Corriere della Sera, 20 ottobre 2022
Mondiali, le beghe dei campioni che non brillano in campo (e non solo)
Un mese vola, un mese cambia faccia, ma le grandi stelle del primo Mondiale autunnale – che inizia il 20 novembre – sono come le luminarie di Natale: spente, ancora in magazzino, in certi casi impolverate. Non tanto (o non solo) per il loro rendimento, ma anche per quello che accade fuori dal campo, fra tribunali, tribune politiche e tribune reali. Quelle con i seggiolini da dove si sta per rialzare Romelu Lukaku, fuori dal 28 agosto per infortunio e quasi pronto a trascinare l’Inter e il Belgio. E quelle dove siede spesso Ronaldo, avviato al tramonto tiepido del Qatar ma per adesso senza quella luce che rende memorabili le cose prima del buio. A trenta giorni dal Mondiale il portoghese è ancora qui che sbuffa quando viene sostituito, come domenica contro il Newcastle (unico dei titolari a uscire) e spera di trovare una via di uscita da Old Trafford già a gennaio, non prima di aver dimostrato a tutto il mondo di essere sempre lui.
CR7, a differenza di Messi, non ha detto che questo sarà il suo ultimo Mondiale. In questi giorni ha perso anche Diogo Jota che doveva essere la sua spalla in Qatar e lunedì ha avuto la riprova che la fase calante è iniziata da un po’: per la prima volta dal 2006 il suo nome non è rientrato fra i primi dieci del Pallone d’Oro e il ventesimo posto certifica il suo status, più defilato.
Messi se la passa sicuramente meglio, non fosse altro per il fatto che a differenza del Portogallo la sua Argentina è una delle grandi favorite. Al Parigi Leo ha fatto cinque gol e sette assist, si è tolto anche quella cappa di tristezza che lo avvolgeva il primo anno lontano da Barcellona e prosegue nel suo avvicinamento all’appuntamento più atteso. Tutto tranquillo quindi? A parte il fatto che l’acquisto di Messi da parte del Psg martedì è finito davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue (perché le regole finanziarie tra Liga e Ligue 1 creano disparità), la convinzione in Argentina e in parte anche in Catalogna è che Leo a luglio tornerà al Barça. Da campione del mondo sarebbe la chiusura ideale.
Neymar in tribunale c’è finito di persona proprio a Barcellona, per guai che risalgono al 2013 e al suo trasferimento dal Santos: i suoi vecchi agenti sostengono di essere stati frodati di diversi milioni a vantaggio del padre di O Ney. L’accusa chiede 147 milioni di risarcimento e il calciatore rischia fino a 5 anni. Il 31 ottobre si saprà come va a finire, ma ieri Neymar è stato attaccato da Lula, in corsa per tornare presidente nel ballottaggio del 30 ottobre contro Bolsonaro: «Penso che Neymar abbia paura che se vinco io venga reso noto l’importo che Bolsonaro gli ha condonato per l’imposta sul reddito». Ma lo stesso Lula ha poi aggiunto di non essere arrabbiato con la stella della Seleçao: «Le tasse sono un problema per il fisco, non per un presidente». Quindi poi chissà, se Neymar porta la sesta Coppa, se ne riparlerà.
Chi è già stato un affare di Stato, con il suo no al Real per restare in Francia caldeggiato da Macron, è invece Kylian Mbappé, il più giovane dei fenomeni e l’unico ad aver già vinto il Mondiale, nel 2018. Condizioni ideali per chiunque, ma non per lui, che a Parigi sembra non volerci più stare, nonostante le smentite. E che lunedì, quando un altro compagno, ma di Nazionale come Benzema, ha alzato il Pallone d’Oro, aveva un’espressione delusa, a dir poco. Ma nessuna stella può brillare da sola. Per fortuna.