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 2022  ottobre 22 Sabato calendario

Boris Johnson prepara la vendetta

A volte ritornano, e questa volta a tornare potrebbe essere Boris Johnson, l’ex premier travolto dal partygate e costretto a dimissioni ingloriose appena tre mesi fa. Sembra fantapolitica, eppure la disastrosa esperienza di Liz Truss offre a BoJo una seconda chance, e potrebbe spalancargli nuovamente le porte di Downing Street. La prospettiva reale, forse addirittura probabile, del ritorno di un personaggio tanto controverso già spacca il Partito Conservatore nei due campi pro e contro, tra chi pensa che sia l’unico in grado di salvare i Tory e chi vuole fermarlo a ogni costo.
In mezzo c’è lui, Alexander Boris de Pfeffel Johnson, 58 anni, colto dalla crisi durante una vacanza ai Caraibi. Non ha ancora sciolto la riserva, cioè non ha confermato se intenda o meno correre per la guida del partito, e quindi del governo, ma ha già ricevuto il sostegno di molti. Avrebbe detto ad un alleato di essere pronto alla sfida, ed è atteso a Londra nelle prossime ore.
Secondo le regole del partito, chiunque voglia candidarsi deve guadagnarsi il sostegno di almeno 100 deputati. Una soglia alta, secondo alcuni decisa proprio per scongiurare l’ipotesi Boris. Per ora è una corsa a tre: Penny Mordaunt, l’unica che abbia finora dichiarato la candidatura, ex ministra della Difesa, riservista e leader della Camera dei Comuni; Rishi Sunak, ex cancelliere dello Scacchiere e finalista sconfitto da Truss all’ultimo giro, che sarà il candidato dell’ala moderata; e, appunto, Johnson, che è in testa nelle preferenze e ha ricevuto il sostegno di Ben Wallace, ministro della Difesa amato dalla base, che si è però tirato fuori. «Sono orientato su Johnson», ha detto. Se davvero entrerà in campo, Boris intercetterà il voto dell’ala più conservatrice.
Le preferenze si devono dichiarare entro lunedì. I due candidati con il maggior numero di preferenze andranno al voto tra gli iscritti al partito. Il vincitore, o la vincitrice, verrà annunciato venerdì prossimo e succederà a Truss.
Johnson, costretto a dimettersi a luglio e rimasto in carica fino all’insediamento di Truss, non ha mai nascosto il suo risentimento per essere stato defenestrato in seguito agli scandali del Partygate, i festini proibiti del governo durante il lockdown. Rivendica di aver portato a termine la Brexit, di aver gestito con successo la campagna vaccinale contro il Covid, e di aver guidato il fronte occidentale contro Putin. Quando si è congedato dai Comuni, ha parlato di «missione per lo più compiuta, per ora» e ha salutato con una citazione da Terminator, un irrituale «Hasta la vista, baby»: non esattamente un addio.
La campagna “Bring Back Boris”, riportiamo Boris a Downing Street, è già partita. Per i suoi sostenitori, l’ex premier ed ex sindaco di Londra è l’unico in grado di evitare una disfatta elettorale alle prossime elezioni, nel 2024, che secondo i sondaggi potrebbe essere paragonabile a quella del 1997 contro il Labour di Blair. E ai laburisti che chiedono elezioni anticipate a fronte della crisi politica ricordano che Johnson un voto lo ha già vinto. «C’è un solo deputato che abbia ricevuto un mandato dal popolo britannico e vinto le elezioni solo tre anni fa», ha detto la deputata Nadine Dorries: «È un vincitore, e al partito, per sopravvivere, serve un vincitore».
Ma per altri Tory, Johnson è ormai «tossico». Alcuni deputati sono pronti ad abbandonare il partito in caso di un suo ritorno. E se resta popolare tra la base Tory, non è detto che lo sia tra l’elettorato in generale, che non dimentica che bugie del partygate. «C’è un motivo se la sua premiership è finita, c’erano serie questioni di credibilità, competenza ed etica», ha detto il deputato Robert Jenrick, che pure ha fatto parte del governo di Johnson. «Davvero il partito vuole tornare a tutto questo?». Tra una settimana al massimo avremo la risposta.