Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  ottobre 22 Sabato calendario

Giorgia Meloni, la dura

V
oleva i pantaloni e se li è presi. E da quando li ha indossati, Giorgia Meloni ha imposto le sue regole a un mondo di uomini. È successo anche ieri.
Al termine delle consultazioni al Quirinale, Berlusconi l’aveva avvicinata e con un sorriso conciliante le aveva proposto di pranzare insieme: «Così facciamo qualche limatura...». E lei, sbrigativa: «Non posso, non ho tempo. Magari ci sentiamo dopo». Al Cavaliere era toccato sedersi a tavola con La Russa, e accontentarsi di una telefonata con la leader di FdI che ancora non era stata incaricata. Raccontano di un colloquio frugale come una minestrina, appena riscaldata da una «compensazione». «Va bene per Zangrillo ministro», aveva concluso Meloni prima di staccare il telefono.
Gli alleati devono ancora adattarsi a questo modo di far politica, a un metodo così accentrato che ha sorpreso Salvini: «Ai suoi li manda a quel paese se si fanno sfuggire qualcosa». E ce n’è per tutti, persino per il presidente del Senato, che «mi poteva chiamare prima di andare a colloquio con Mattarella». Custode gelosissima di ciò che le compete, sulla squadra di governo ha tenuto sul filo tutti. Al punto che l’altro ieri il segretario della Lega si era un po’ preoccupato: «Non sento Giorgia da due giorni. Non vorrei finisse come con Draghi, che mi comunicò la lista dieci minuti prima». È vero, ogni tanto si era fatta viva con i partner più esperti, ai quali chiedeva solo notizie sui capi di gabinetto: «Vabbé che è competente, ma è affidabile?»
Il fatto è che Meloni vive sotto stress. «La situazione del Paese è difficile. E dopo quello che ha detto Berlusconi su Putin, in Europa sarà ancor più dura di quanto già non lo fosse». L’ultimo report l’ha avuto ieri da Draghi, appena rientrato dal vertice di Bruxelles. All’intesa sul tetto al prezzo del gas è stata posta la pietra angolare. Il resto però, suda freddo, «andrà costruito». I rapporti tra i due sono cordiali. E il premier uscente confida su chi oggi prenderà il suo posto, tanto che giorni addietro stava per farsi scappare un complimento: «Lei è stata brava a...». Poi si è interrotto davanti agli interlocutori, per non esporsi. Di certo condivide con Meloni la preoccupazione per il clima sociale: lei teme che qualcuno possa soffiare sul fuoco.
La situazione gliel’ha esposta anche il suo prossimo ministro dell’Economia, Giorgetti, secondo il quale «la crisi è diversa da quelle passate. Negli ultimi quindici anni c’è stato un rischio solo di tipo finanziario, connesso al nostro debito pubblico e al costo per il rifinanziamento. Oggi è minacciata anche l’economia reale. Il nostro sistema produttivo aveva reagito meglio di altri alla pandemia: è la sua resilienza che finora ha garantito il nostro debito, certo non l’apparato amministrativo». È in questo clima e nel mezzo del conflitto ucraino che Meloni dovrà governare. Perciò, per gestire i rapporti con i partner della Nato ha piazzato Crosetto alla Difesa e per mediare in Europa ha scelto Fitto, a cui ha affidato la delega per seguire il Pnrr. Sono i due fronti caldi e non a caso ha scelto due dei suoi.
Politicamente si è mossa come il Berlusconi d’antan, che ammaliò leghisti e finiani per conquistarli alla causa. Si vedrà cosa provocherà il gelo con il Cavaliere, ma intanto gli ha tolto la sponda di Salvini e ha messo una rete di protezione attorno a Forza Italia, garantendo la nascita dei gruppi centristi «per evitare che qualche parlamentare finisca nel Terzo polo». È l’unica deroga all’accentramento di potere. Forse perché le resta una forma di idiosincrasia verso il passato. Una volta infatti le dissero che stava conquistando elettori democristiani: «E c’è speranza che democristiana lo diventi anche tu». La sua risposta fu eloquente: «Vai a mori’...».
Ieri sera ripassava a memoria i compiti fatti prima di arrivare a Palazzo Chigi. L’esame sarà molto complicato ma – al contrario di alcuni esponenti della sua coalizione – è convinta che durerà. Tanto da aver persino programmato l’apertura della stagione delle riforme, con una Bicamerale da affidare all’ex presidente del Senato, Pera. Come non bastassero le prove che da oggi dovrà sostenere.