Corriere della Sera, 21 ottobre 2022
Da "Tasmania" di Paolo Giordano
L’intervista a Novelli è apparsa sul giornale il mattino seguente e cominciava con un virgolettato lapidario: «I dati non mentono. Lo fanno, a volte, le persone. Ma i dati no, sono quel che sono e basta. Fornitemi delle misure accurate e io saprò dirvi la verità sul mondo».
L’accusa di menzogna si riferiva ovviamente a Donald Trump e a chiunque lo avesse applaudito alla conferenza stampa, ma era chiaro che Novelli volesse includere tra i bugiardi un gruppo molto più ampio, anzi una porzione intera di umanità. Nel corso della nostra chiacchierata ha fatto più volte riferimento alle correnti populiste, con le loro tesi antiscientifiche, che da anni guadagnavano credito in Europa, e specificamente in Italia. È stato così esplicito che in fase di revisione mi sono trovato nella necessità di smorzare alcuni toni e di omettere per intero delle frasi. Ma è pur vero che avevo a disposizione solo cinquanta righe, mentre la nostra conversazione su Skype era durata più di un’ora.
Io studio le nuvole, mi ha detto Novelli, il modo in cui si formano, come migrano e come incidono sul clima. Bene, lei sa che in Italia abbiamo avuto quattordici interrogazioni parlamentari sulle scie chimiche? Quattordici. Significa che per quattordici volte un nostro deputato si è alzato in piedi in aula per discutere l’ipotesi che gli aerei di linea rilascino nell’atmosfera delle sostanze misteriose, che dovrebbero servire ad assumere il controllo della nostra mente.
Invece?
Invece cosa?
Cosa sono quelle strisce in cielo che vediamo al passaggio degli aerei?
Condensazione. Aria calda che si raffredda rapidamente. Non c’è proprio nessun mistero. [E non mi faccia domande di cui sa già le risposte].
La frase tra parentesi è tra quelle che non ho riportato, ma compare ancora nella trascrizione che conservo.
Non so se ha letto questo articolo su «Esquire», ha detto Novelli, uno studio sulla condizione psicologica degli esperti di clima. Come il sottoscritto. In pratica viene fuori che siamo fra le categorie di scienziati più esposte a depressione e disturbi vari dell’umore. Sai che novità. Sindrome da stress pre-traumatico, è così che la chiamano gli psicologi. O sindrome di Cassandra. Sarebbe quella che sperimenti ogni volta che ti compare sul monitor un grafico, e in quel grafico tu vedi il futuro. Ed è quello che ti succede quando cerchi di trasmettere quelle informazioni al mondo esterno, ai cittadini, alla stampa, ai decision maker. Se vuole da me una definizione azzeccata dell’epoca in cui viviamo, è questa: un tempo pre-traumatico. (…)
Intravedevo alle sue spalle l’appartamento dov’ero stato. Gli ho chiesto a che tipo di mondo avremmo dovuto abituarci e lui mi ha risposto un po’ spazientito: Un mondo come quello che le ho appena descritto. Dove da una parte si muore di sete e dall’altra si annega. Lei ha familiarità con il concetto di gradualismo?
Non molta, temo.
Tutti noi abbiamo una mente gradualista: se le cose sono sempre andate in un certo modo, perché dovrebbero cambiare proprio adesso? L’umanità abita lo stesso pianeta da duecentomila anni, possibile che debba precipitare tutto proprio mentre sono in vita io? Appare improbabile, in effetti. Perfino gli scienziati tendono a pensarla così, infatti le grandi catastrofi, come l’estinzione dei dinosauri, hanno sempre faticato a farsi prendere sul serio. E invece viene fuori che siamo proprio nell’epoca in cui sta cambiando tutto. Drasticamente. Succede proprio a noi. I fenomeni a cui assisteremo nei prossimi anni saranno sempre più estremi. Prima lo si accetta, meglio è per tutti.
Elon Musk, ho detto, si era ritirato da una serie di iniziative di cui faceva parte, per protesta verso la decisione di Trump. Novelli ha fatto una smorfia verso la webcam. Lasci stare gli Elon Musk. Gli Elon Musk non fanno testo. Loro non soffriranno davvero. Si stanno già preparando per quando la catastrofe arriverà. Allestiscono bunker e navicelle spaziali, si armano e comprano terreni dove trasferirsi e vivere al sicuro.
Dove acquisterebbe un terreno, lei? Per salvarsi, intendo.
Io non farei mai una cosa del genere.
Ma se proprio dovesse. In caso di Apocalisse.
Sì, ha aggiunto con maggiore convinzione, se fossi costretto a salvarmi, sceglierei la Tasmania.