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 2022  ottobre 21 Venerdì calendario

Il corpo di Francesco Valdiserri sull’asfalto 5 ore

«Non si dovrebbe morire così, è una ecatombe sulle strade... eppure anche mio figlio è morto». Luca Valdiserri ha il viso straziato dal dolore, lo sguardo come impietrito e le parole che gli si bloccano in gola. Il suo volto da persona buona, come da tutti è conosciuta, vorrebbe esplodere in pianto, ma si trattiene perché sa che deve tenere duro e poi dovrà tornare a casa, a Testaccio, dalla moglie Paola Di Caro e dalla figlia più piccola Daria, 17 anni, per spiegare loro quello che i suoi occhi hanno visto. In una parola sola: l’orrore.
Suo figlio Francesco, Checco, non c’è più. Avrebbe compiuto 19 anni tra pochi giorni, il primo novembre. Il suo corpo, invece, adesso è a terra tra la Suzuki Swift che lo ha appena investito e ucciso sulla via Cristoforo Colombo e un parapetto di cemento. Francesco è stato travolto mentre camminava sul marciapiede accanto a un amico, rimasto illeso.
LA COPERTA
Quel corpo vien avvolto pietosamente con una coperta termica di colore oro, dagli agenti delll’XI Gruppo Marconi e del Gpit della Polizia locale, aspettando che il carro funebre arrivi per portarlo all’obitorio. Passano minuti infiniti, poi interminabili ore con quel fagotto su cui riflette la luce dei lampioni per la strada. Del carro che opera per conto di Ama, la municipalizzata capitolina, nessuna traccia. Quasi cinque ore di attesa che aggiungono strazio allo strazio: «Ma quando arriva?», chiedono papà Luca e un amico di famiglia arrivato per sorreggerlo. «Sollecitiamo», la risposta degli agenti.
Le vigilesse fanno di tutto per rendere il dolore meno lancinante al padre e ascoltano con tutte le cautele il racconto di Niccolò, l’amico che passeggiava accanto a Francesco, rimasto miracolosamente illeso. Ma Luca, giornalista sportivo del Corriere della Sera, non si dà pace. Si accovaccia vicino a suo figlio. Vorrebbe non staccarsi più. Si rialza, parla con Antonio, il papà di Niccolò, amico fraterno di Checco; hanno studiato insieme al liceo classico e insieme suonavano nella band rock Origami smiles che avevano messo su sognando i Maneskin. I due genitori si abbracciano. Il destino ha giocato inesorabilmente a sorte con la vita dei loro ragazzi e segnato le loro famiglie per sempre.
L’URLO
Luca Valdiserri si siede un poco sul ciglio del marciapiede. Ha la camicia chiara sporca del sangue del figlio, schizzato ovunque sulla pavimentazione. Poi si tira su, fa avanti e indietro in quel tratto di rettilineo dove la Swift guidata dalla 23enne Chiara Silvestri (da ieri mattina ai domiciliari) ha sbandato improvvisamente senza lasciare sull’asfalto alcuna traccia di frenata, per chiedersi come sia potuto accadere. Sa, Luca, che forse quella giovane donna era alla guida sotto l’effetto di alcol e droga? Il giornalista prende fiato, i suoi occhi non sanno più dove guardare, allarga le braccia: «Ormai tanto non me lo ridarà più nessuno...». Arriva la mortuaria, sono passate le quattro e trenta del mattino. Il furgone spalanca le portiere e allora, a quel punto, papà Luca urla ed esplode il pianto.