il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2022
Raoul Saccorotti, l’Arsenio Lupin anarchico
Fu Roger-Louis Lachat, un redattore del quotidiano Le Petit Dauphinois di Grenoble, a paragonarlo nel 1937 ad Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo creato dallo scrittore Maurice Leblanc. Lo soprannominò “L’Arsène Lupin des galetas”, cioè delle topaie, delle soffitte.
Narra lo storico e giornalista Phil Casoar, pseudonimo di Philippe Guesdon, che quel nome d’arte se lo guadagnò perché nella capitale delle Alpi francesi, “constatando che i buoni borghesi ammucchiavano un gran numero di oggetti di valore nelle loro cantine e nelle loro soffitte”, decise “di ricorrere all’esproprio individuale per ridistribuire queste ricchezze inutilizzate”. Gli attribuirono, in nove anni, circa 700 colpi. Pare che una parte dei proventi dei furti fosse servita per finanziare le milizie anarchiche spagnole durante la guerra civile del 1936-39.
L’Arsenio Lupin delle soffitte, in realtà, era un italiano. Nato a Roma da “famille extrêmement honorable”, scrisse nel 1938 Le Petit Dauphinois, si chiamava Raoul Saccorotti (Roma, 1900 – Genova, 1977). Sconosciuto alla nostra stampa e ai nostri storici, con la meritevole eccezione delle pubblicazioni libertarie “Bollettino Archivio Giuseppe Pinelli” e A – Rivista Anarchica, Saccorotti ebbe “multiple vite”. Fu ladro, anarchico, socialista, falsa spia fascista, in collegamento con i partigiani del Nord Italia. E intrattenne misteriosi rapporti con l’ex giornalista dell’Unità e partigiano Luigi Cavallo, poi animatore dell’organizzazione anticomunista Pace e Libertà, e con il colonnello Renzo Rocca. Quest’ultimo era uno dei capi dei Sifar, il servizio segreto italiano; venne coinvolto nel “Piano Solo”, ossia il progettato golpe del generale De Lorenzo, e morì in circostanze oscure nel giugno del 1968.
A Saccorotti, personaggio straordinario da romanzo, assai più dell’Arsenio Lupin di Leblanc, Phil Casoar ha dedicato L’Arsène Lupin des galetas. La vie fantasque de Raoul Saccorotti, cambrioleur anar en gants blancs (Cerf, pagine 582, euro 25), una biografia corposa, frutto di quindici anni di ricerche e recensita su Le Monde. Ma chi era davvero? Casoar raccontava in una anticipazione del suo libro, uscita tempo fa nel “Bollettino Archivio G. Pinelli”, che Raoul nacque a Roma il 29 giugno 1900 e che cominciò a frequentare gli anarchici a Genova, dove la sua famiglia si era trasferita dopo la morte del padre. Nel 1918 venne arrestato “per azioni antimilitariste”. Scarcerato per l’amnistia, “viene nuovamente incarcerato nel luglio 1921 per avere preso parte agli eventi di Sarzana, dove la popolazione si era opposta ai raid fascisti”. Nel 1926, Raoul lasciò l’Italia. Si imbarca “come infermiere a bordo di una nave della White Star Line che va da Liverpool a Bombay, e ne approfitta per fare propaganda libertaria tra i marinai”. Nel 1930 si reca in Francia, dove il lavoro da un antiquario di Grenoble lo spingerà a diventare un abile ladro di anticaglie.
La sua esistenza è fatta da decine di colpi di scena: l’arresto a Marsiglia nel 1938, una fuga, probabilmente nella Spagna della guerra civile, un nuovo arresto. E l’espulsione in Italia nel 1942, dove prima è detenuto a Genova e quindi confinato alle Tremiti. Evaso dopo l’8 settembre 1943, collabora, a quanto pare, “con Raffaele Paoletti, dirigente ligure del Partito comunista clandestino, passando messaggi e materiale alla Resistenza. Verso la fine del 1944 Raoul raggiunge i fratelli Oscar e Fausto, artisti rinomati, in una villa di Portofino dove erano sfollati”. Lì lo incontra lo scrittore Salvator Gotta, che parlerà di lui in un libro.
Nel dopoguerra, Saccorotti va a Milano. Conosce la sua terza moglie, una principessa georgiana: Olga Eristoff. Ed è a Milano che verosimilmente rivede Mario Arnò e Luigi Cavallo, esponenti del gruppo partigiano torinese di Stella Rossa. A metà degli anni Cinquanta, Cavallo “presentò Saccorotti al colonnello Renzo Rocca”, che si stava occupando dei traffici di materiali sotto embargo Nato tra l’Italia, l’Unione sovietica e la Cortina di ferro. Secondo Casoar, Saccorotti “era in grado di fornire informazioni sul carico di navi e treni diretti al Nord Italia e destinati all’Urss2. Dal canto suo, Saccorotti presenta Arnó e Cavallo al cognato, Nicolai Eristoff, “che lo metterà in contatto con un dissidente russo, il generale Grigorienko, allora detenuto in un ospedale psichiatrico sovietico per avere denunciato la deportazione del tartari di Crimea”. Così Raoul, conclude Casoar, “ormai legato agli Eristoff, mise le sue doti cospirative a disposizione della lotta contro il comunismo”.