la Repubblica, 23 ottobre 2022
Intervista a Marco Masini
Si racconta con sincerità, nel bene e nel male. «Quando si dicono le cose, si dicono. Se no, meglio non farlo», spiega Marco Masini, «sono abituato a dire le cose come stanno. Ringrazio Zibba (il cantautore Sergio Vallarino), mio compagno in questo viaggio».
È un viaggio dentro sé stesso e nei ricordi l’autobiografia L’altalena — La mia storia (Mondadori). Gli inizi, il successo, il rapporto con i genitori, la perdita della mamma, il padre Giancarlo che lo vorrebbe dietro una scrivania, l’amore per la musica, gli anni in cui una maldicenza oscena e inaccettabile («Masini porta iella») segna la sua vita. Nel 2001 una televisione risponde al suo manager che « il pezzo è molto bello ma il suo artista emana energie negative». «È servito tutto, non porto rancore, forse qualcosa ho sbagliato anche io», racconta il cantante, che ha firmato successi come Ci vorrebbe il mare , Ti innamorerai , Perché lo fai, Vaffanculo .
Esordisce a Sanremo nel 1990, vincendo nella sezione Novità con
Disperato ,scritto con Giancarlo Bigazzi e Beppe Dati. Nel 2004 trionfa tra i Big conL’uomo volante . A 58 anni è un uomo sereno, centrato, è uscitoilLive at Teatro della Pergola , uno speciale box in edizione limitata con la registrazione del concerto acustico tenuto il 9 maggio 2021 in streaming dal teatro fiorentino, e sarà in tour fino al gennaio 2023.
Scrive che alla fine ha capito che “tutto è un’altalena. A volte ci stimiamo di più, a volte ci odiamo, altre ci consideriamo colpevoli senza aver fatto nulla, altre ancora ci sentiamo innocenti anche se sappiamo di aver fatto un grandissimo casino”. Il libro è stato una terapia?
«Zibba è stato un grande psicologo.
Non ci sono mai andato nella mia vita, un mio amico, che lo fa di mestiere, mi ha detto: ti va di venire?
Aiuta. Sono abbastanza psicologo di me stesso, credo. Con Zibba abbiamo trascorso giornate tirando fuori tutto, l’amicizia ti fa sentire più libero, ti fa aprire e confessare anche le cose più dolorose e intime. L’amicizia mi ha portato a scrivere canzoni e fare questo viaggio introspettivo.
Abbiamo scritto parlando e anche dopo aver visto una partita».
Si capisce che suo padre ha avuto un ruolo fondamentale.
«È un uomo che ha deciso la mia vita e l’ha gestita. È riuscito a far esprimere al massimo la mia predisposizione ma in un percorso equilibrato, usando il bastone e la carota. Anche se la carota arrivava damia madre. L’ho persa quando avevo a 18 anni, a quell’età ho capito cosa dovevo fare. Ma avevo cominciato a fare musica da professionista a 14. Il lato logico ed emotivo sono stati dosati nella maniera giusta da una grande istintiva, mamma, e da un uomo di ghiaccio, papà, che sapeva coerentemente indirizzare».
Cosa le ha insegnato?
«Che tutte le cose vanno affrontate con freddezza, strategia, e che il vittimismo e lamentarsi portano in un vicolo cieco. Papà, Giancarlo Bigazzi e ci metto un altro Giancarlo, Antonioni, che giocava a testa alta,mi hanno insegnato che nella vita ci vuole molta pazienza. Bisogna saper resistere e credere nella relatività del tempo: quello che accade non esiste, basta solo saper aspettare».
Più facile a dirsi che a farsi. Nel periodo di “Masini porta sfiga” — ne parla a lungo nel libro — come si sentiva?
«Come se avessi subìto una condanna ingiusta. Ma era una moda, e purtroppo si fa ancora. Il bullismo è sempre esistito e la cosa grave è che le dicerie nascono spesso come uno scherzo, poi nel caso di un personaggio pubblico siingigantiscono. Se ti metti a nudo pubblicamente devi essere pronto a ricevere le critiche e venirne fuori con forza e consapevolezza, come ho fatto io. Il tempo comanda e cambia tutto. È la mia filosofia».
Arriva a dire che se non avesse subìto quello che ha subìto, non avrebbe scritto certe canzoni ?
«Le difficoltà ti rendono più forte, senza quel periodo infelice forse non sarei venuto fuori. Si cresce, anche quello è servito, non ho odiato nessuno. Attribuire la colpa agli altri, serbare rancore, sarebbe un modo sbagliato di vedere le cose».
Ma non può assumersi la colpa per l’idiozia e la cattiveria altrui.
« Forse certi miei atteggiamenti, difendere un mondo che apparteneva a una generazione, il disagio, non sono stati capiti. Era un mondo in frantumi, venivamo da Tangentopoli, dalla perdita di ideali.
C’era una dispersione totale di forze, per questo le mie canzoni hanno colpito molti cuori. Sono stato il leader di una generazione che ha perso fiducia in sé stessa».
Gli amici veri, Carlo Conti, Giorgio Panariello, l’hanno aiutata.
«Ma anche altri, meno famosi. Gli amici ti danno indicazioni; la forza devi trovarla nella tua parte più lucida che deve guidarti nella vita.
Altrimenti non cresci, rimani sempre un bambino che si sente sfrattato da un sogno. Non è così, il posto meraviglioso in cui vivere dipende solo da te, da come lo mantieni».
Il momento più bello della vita?
«Quando cresci e hai la consapevolezza di chi sei. Quando sono tornato a casa con i primi soldi guadagnati con la musica, una rivincita nei confronti di mio padre: avrei potuto non fare il ragioniere evivere del mio sogno.
Bisogna proiettarsi nel futuro, per questo amo stare con i giovani, da loro si può imparare tanto, non devi rimanere nel buco nero della nostalgia».
In chiusura del libro dà un consiglio: “Non permettete mai agli altri di dirvi chi o cosa siete, dimostratelo innanzitutto a voi stessi”. A lei hanno detto chi doveva essere?
«Tutta la famiglia mi vedeva dietro una scrivania, poi qualche maestro di pianoforte ha capito e ho seguito l’istinto. Non vatradito».