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 2022  ottobre 24 Lunedì calendario

GLI "SGARBIES" IMMAGINARI – PANZA: "NON SONO MARITO E MOGLIE, COME I FERRAGNEZ. VITTORIO E ELISABETTA SGARBI SONO FRATELLO &S ORELLA FERRARESI: LUI È FURIOSO COME ORLANDO, MA AL POSTO DELL'IPPOGRIFO CERCA IL SENNO CON UNA CAPRA; LEI È SIA MAGA CHE COMBATTENTE. LA PERIZIA NELLE ALCHIMIE EDITORIALI E CULTURALI DERIVA, FORSE, DAI GENITORI FARMACISTI. SENTIMENTALMENTE È PIÙ FEDELE DI UNA TORTORA MA SE SI SENTE TRADITA, GUAI! ENTRAMBI HANNO PASSATO METÀ DEL LORO TEMPO IN AUTO PER..." -

Compongono un dittico ariostesco, uno di quei quadri in cui si vede, da una parte, il profilo di un uomo e, dall'altro, quello di una donna.

Non sono marito e moglie, come i Ferragnez. Gli Sgarbies sono fratello&sorella ferraresi: paghi uno, compri due, valgono dieci, cento, mille. Lui è furioso come Orlando, ma al posto dell'ippogrifo cerca il senno con una capra; lei è sia maga che combattente, Morgana e Bradamante, la cui perizia nelle alchimie editoriali e culturali deriva, forse, dai genitori farmacisti: mamma Rina, sorridente e rigorosa, papà Giuseppe, silenzioso e in tarda età scrittore.

Bruno Cavallini, predecessore materno, nel Dopoguerra fece parte del sodalizio di giovani professori che caratterizzarono la cultura a Ferrara (Antonio Rinaldi, Giorgio Bassani, Antonio Piromalli): era proprietario della casa del canonico Brunoro Ariosti, in cui parte della vita trascorse Ludovico Ariosto, che lì scrisse le satire, le commedie, le prime due edizioni del «Furioso».

Le radici domestiche, dunque, spiegano la furia. Studi all'università di Bologna, specializzazione, primi scritti sui pittori ferraresi, poi mostre e collezione di quadri (acquistati, dati, presi, ricevuti), anni fa esposta al Castello di Ferrara - roba buona e meno. Vittorio Sgarbi, il fratello maggiore del dittico, capisce presto che nella Società dello spettacolo anche un critico d'arte deve spettacolarizzarsi.

Così va al «Costanzo show» augurando la morte a Federico Zeri e prosegue da Giuliano Ferrara lanciando un bicchiere d'acqua contro Roberto D'Agostino, ora un amico che lo chiama «Vecchio sgarbone». Verranno poi le escandescenze generiche e ad personam (Mughini) e il brand «capra, capra, capra».

La tv gli conferisce successo e diventa la sua palestra con «Sgarbi quotidiani» e con derapate tipo «La pupa e il secchione» (espulso per una lite con Alessandra Mussolini). Il successo, per invidia, gli sbarra la carriera in università, della quale se ne frega. Intanto fa due figlie, riconosciute in tarda età, una tentata dalla partecipazione al «Grande Fratello» e salvatrice dopo un tuffo in mare, di notte, dell'incauto padre dominato dai flutti. Era già scampato a vari incidenti stradali: del resto, chi vorrebbe fare l'autista di Sgarbi, uno che fissa almeno tre appuntamenti alla stessa ora in tre località diverse?

Sindaco di tutti i comuni che iniziano per S (Salemi, Sutri, San Severino), viceministro ai Beni culturali con Urbani, incarico finito causa gossip, visitatore in notturna dei musei («dovrebbero sempre stare aperti di notte»), fondatore del partito mai partito, Rinascimento (iniziò come Monarchico, le sue affiliazioni tengono una pagina), è stato il deputato più «amato» dai custodi dell'Aula che spesso l'hanno dovuto portare via a braccia.

Esperto «di donne più di Casini» (ma guai a sottovalutare l'avversario) ha un legame talmente lungo con Sabrina Colle che manco i vecchi democristiani Curatore della Biennale più folle, quando chiamò duecento amici per indicare «democraticamente» altrettanti pittori da esporre, fu curatore di una mostra a Milano sull'omosessualità intitolata «Vade retro» e mai aperta per contrasti con «Mestizia» Moratti, mostra che ha ottenuto il maggior numero di recensioni nella storia.

