il Fatto Quotidiano, 21 ottobre 2022
Biografia di Gennaro Sangiuliano
Alla fine Gennaro Sangiuliano ce l’ha fatta: ministro della Cultura nel governo di Giorgia Meloni. E questo avrà ricadute importanti sugli equilibri in Rai, dove il giornalista è direttore del Tg2 e punto di riferimento del centrodestra, tendenza Lega e Fratelli d’Italia. Più la seconda della prima, come si era visto con la partecipazione, a maggio, alla convention milanese di FdI, per cui venne molto criticato. Ma questo è solo l’ultimo dei suoi riposizionamenti.
“Genny” (nomignolo al femminile per lui diventato un vezzo), infatti, è abituato da sempre a navigare tra i marosi del giornalismo e della politica barcamenandosi tra le diverse anime destrorse. Una sorta di ritorno alle origini, questo, visto che politicamente nasce missino e poi, dopo un breve passaggio nella gioventù liberale, si avvicina ad Alleanza nazionale: è lui a scrivere la mozione di Destra protagonista, la corrente di Gasparri e La Russa, al congresso di An a Bologna nel 2002. Nel 2003 diventa vicedirettore di Libero ma, dopo poche settimane, lascia Vittorio Feltri per entrare in Rai. E precisamente in quella di Napoli (dove Sangiuliano nasce nel 1962 e si laurea in Giurisprudenza alla Federico II), come inviato e caposervizio, grazie anche all’ottimo rapporto con Antonio Martusciello, all’epoca plenipotenziario forzista in città.
La sua carriera è rapida e un anno dopo è già a Roma, sempre al Tgr. Per il gran balzo, però, dovrà aspettare il 2009 quando, nella Rai ultraberlusconiana, arriva al Tg1 come vicedirettore. Nel frattempo scrive libri a raffica: da Prezzolini (la sua passione) alle biografie dei leader mondiali. Negli ultimi anni fiuta che l’aria tira verso la Lega di Matteo Salvini e sposta la prua verso Nord. E proprio in quota Lega arriva, nel 2018, alla direzione del Tg2, dove s’è inventato il Tg2 Post. Nelle ultime settimane aveva confidato a più di un collega: “Farò il ministro della Cultura”. Poi il suo nome si era inabissato, salvo ricomparire nelle ultime 48 ore. Nel primo pomeriggio di ieri sono spariti i suoi profili su Fb e Twitter: segno che era fatta.
A beneficiare del suo salto carpiato in politica è soprattutto Monica Maggioni, che ora rischia di conservare la poltrona di direttrice del Tg1 quando tutti davano per certo il suo addio per far posto a Sangiuliano. Ora invece, con un Tg ricalibrato sui nuovi assetti – quindi passando dal draghismo spinto al melonismo – e nonostante il gran pasticcio su Fiorello, Maggioni forse resterà.
Così il cambio sarebbe chirurgico, con un fedelissimo della neo premier alla direzione del Tg2: il vicedirettore del Tg1 Nicola Rao o il direttore di Rainews Paolo Petrecca, che ieri, nel condurre la diretta sul Quirinale, tradiva una certa euforia. Se così fosse, a Rainews potrebbe finire l’ex direttore del Tg1 Giuseppe Carboni, anche alla luce di un “riequilibrio” chiesto dal M5S. Ma nel mirino della destra c’è pure la poltrona di Radio1 detenuta da Andrea Vianello (area Pd). In partita, poi, potrebbe rientrare anche l’ex consigliere Giampaolo Rossi, come direttore generale, incarico che rischia di suonare come un commissariamento all’ad Carlo Fuortes. In Viale Mazzini ci si prepara alla nuova stagione.