La Stampa, 20 ottobre 2022
Il caso Fiorello
Il giorno dopo che si capisce di aver fatto una c...ata è sempre il più difficile. In effetti lo è anche quando non lo si capisce, come l’Usigrai che ci tiene a rimanere un sindacato emulo della burocrazia sovietica, incapace di distinguere un regalo quando gli capita fra le mani. E in questo caso il direttore generale della Rai, Carlo Fuortes aveva preparato un bel pacchettino di addio, in attesa del benservito della nuova maggioranza. Quale generosità più grande del convincere il signore degli ascolti a cimentarsi nelle prime ore del mattino con la rassegna stampa? Cinquanta minuti che avrebbero trainato con l’ironia una bella fetta della moscia mattinata targata Rai 1. Rallegrando i telespettatori in un momento della storia difficile per tutti.
Anche perché la mattina le notizie viaggiano sui tablet, sui podcast, alla radio. E a meno che non scoppi la guerra tra le due di notte e le sei di mattina i telegiornali sono copie conformi dei quotidiani della mattina. La differenza può farla un «graffio» di Fiorello come sui giornali una vignetta.
Il progetto è definito, nonostante Fuortes si sia affrettato a dire che non lo era per calmare le acque: Il nuovo show «Viva Asiago 10!» in onda sulla rete ammiraglia Rai, ma anche su Radio2 e RaiPlay, da lunedì 28 novembre. Prima tre settimane di rodaggio sulla piattaforma web con «Aspettando Viva Asiago 10!». Nel frattempo Fiorello, dicono, si offende per non essere stato accolto a braccia aperte. E anche il «ti vogliamo bene» dei giornalisti del Tg1 arrivato a riparazione dello sgarbo potrebbe non bastare. Anche perché meno di 24 ore prima proprio il cdr del Tg1 aveva definito l’arrivo di Fiore uno «sfregio dell’impegno quotidiano», Pirandello direbbe «tanta indignazione per niente». Flaiano aggiungerebbe «poche idee ma confuse». Una difesa del proprio orticello senza pensare che Fiorello lo renderebbe più fertile. Parla l’Usigrai, tacciono i giornalisti se non dietro comunicati collettivi. Tace anche la direttrice, Monica Maggioni che in questo momento di passaggio di consegne è attenta a non scivolare prima del previsto. Il suo pensiero trapela solo da comunicato del cdr di cui sopra dove si riferisce che anche la direttrice è preoccupata per questa riduzione degli spazi editoriali. Cinquanta minuti dati e tolti fanno scoppiare la guerra in una Rai in ambasce per i cambi di caselle dettati dalla nuova maggioranza ma non per la costruzione del futuro, quello che passa per la conquista delle nuove generazioni che guardano Fiorello, appunto, e non il Tg1 del mattino. Magari una collaborazione tra informazione istituzionale e satira avrebbe aperto ai giovani se non una porta, almeno una finestra, affacciata su viale Mazzini.
Invece è andata così. E nessuno si stupisce perché assistere alle vicende di Viale Mazzini è come accomodarsi davanti a una telenovela messicana dove sai quel che accadrà, anche se aspetti il colpo di scena. Tra i protagonisti di questa puntata il mitico Leonardo Metalli, membro del cdr che in una lettera a Fiore evoca Renzo Arbore capace di lavorare d’amore e d’accordo con il Tg2 ai tempi di Indietro tutta. E rimprovera i giornali che non hanno capito niente e come al solito hanno seminato confusione e zizzania. L’importante è non assumersi responsabilità, non fermarsi per ragionare, non cedere niente, né minuti, né privilegi. Tanto alla fine la strategia è vincente. Anche con Carlo Fuortes che invece di impuntarsi per la trasmissione di Fiorello ha iniziato a fare marcia indietro spiegando che si sta ancora cercando una giusta collocazione.
La Rai è un azienda, ma dentro ci sono tanti principati, che guardano al proprio benessere e non al benessere generale. Questo il senso delle parole dei dirigenti Rai che hanno sottolineato come Fiorello «sia un vero e proprio asset aziendale», capace di fare da volano come è stato per Raiplay. «Il progetto di spettacolo su cui si sta lavorando sarebbe una grande operazione sia industriale che di marketing per rafforzare la fascia del mattino e di traino della edizione del Tg1 delle 8», sottolineano i manager di Adrai. D’altronde cambiare qualcosa in Rai sembra una missione impossibile. Si parla da anni di una Newsroom, sul modello della Bbc, per svecchiare il modello e soprattutto abbassare i costi, ma nemmeno Fuortes è riuscito a cambiare il modello tripartito dei telegiornali targato prima Repubblica.
Adesso è il tempo della diplomazia, della trattativa per non deludere nessuno tranne gli spettatori. E così Fuortes e il direttore Intrattenimento Prime Time Stefano Coletta sono al lavoro. Sul tavolo tre possibilità: andare dritti per la propria strada confermando orario e rete; spostare l’ora del programma a dopo le 9 (sarebbe un autogol visto che a quell’ora la gente sta in macchina o in ufficio); oppure cambiare canale. Ma Fiorello potrebbe anche decidere di rinunciare. Rai, non sei degna di me.