la Repubblica, 20 ottobre 2022
Le stanze del Quirinale che hanno fatto la storia
È una stanza che ne ha vista passare di storia. All’epoca in cui il Quirinale ospitava la sede dei Pontefici era la camera estiva del Papa. Ora lo Studio del Presidente alla Vetrata è il teatro delle consultazioni per la formazione del governo: qui, da oggi, Sergio Mattarella riceverà le delegazioni dei partiti. Alzando gli occhi al soffitto neorinascimentale Giorgia Meloni potrà ammirare il fregio dipinto con gli angioletti. Il Quirinale è un magnifico museo. I capi dei gruppi vengono fatti accomodare sul divano, di fronte tre sedie, occupate dal Capo dello Stato, dal segretario generale Ugo Zampetti e dal consigliere giuridico, Daniele Cabras, cui spetta il compito di redigere il verbale. I leader espongono le loro valutazioni, formulano le loro richieste. Stavolta i giochi sono fatti. Conterà infatti quel che avrà da dire il centrodestra, che proporrà Meloni come premier.
Noi vediamo solo la parte pubblica. Il commesso che apre la porta che dà sul corridoio alla Vetrata, dove sostano in gran numero telecamere e giornalisti, e dove i leader si fermano per riferire quanto hanno appena detto al Presidente. Tra lo Studio e il corridoio c’è una stanza, detta del Bronzino, dove i capigruppo possono concordare la loro versione. Ad aprire il gran ballo alle 10 sarà il presidente del Senato, Ignazio La Russa. La giornata si concluderà alle 19, con la delegazione del Pd. Domani il centrodestra.
Sono un grande rituale democratico, le consultazioni. Il Presidente della Repubblica ascolta tutti, i big del Parlamento, come la Svp, che ha cinque parlamentari. Tutti possono dire la loro. A cosa servono le consultazioni? Sono una prassi costituzionale con cui il Presidente, prima di affidare l’incarico al premier, saggia la volontà del Parlamento: l’incaricato dispone di una maggioranza solida? C’è unità d’intenti tra gli alleati? La nomina non deve cadere nel vuoto, ma ottenere la fiducia del Parlamento quando il capo del governo, dopo il giuramento, vi esporrà il suo programma. Pertanto, come spiega il costituzionalista Francesco Clementi, è fondamentale per capire se la scelta andrà a buon fine.
Il premier presenta la lista dei ministri, una volta sciolta la riserva, ma l’ultima parola è del presidente della Repubblica, cui spetta la nomina dei membri del governo. Nel ’94,primo esecutivo Berlusconi, Scalfaro disse no a Previti ministro della Giustizia: andò alla Difesa. Nel 2014, governo Renzi, Napolitano stoppò Gratteri alla Giustizia: si scelse Orlando. Nel 2018 Mattarella disse no a Savona ministro dell’Economia. Conte rassegnò le dimissioni e il Presidente spiegò così la sua scelta al Paese: «Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia. La designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che al di là della stima e della considerazione per la persona non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoriuscita dell’Italia dall’euro».
Nel 2005 Berlusconi propose Francesco Storace alle Comunicazioni. Allora Maurizio Gasparri telefonò al segretario generale Gifuni per informarlo che Alleanza nazionale non gradiva Storace; Ciampi ne chiese conto a Berlusconi, Gianfranco Fini, furibondo, strapazzò Gasparri (che ambiva a quel posto), e alla fine la spuntò Mario Landolfi. Storace andò alla Sanità.
Cosa succede nei colloqui? Mattarella perlopiù ascolta le richieste, interloquisce con brevi domande. Ma talvolta spiega anche la cornice nella quale bisogna muoversi: il rispetto degli equilibri internazionali e la salvaguardia dei conti pubblici: così fece nel 2018, dopo la vittoria dei populisti. È un perimetro che vale anche oggi, naturalmente.
Al loro arrivo al palazzo le delegazioni vengono ricevute da un funzionario del cerimoniale, all’uscita dell’ascensore, una volta saliti al piano, trovano invece il capo del cerimoniale. I presidenti delle Camere sono accolti invece dal picchetto d’onore. Mattarella attende i suoi ospiti sull’uscio dello studio. Al termine delle consultazioni conferisce l’incarico, il premier accetta con riserva, solo in quattro casi ha detto sì senza riserva, l’ultimo fu Berlusconi nel 2008. Solamente due volte non si sono tenute le consultazioni: nel maggio 1948 (governo De Gasperi) e nel 1953 (Pella).
Oggi e domani sono attesi numerosi giornalisti stranieri. Gli occhi sono tutti su Giorgia Meloni. Alla fine del rito il commesso aprirà la porta e il segretario generale Zampetti comunicherà la decisione del Presidente: e a quel punto il mondo saprà.