il Giornale, 24 ottobre 2022
Ritratto al vetriolo di Roberto Burioni
Caro Roberto Burioni. Se parliamo di giornalismo ci sono due possibilità: Lei si prende una laurea in Lettere, una specializzazione e un master in Comunicazione, e ci confrontiamo. Oppure – più comodo per Lei – io scrivo, Lei legge e alla fine mi ringrazia perché Le ho insegnato qualcosa. Uno non vale uno.
Uno. Burioni, che se fosse una proteina sarebbe un anticorpo monoclonale, dal punto di vista scientifico non si discute. O lo veneri, o gli mandi una diffida.
Due. Bravo, Burioni è bravo. Antipatico, ma bravo. Come divulga lui, neanche la Brigliadori.
Tre. Un consiglio, però: meno spocchia più empatia, Prof.
Prof. Virolog., immunolog., Magnifico Rett. Gran Antipat. di Gr. Vaccin. Insopportab. Pezz. di Tuttolog. Burioni dott. Roberto, Duca Conte di Fermignano, capofila della prima ondata della virologia mediatica, il Professore detto il Gufo per la nota predisposizione al catastrofismo – è passato dall’Università San Raffaele di Milano al palcoscenico mediatico (da Repubblica a Che tempo che fa, dal Fatto quotidiano a Tiki Taka è stato ovunque) con una velocità superiore a quella di propagazione della variante Omicron. Che gli scienziati definiscono «impressionante».
Impressionante per la capacità di fare della scienza una corsia preferenziale dell’opinionismo e dell’opinionismo il campo di applicazione della scienza (in Italia da microbiologo a Pontifex Maximus è un attimo, e c’era chi lo vedeva già al Quirinale tra due corazzieri in mascherina), Roberto Burioni è solo l’ultimo di quei personaggi che capita di incontrare, fra un talk show e un tg, nella commedia umana che si ripresenta ogni sera, coi loro abiti eleganti e i volti come maschere di scena, in quel teatro del mondo in cui le persone peggiori occupano sempre i posti migliori. Venite avanti, voi: c’è posto per tutti...
Del resto a Dimartedì c’è Antonella Viola che parla di fascismo e del pericolo che l’Italia diventi come l’Ungheria... E forse ha persino ragione. Solo nel terzo mondo democratico – hospitium Italiae – i virologi, le veterinarie e gli infettivologi possono mutare impunemente da superstar della pandemia ad analisti militari del prime time o anche a scelta politologi politicanti di seconda serata. Fra le sottobranche della medicina, ultimamente si segnalano anche: l’allarme climatico, il Ddl Zan, l’approvvigionamento energetico, le pensioni, l’Ucraina e la squadra di Governo. Si chiamano mercanti di verità. E la frase «Abbiamo usato gli italiani come cavie» non si riferisce solo ai vaccini per il virus. È così: ci facciamo inoculare di tutto, un giorno sì e un giorno vax.
Tuttologi, twittologi, ubiqui, volubili, virologi e virali fra giornali, tv, radio, Rete, social network e Parlamento i medici, premiati dalle loro approssimazioni scientifiche, non vogliono perdere i privilegi mediatici acquisiti. E ce li ritroviamo a prescrivere ricette su ogni cosa. Fabrizio Pregliasco sull’energia, i termosifoni e i rischi del riscaldamento troppo basso. Ilaria Capua su ambiente, immondizia romana e sociologia spicciola. Andrea Crisanti de omnibus rebus et de quibusdam aliis. Massimo Galli ha scritto persino una Gallipedia. E Antonella Viola che è poco più della dottoressa Bruni di Un posto al sole su fascismi, caro bollette, cucina, sesso, gender, senza mancare di azzardare una curiosa teoria sulla correlazione tra il Covid e la guerra. Immunologa: cura te ipsum.
E alla fine al netto di un paio di dimenticabili scivoloni sul body shaming Roberto Burioni non è neppure il peggiore. Un topo da biblioteca diventato, accidentalmente, cavia di esperimento televisivo. Comunque, una lunga esposizioni agli spiegoni di Burioni sempre senza contraddittorio – garantisce nel tempo un’immunità acquisita.
