Corriere della Sera, 24 ottobre 2022
Il supporto di Cingolani per «superare l’inverno»
Farà comodo a Giorgia Meloni avere Roberto Cingolani a Palazzo Chigi come «advisor per l’energia». Farà comodo alla nuova premier perché sono troppe le partite aperte, da Piombino a Bruxelles, per fare a meno del sostegno (e della copertura) dell’ormai ex ministro della Transizione ecologica di Mario Draghi. L’annuncio del nuovo ruolo di Cingolani, discusso anche con Draghi stesso, è arrivato ieri. Il fisico con un passato da fondatore dell’Istituto italiano di tecnologia e da «Chief Technology and Innovation Officer» di Leonardo, il gruppo della difesa, opererà a fianco di Meloni e del nuovo ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.
«Occorre terminare il lavoro sul tetto al prezzo del gas negoziato a Bruxelles e sul rigassificatore» ha spiegato ieri Cingolani, che coopererà con Meloni a titolo gratuito per «superare l’inverno vista l’emergenza in cui ci troviamo». E già la scelta dei dossier citati dall’ex ministro la dice lunga sul fatto che la premier dovrà mettersi a correre non appena tocca terra.
Cingolani infatti ha parlato al singolare: rigassificatore. Quello di Piombino evidentemente, sul quale prosegue una sorda lotta dopo che Ravenna ha dato il via libera al suo da far entrare in funzione nel 2024. Attivare in primavera l’impianto nel porto della città toscana, che può dare all’Italia il 7% del suo fabbisogno annuale di gas, è essenziale perché il Paese possa fare le scorte prima dell’inverno 2023-2024. Negli ultimi giorni la stragrande maggioranza dei 44 enti coinvolti ha dato disco verde e Eugenio Giani, governatore della Toscana, firmerà il permesso in settimana. Ma resta un villaggio di Asterix da conquistare: il sindaco di Piombino Francesco Ferrari continua a schierare il Comune contro il rigassificatore e annuncia ricorsi al Tribunale amministrativo regionale che, come si sa, può produrre qualunque sorpresa.
Ora, si dà il caso che il sindaco di Piombino appartenga al partito della presidente del Consiglio: Fratelli d’Italia. Una telefonata di Meloni al sindaco naturalmente risolverebbe, anche se quest’ultimo vorrà strappare alla sua leader compensazioni ancora più alte di quelle già avute. E certo avere il comune di Piombino dalla propria parte metterebbe il governo più al riparo da ricorsi al Tar – scontati – dei comitati cittadini. Ma qui anche la copertura tecnica di Cingolani può aiutare la premier a sbrogliare la prima partita per lei politicamente delicata.
Anche più necessari saranno la competenza e il rispetto che all’ex ministro sono riconosciuti a Bruxelles. L’Italia è di gran lunga il Paese che ha concluso i maggiori accordi in Europa di fornitura di gas per sostituire le forniture russe: 13 miliardi di metri cubi di gas all’anno entro il 2023, contro gli accordi da 2,6 miliardi della Germania (di cui gran parte nel 2026). Questo squilibrio, messo in luce da Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Cecilia Trasi di Bruegel, spiega buona parte delle differenze fra Italia e Germania a Bruxelles. Berlino è insicura sull’approvvigionamento e si appella all’Europa per avere «acquisti comuni»; ma preferisce non avere tetti al prezzo perché teme che frenino l’offerta di gas ed è sicura di poter ridurre le bollette di imprese e famiglie grazie alla sua immensa capacità di finanza pubblica. Il governo di Roma – in continuità da Draghi a Meloni – è sul fronte opposto: non ha interesse agli acquisti comuni europei perché è sicuro dei contratti dell’Eni; non è invece sicuro di poter compensare a lungo i consumatori, visto il debito pubblico, quindi chiede un tetto stringente al prezzo.La logica farebbe intravedere un compromesso, ma non sempre essa regna a Bruxelles. Se lo facesse, la Commissione Ue avrebbe fatto proprio a marzo scorso il suggerimento – che ha finito per accettare solo pochi giorni fa – di considerare il «tetto» come un freno d’emergenza se i prezzi esplodono. Nel frattempo quell’esplosione c’è stata e ha piegato l’economia europea. Ora, dai prossimi giorni, si dovrà negoziare a quali livelli scatta quel freno di emergenza.
Non meno difficile l’altro negoziato, quello per bloccare il prezzo del gas usato da chi produce energia elettrica. È il modello spagnolo: le imprese fornitrici di metano lo vendono sottocosto alle centrali elettriche e poi vengono compensate della differenza con denaro pubblico. Per applicare questo modello anche in Italia e nel resto dell’Unione, occorre sapere con quali fondi europei e nazionali si pagano i sussidi e chi se ne fa carico nel caso di energia elettrica esportata da un Paese all’altro. Negoziati così delicati che possono far saltare le finanze di un Paese, se condotti male. E sarà un po’ come infilarsi nell’abito (politico) di Draghi, dopo anni di opposizione. Ma ora Meloni a meno di Cingolani non può fare.