la Repubblica, 24 ottobre 2022
Il passaggio di consegne tra Draghi e Meloni
La scrivania di Mario Draghi è immacolata. Ha portato via anche l’unico faldone rimasto. È pesante come la crisi all’orizzonte. Contiene i dossier che il capo dell’esecutivo mostra a Giorgia Meloni, poco prima di consegnarle la campanella che segna il passaggio di consegne: energia, guerra in Ucraina, inflazione, recessione, il caos della trattativa su Ita, rapporti con le Cancellerie europee. Novanta minuti di paura a Palazzo Chigi. Un’ora e mezza che racchiude una sfida gigantesca. Condensata in una confidenza che l’ex banchiere concede alla leader, quando la conversazione volge al termine: «Eravamo in piena pandemia quando ho iniziato il mio lavoro da premier. C’erano manifestazioni proprio qui sotto. Ho temuto per la coesione sociale. E ho fatto di tutto per non far arrivare le tensioni nelle piazze». È lo stesso, identico allarme che agita la nuova presidente del Consiglio. «Alcuni segnali non mi lasciano tranquilla». Per questo, durante il discorso previsto domani alla Camera per la fiducia, Meloni sceglierà una traccia “draghiana”, invitando la politica e il Paese alla «massima unità per affrontare la più grave crisi economica degli ultimi anni».
I due, in realtà, si erano già visti. In gran segreto, nei giorni scorsi, attraverso tunnel profondi che collegano la Camera alla sede dell’esecutivo. Stavolta però Draghi può prendersi tutto il tempo di cui ha bisogno. E parlare a chi le succederà con una franchezza che graffia. Non per acrimonia, astio, anzi: il presidente uscente rompe il protocollo, attende Meloni sulle scale del primo piano, è caloroso come poche volte si è mostrato. Soltanto che ha voglia di mettere in guardia dalle nubi che incombono. Una prospettiva a cui la leader dà una veste politica, parlando al Consiglio dei ministri riunito subito dopo: «Molti scommettono sul nostro fallimento, dobbiamo far ricredere i troppi uccelli del malaugurio». Non si riferisce a Draghi, maai problemi apparentemente insormontabili che la attendono.
L’energia è ovviamente il cuore delle riflessioni, lo specchio dell’angoscia di queste ore. Certo, Draghifa notare che il prezzo fissato al Ttf – il mercato in cui si regola il costo del gas – è più che dimezzato rispetto a qualche settimana fa. Se la tendenza venisse confermata, si potrebbe contenere lo spettro della recessione. Ma esiste il nodo dell’approvvigionamento. E poi c’è da implementare le decisioni politiche prese nell’ultimo Consiglio europeo giànel corso del Consiglio dei ministri Ue dell’energia, in agenda per domani. Nei dettagli normativi messi nero su bianco si misurerà la distanza tra fallimento e successo. «È importante non isolarsi in Europa – è il consiglio di Draghi – giocare di sponda». Significa di lasciar perdere con i leader dell’Est e concentrarsi soprattutto sulla Francia. l’unico possibile alleato per superare le resistenze tedesche. Non a caso poche ore dopo, a sera, Meloni incontra Emmanuel Macron in un hotel romano.
I timori della nuova premier per gli ostacoli da dribblare sono insieme prudenza, senso del limite, preoccupazione per alcuni possibili preconcetti che le Cancellerie europee potrebbero opporle. Ne parla con Draghi. Sul punto, l’ex banchiere è cauto, ma non ostile: ai partner, confida, «ho chiesto di giudicare le azioni, i fatti». Un approccio insieme rassicurante e sfidante.
Novanta minuti di paura, perché i dossier non permettono una luna di miele, soffocano i margini politici, producono esigenze tra loro in conflitto. Sul caro energia e sulla crisi del potere d’acquisto delle famiglie, ad esempio, la necessità di aiuti dello Stato rischia di aprire voragini nel bilancio dello Stato: «Attenzione al debito – è il senso dei ragionamenti di Draghi è il momento di tenere i conti in ordine». Meloni ascolta, prende nota, si allarma ancora di più. Sa che i mercati potrebbero punire ogni passo falso, ha negli occhi l’esempio di Liz Truss, appena consumata dalla morsa degli investitori. L’effetto è stato privare la premier italiana di una sponda su cui aveva deciso di investire per i prossimi mesi.
Quando l’incontro termina, la campanella passa di mano. Meloni spende parole di apprezzamento per l’atteggiamento di Draghi, lo ringrazia per l’attenzione istituzionale che ha reso possibile una transizione ordinata. In un’altra stanza, il sottosegretario alla Presidenza uscente, Roberto Garofoli, chiude la riunione parallela con il suo successore, Alfredo Mantovano. Poi Meloni riunisce i suoi ministri. Colpita da novanta minuti impegnati, riparte dai fondamentali. «Parliamo poco – è l’invito – cerchiamo di fare del nostromeglio».