Burioni, borioso, sborone, sbruffone, bulletto, debunker, blastatore, buongustaio e bucatini (è un ferreo sostenitore delle 3C: conoscenza, competenza e cacio&pepe), il Professore non è un Burioni qualsiasi. Preparato, posato, dosato – prima dose, seconda dose, terza dose, quarta dose... – persuasivo, paziente (ha il Covid), spietato (metodo Burioni: ecraser l’incompétent) e, certo, anche permaloso come un porcospino venduto al mercato della fauna selvatica di Wuhan, il dottor Kildare del Pisaurum ha spaccato l’Italia in due partiti: i fan di Burioni, che sono tantissimi, e i nemici di Burioni, che forse sono persino di più.
A proposito di partiti. Perché se la scienza non è democratica, tutti gli scienziati invece lo sono? Camici bianchi e cuori rossi, non può essere un caso l’uniformità dell’orientamento politico dei virologi. Andrea Crisanti: eletto senatore nel Partito democratico. Pier Luigi Lopalco: Articolo Uno (il partito di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani). Massimo Galli: Partito democratico. Antonella Viola: ala massimalista del Partito democratico. Ilaria Capua: «Chi mi protegge». Fabrizio Pregliasco: miglior offerente. Matteo Bassetti: aspetta il prossimo giro. Roberto Burioni: già renziano, «ora mi definisco liberale di sinistra» (ma che cazzo vuol dire?!).
Scientificamente fazioso, televisivamente faziano, viro-star della domenica sera, 59 anni, pesarese con casa a Milano, zona Olgettine, microbiologo e immunologo, una bibliografia che fa tremare le vene e le endovene, l’unico virologo a essere conosciuto dal grande pubblico fin da prima della pandemia (poi ogni talk ha voluto il suo Burioni), nella graduatoria delle previsioni azzeccate sul Covid posizionato un po’ sotto Bassetti e un po’ sopra Paolo Fox, in corsa con Fiorello per co-condurre Sanremo 2023, un debole per la frase «Io l’avevo detto» e per i passatelli in brodo, Burioni che quando lo vedi dentro lo schermo, lo riempie, esonda, tracima di Scienza e Sapienza, è onniscente e onnipresente.
Burioni in Università. Burioni in tv. Burioni alla prima della Scala. Burioni alla «Milano Fashion Week». Burioni alle feste, sempre circondato di dame: «Professore, io ho già fatto la terza dose, potrei fare la quarta?» («Sì, nel culo»). Burioni su Facebook. Burioni su twitter. Burioni sulla chat di Cultura Italiae. Burioni in tour nelle librerie. Burioni alla mostra del cinema di Venezia. Burioni al Salone del libro di Torino. Burioni allo stadio («Forza Aquilottiiiiiiiiiiii!!!»).
Che poi. Non si è ancora capito se Roberto Burioni è il Lucio Caracciolo della virologia o Lucio Caracciolo il Burioni della geopolitica. Mah... Burioni è così. O lo adori o lo detesti.
Cose che Burioni adora: le vaccinazioni obbligatorie (sogno ricorrente: Elvis Presley che si fa vaccinare in diretta tv contro la poliomielite), la copertura di gregge, le greggi, le pecore, le pecorine, metterlo nel c**o ai NoVax, il generale Figliuolo, il generale Figliuolo vestito da pecora, la sovraesposizione televisiva, i gettoni delle ospitate televisive, le consulenze aziendali, Pfizer e il film Il generale cluster.
Cose che Burioni detesta. L’omeopatia, Beppe Grillo, Red Ronnie, i NoVax, l’Agicom (è reciproco), i virologi che vanno in tv tranne se stesso, l’affermazione «In Italia in questo momento il rischio è zero», le donne brutte, il fatto che la pandemia stia passando senza che lo abbia deciso lui, quelli che si permettono di commentare i suoi tweet: fragolina83, gattino17, novax68... E i pipistrelli. Ma anche le Iene.
E per il resto. Sarà vero che il vaccino non è un’opinione. Ma intanto noi abbiamo finito le nostre. Mica siamo Burioni. E per la quinta dose, c’è sempre tempo (e persino per la sesta...)