Ricordo un compleanno organizzato per lui a Venezia: tutti a cena alle otto, si aspetta il festeggiato per iniziare ma vengono le nove, poi le dieci; allora, i camerieri servono timidamente il risotto, poi il secondo e sono le undici, verso mezzanotte si tira lungo per il dolce.

Quando verso l'una gli invitati se ne vanno, lui arriva.

L'uscente Alessandro Sallusti lo incrocia lungo un canale: «Sono il tuo direttore, in fondo, un po' di rispetto!». Il Triveneto è ondivago con lui: insegnò a Udine, soprintendente a Venezia con burrascoso epilogo giudiziario, ora gli sta portando bene con le presidenze del Mart e del Museo Canova.

Cattolico alla Maritain è dannunziano dentro e per imitazione, come quando violò l'embargo e atterrò a Tripoli per sostenere Gheddafi. Vive nella Grande bellezza di Roma dietro piazza Navona (ma sta a casa?), conosce tutti (senza tenere una agenda, non ha tempo), è erudito come un erudito del Settecento: di arte e anche di letteratura sa molto; meno di filosofia, disciplina nella quale è laureato. L'architettura moderna non la capisce e butterebbe giù tutto per riedificare: forse ha ragione. La sorella lo costringe a pubblicare libri che io gli presento, che è la cosa più facile del mondo tanto parla solo lui. Il problema è di chi gli deve proiettare le diapositive, che sono in ordine, ma lui parte per la tangente e si arrabbia se l'immagine non corrisponde. Non invidio i colleghi del Giornale che devono impaginare i suoi articoli: a che ora arrivano?

Diciamolo pure: il furioso, ariostesco Vittorio non teme magistrati e condanne, non teme il Covid e nessuno a parte la sorella minore, l'altra metà del dittico.

Elisabetta è adorabile nelle sue lucide follie (un po' visionaria e un po' manuale Cencelli), sta dietro al fratello, a volte davanti, nella coscienza di sé come brand (ogni cosa è ideata e diretta da ES) e potrebbe essere la ferrarese Adriana Gabrielli del Bene (prima interprete di Fiordiligi nel Così fan tutte ) dei nostri giorni, ovvero l'artista talmente contesa da costringere un imperatore a chiudere un teatro.

Postmodern 100%, glamour 100%, forse radical ma omnicomprensiva, forse di sinistra ma con un fratello forse a destra, i flirt si perdono nel passato mentre sentimentalmente vale quanto detto del fratello: più fedele di una tortora ma se si sente tradita, guai! Lasciati studi e farmacia passa ai libri: inizia alla rivista «Panta» con Tondelli, ufficio stampa e strabiliante carriera sino a diventare anima della Bompiani sotto lo sguardo del pigmalione Mario Andreose. Ama tutti i suoi autori, ma qualcuno di più tipo il colibrì, pubblica Saramago, Coelho, Maalouf e, soprattutto, Houellebecq.

La Milanesiana, fondata nel 2000, è stata la rassegna che meglio ha incarnato la diffusione culturale degli ultimi vent' anni. Quando Milano è diventata meno disposta a uscire di casa (causa Covid) ha esportato il brand Milanesiana in tutta Italia passando dal local al glocal. È regista col marchio Betty Wrong: film curati, sofisticati, musiche dell'amico Battiato e nebbie di Comacchio che ci vedi dietro la nostalgia dell'infanzia passata a correre nei pantani ferraresi.

A proposito di musica: dimostra una salda fedeltà verso Morgan e ha lanciato pure gli Extraliscio, una sua invenzione ex nihilo , portandoli a Sanremo. La sua forza sta nel credere in ciò che fa: se un suo scrittore legge e viene applaudito, lei applaude di più. Se un suo autore perde a un Premio letterario tende ad arrabbiarsi con la giuria che non lo ha capito. Sublime. Quando Berlusconi (en passant quello che ha dato notorietà al fratello) compra la Bompiani, lei si dimette dal gruppo Rcs e con Umberto Eco, amici francesi e qualche locupletato italiano fonda La nave di Teseo, un nome che ci vuole un'enciclopedia per spiegarlo.

Fa il botto con Joël Dicker e ristampa Eco. Capisco chi non li sopporta, ma visti da vicino sono due ragazzi persino di buon carattere, infaticabili nel lavoro, sebbene eccentrici. Quando si legge che Mozart passò metà del proprio tempo in carrozza, ecco penso che gli Sgarbies abbiano passato metà del loro tempo in auto per presenziare da una parte all'altra e guardate che è una faticaccia non poter stare mai sul divano di casa.