Corriere della Sera, 23 ottobre 2022
La presidente, la ministra? Sì della Crusca ai femminili
Sono sei le donne entrate a far parte del nuovo governo e, ieri mattina al Quirinale, ognuna di loro è stata chiamata, come vuole la grammatica, «ministra». D’altra parte anche nell’elenco dei membri dell’esecutivo, reso pubblico venerdì, venivano usati correttamente i titoli al femminile: «La presidente del Consiglio incaricata onorevole Giorgia Meloni», «La senatrice Anna Maria Bernini, ministra dell’Università e della Ricerca» e così via. Persino Maria Elisabetta Alberti Casellati, strenua sostenitrice del maschile non marcato da presidente del Senato, ha dovuto capitolare alla regola del genere grammaticale che ormai da anni è in uso al Quirinale. Una linea confermata ieri anche dal presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini: «I titoli al femminile sono legittimi sempre». Ma a confondere le acque è arrivato in serata un lancio dell’agenzia Agi in cui si sosteneva che la neo premier userà il maschile nelle comunicazioni ufficiali. Quindi nel cerimoniale si dirà «il presidente del Consiglio con il consorte», due uomini, secondo la lingua italiana. «È un’assurdità – spiega Cecilia Robustelli, linguista dell’Università di Modena e Reggio Emilia che si è occupata a lungo di questo tema –. Certe regole di grammatica non si possono scegliere. Nessuno ti chiede se vuoi essere chiamata signore o signora, né definisce Dacia Maraini “scrittore” o Federica Pellegrini “campione”. Perché fare eccezione per i nomi che indicano una carica istituzionale? Tanto più che Nilde Iotti si ricorda come senatrice e Angela Merkel come cancelliera».