La Stampa, 23 ottobre 2022
Il conflitto di interessi di Daniela Santanché, ministro del turismo e proprietaria con Briatore del Twiga
Sui social è un fuoco di fila continuo contro «la padrona del Twiga» ed il suo conflitto di interessi da quando è stata designata come ministro del Turismo. Che sul suo tavolo, tra le prime scadenze, si troverà a dover firmare il decreto attuativo che avvia la riforma delle famigerate concessioni balneari. A fine settembre i rappresentanti della Lega, che hanno combattuto per mesi questa battaglia senza quartiere assieme a Fratelli d’Italia, hanno fatto le barricate in consiglio dei ministri ed impedito a Draghi di procedere: «Dei balneari se ne occuperà il nuovo governo» hanno intimato rifiutandosi di votare.La sentenza del Consiglio di Stato è però tassativa e non ammette rinvii delle scadenze, le gare per riassegnare le concessioni non possono andare oltre il 2024, mentre il cronoprogramma del Pnrr è altrettanto tassativo: entro fine anno vanno definite sia le modalità con cui effettuare le gare sia i criteri di calcolo degli indennizzi per i concessionari uscenti. I margini di manovra, insomma, sono abbastanza ridotti epperò tutto il settore si aspetta che il centrodestra rispetti le promesse cambi tutto.La pressione su Daniela Santanchè è tale che il neo ministro vorrebbe rinunciare alla delega sui balneari, per togliersi d’impaccio ammettendo di fatto quello che per molti è un evidente, scandaloso, inaccettabile conflitto di interessi che porta il nome di «Twiga», il lussuosissimo stabilimento balneare di Forte dei Marmi di cui è socia assieme a Flavio Briatore. Per questo uno dei prossimi passi della pitonessa sarebbe proprio quello di chiedere a Giorgia Meloni di sollevarla da questa responsabilità: il suo obiettivo, infatti, sarebbe risolvere i problemi del settore che le è stato affidato, non crearne dei nuovi. Per cui se la Bolkestein diventa in problema, è il ragionamento che sta facendo in questo ore, lei a questo punto preferisce liberarsene.Del resto quale sia la posizione di Daniela Santanchè su questi argomenti non è un mistero. «Ci sono stabilimenti balneari a gestione familiare che saranno soppiantati dai grandi gruppi. Noi combatteremo per loro – aveva dichiarato la senatrice nel pieno dello sconto governo-balneari –. Faccio questo lavoro da 22 anni, se domani non ci sarà più il Twiga a Forte dei Marmi, di sicuro diminuirebbe l’offerta turistica. Perché i locali fanno i luoghi….».Come fare per risolvere la questione è tutto da vedere. Possibile trasferire le competenze dal Turismo al nuovo ministero del Mare? Può essere una idea. Che poi l’operazione sia tecnicamente fattibile però è tutto da vedere. E poi ha senso che il ministero del Turismo rinunci a governare un settore tanto rilevante per il comparto di sua competenza? «È inaccettabile che al ministero del Turismo, e quindi del demanio marittimo, possa sedere chi ha interessi nel demanio marittimo, un settore che fattura tra i 7 e i 10 miliardi di euro mentre, con le concessioni demaniali, lo Stato incassa solo 100 milioni di euro, con un’evasione erariale di quasi il 50%» ha protestato nei giorni scorsi il verde Angelo Bonelli. «Il Twiga – ha poi aggiunto – paga un canone irrisorio di 17 mila euro l’anno mentre, ai consumatori, fa pagare ben 300 euro al giorno per una tenda. Ciò significa che, con gli incassi di meno di mezza giornata, il Twiga riesce a pagare il canone di concessione dell’intero anno. Come denunciamo da tempo, a noi pare che quelli di cui lei stessa gode siano privilegi inaccettabili». Il Twiga nel 2021 ha fatturato 6 milioni di euro e, come ha maliziosamente segnalato tempo fa Il Foglio, quest’anno ha versato più soldi Fratelli d’Italia che allo Stato: 26 mila euro contro 17 mila. Una cifra, quest’ultima, che lo stesso Briatore ha definito un mezzo scandalo: «Lo Stato dovrebbe quantomeno triplicare le concessioni, io dovrei pagare come minimo 100 mila euro». E ora Santanchè concorda o si astiene?