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 2022  ottobre 24 Lunedì calendario

I danesi potrebero votare il Synthetic Party, un partito guidato dall’algoritmo Leader Lars

Politica e tecnologia vivono da sempre un rapporto complesso e delicato. I social vengono utilizzati da partiti e leader tanto come cassa di risonanza mediatica quanto come strumento per spostare il dibattito sul terreno spesso scivolosissimo – di Internet. Dove oggi, grazie alla diffusione degli smartphone, la partecipazione al dibattito digitale è esplosa e dove recentemente i cittadini europei (più del 50%, secondo una ricerca pubblicata dalla IE University di Madrid) si sono chiesti cosa succederebbe se rimpiazzassimo i nostri leader politici con un algoritmo. A domanda prontamente è arrivata risposta dalla Danimarca, dove alle elezioni politiche del primo novembre i cittadini danesi potrebbero trovare sulla scheda il simbolo del Synthetic Party, un partito guidato da un’intelligenza artificiale. Leader Lars è il nome dell’IA che regge le fila della formazione fondata a maggio dal collettivo di artisti Computer lars e dall’organizzazione no-profit MindFuture Foundation. L’algoritmo ha già chiarissimi i punti del suo programma: l’instaurazione di un reddito universale di base di 14mila euro mensili per tutti i cittadini danesi, la creazione di un dipartimento governativo interamente dedicato al settore tecnologico e l’aggiunta di un diciottesimo obiettivo di sviluppo sostenibile all’agenda Onu che promuova l’integrazione tra esseri umani e macchine. Un’IA populista per design, dato che Leader Lars è stata addestrata usando i programmi di governo dei cosiddetti fringe parties, cioè tutti quei partiti che, candidatisi per le elezioni in Danimarca dagli anni 70 a oggi, non sono mai riusciti a strappare un seggio alle elezioni.
L’INDIRIZZO
Leader Lars ha anche un quartier generale, una stanza dedicata sulla app di messaggistica Discord, all’interno della quale è possibile chattare con l’IA, che capisce l’inglese ma risponde solo in danese. «Quando gli utenti interagiscono con Lars», spiega Asker Staunæs, fondatore del partito, «forniscono nuove informazioni che poi raccogliamo per sviluppare ulteriormente le capacità analitiche dell’algoritmo». Il quale, precisa Staunæs, «ha già assorbito così tanto input umano che possiamo dire che ormai tutti stanno partecipando al suo perfezionamento tramite i dati che inviano su internet».
LE FIRME
Finora il partito ha ottenuto solo 11 delle 20.000 firme necessarie per la candidatura alle elezioni di novembre. Ma se il Synthetic Party entrerà in parlamento, sarà l’IA a determinare l’agenda politica e i membri umani del partito agiranno soltanto come interpreti del programma. Non è la prima volta che un’intelligenza artificiale entra nel dibattito politico. Nel 2018 anche i residenti della città di Tama, in Giappone, hanno avuto l’opportunità di scegliere un candidato sintetico per le municipali, anche dietro al bot si nascondeva il politico Michihito Matsuda, già candidato senza successo alle precedenti elezioni. Nello stesso anno il chatbot Alisa, un’assistente virtuale sviluppata dal gigante tech russo Yandex, corse contro Vladimir Putin alle presidenziali del 2018.
SOLUZIONI
Tanto Matsuda quanto Alisa hanno perso la corsa ma hanno aperto la strada a soluzioni nuove che valorizzino il ruolo della tecnologia in politica. Sempre dalla ricerca della IE University sono emersi infatti altri dati interessanti: la stragrande maggioranza degli europei (72%) vorrebbe votare usando gli smartphone, e un terzo di loro preferirebbe che fossero degli algoritmi, più che i dipendenti pubblici, a decidere sui programmi di assistenza sociale. Il tutto però dietro una ferrea regolamentazione del settore, con il 65% degli europei che si dichiara favorevole a una tech tax sulle società che traggono profitto dai servizi digitali in un paese senza essere fisicamente presenti al suo interno. La politica si allontana così dalla tradizione delle urne e si spinge alla ricerca una nuova identità digitale. Ma se i vantaggi di un sistema simile appaiono subito evidenti (la depersonalizzazione della politica potrebbe idealmente portare a un processo decisionale più equo), altrettanto non si può dire dei rischi. Un’IA è un codice che, per sua stessa natura, risulta particolarmente esposto agli attacchi informatici, che a quel punto avrebbero conseguenze disastrose per il destino di una nazione. Un codice oltretutto sviluppato da aziende private, ognuna con il suo bagaglio di obiettivi e interessi che rendono ancora più difficile se non impossibile – capire chi e in che modo sta davvero tirando le fila dell’algoritmo.