’identità caratterizzata. Marcata. Una leader, in questo caso, può dare loro un volto nuovo. Visibile. Senza, però, ridisegnarne il profilo. Ed è ciò che ha fatto Giorgia Meloni. Che ha dimostrato grande capacità di comunicare con gli elettori. Soprattutto della sua area. Il centro-destra. Utilizzando messaggi efficaci. Di grande appeal per tutti. Anche per coloro che erano, sono e restano lontani dalla destra. Ha, cioè “normalizzato” la propria immagine attraverso un linguaggio “tradizionale”. Tradizionalista. “Una donna, una madre. Cristiana”. Come ha espresso e rivendicato nel titolo di un libro, divenuto un manifesto e uno slogan della sua “campagna permanente”. Impostata sulla famiglia, sulla religione e sulla (propria) identità di genere.
I FdI debbono, quindi, il loro successo, in questa fase, a Giorgia Meloni. Ma il loro futuro non dipende “solo” da lei. A differenza di FI, destinata a spegnersi “insieme al capo”. Tuttavia, proprio per questo, dovranno mantenere e rafforzare la loro “identità di partito”. Nella società e sul territorio. E nel sistema politico. Proporsi e imporsi come riferimento di una Destra “parte del sistema”. E non solo. In caso contrario, rischiano di declinare in fretta. Insieme al Capo. Alla leader. Com’è avvenuto ad altri partiti “personalizzati”... Anche perché non possiamo dimenticare che i FdI si sono imposti con il 26% dei votanti. Cioè, circa il 17% degli elettori. Sufficienti per affermarsi alle elezioni. Non certo per dare “un volto” al Paese.