La Stampa, 19 ottobre 2022
Intervista a Oliviero Toscani. Dice che serve un partito armato (di intelligenza, di sorriso, di ironia)
«Serve un partito armato». Cominciamo bene Toscani: il partito armato. «Ma cosa ha capito? Vorrei formare un partito armato di intelligenza, di sorriso, di ironia. Un partito armato di intelligenza». Oliviero Toscani non si arrende all’obiezione che difficilmente un simile partito prenderebbe più di una manciata di voti e rincara la dose. «La Resistenza non dobbiamo lasciare che la facciano gli altri. Ognuno di noi deve partire subito e farla a modo suo».Toscani, questa Resistenza può partire dal non volere le foto di Mussolini nei luoghi pubblici e nei palazzi della politica?«No, io trovo che questa sia una posizione sbagliata. Non è che togliendo la foto di Mussolini automaticamente si cancella il fatto che Mussolini sia stato ministro delle Corporazioni».Sbaglia Bersani a non volere la sua foto nello stesso elenco di quella di Mussolini?«Non è che sbaglia a non voler la sua foto lì: è che tutti e due hanno svolto quell’incarico e non è che togliendo una delle due foto la storia si trasformi».Lei vorrebbe la sua foto accanto a quella di Mussolini?«Io la foto di Mussolini non la voglio a casa mia. Ma le foto che hanno un senso storico, nei luoghi storici, servono a farci riflettere su quello che siamo stati. Le foto servono a ricordarci il nostro passato. Come il palazzo stesso di Piacentini, o l’obelisco del Foro Italico. Io credo che la Rivoluzione Culturale di Mao abbia sbagliato a cancellare le icone del periodo precedente. Certe immagini vanno tenute perché fanno riflettere su quello che eravamo. Io non voglio cancellare il passato, non bisogna cancellare il passato. Tutti i simboli vanno tenuti, soprattutto quelli negativi perché fanno riflettere. Se non c’è l’immagine va a finire che qualcuno potrebbe dire che certe cose non sono nemmeno esistite».Il punto forse è proprio questo: non vogliamo riflettere su quello che eravamo e che abbiamo permesso che esistesse?«Qui c’è una questione di rimozione, ma non è che buttiamo via le foto del nonno perché era vestito da balilla. Certo, è vero che molti di quelli che erano in camicia nera, dal giorno stesso della caduta del fascismo hanno iniziato a negare di averla mai indossata. Ma la gente lo ricordava: ma guarda che avevi la camicia nera fino a cinque minuti fa!».Perché facciamo ancora così tanta fatica a staccarci dal fascismo o a fare i conti con il suo fantasma?«Perché il fascismo lo abbiamo inventato noi italiani, è nel nostro Dna. Il fascismo è l’espressione tipica del nostro carattere nazionale: non c’è nessun popolo corrotto e corruttore come l’italiano, almeno tra i paesi democratici. Corrotto, corruttore e corruttibile. Qui da noi è tutto un “Vai a nome mio che ti fa lo sconto… io conosco questo e quello… il dottore, il vigile, il sindaco”. È tutta una corruzione. Il nostro è un Paese fatto così, che si basa sulle conoscenze, il familismo, il nepotismo. Il fascismo solo da noi poteva nascere. Anche la sinistra italiana, anche il comunismo italiano sono pieni di espressioni fasciste. È incredibile. È un atteggiamento. Siamo intrinsecamente affascinati dell’uomo forte. Era così con Mussolini, è stato così con Berlusconi. Era così anche con Draghi. Ora molti vogliono un governo forte, cosa diavolo vuol dire?».Perché abbiamo storicamente questa dipendenza da qualcuno o qualcosa che consideriamo forte e protettivo?«Abbiamo dei complessi ancestrali. Probabilmente è un fatto legato all’educazione, la mamma, la famiglia. C’è questa centralità dei figli, del figlio maschio in particolare, il capolavoro, il genio al quale tutto è concesso e il cui successo è mitologico. Il maschio italiano è stranissimo, ha un’educazione tremenda. Ogni maschio italiano e il più bello e il più bravo e buono per la sua mamma. Dovremmo invece essere un po’ più orfani. E questa fascinazione verso il maschio forte amato e giustificato dalla mamma non è solo di destra, anzi: c’è spesso una sinistra di rompicoglioni. Anche se ormai è una sinistra che non è più sinistra».Lei di cosa si sente orfano?«Io mi sento mito orfano di una sinistra contemporanea, moderna. Mi insultano a destra perché dico e penso che Meloni e i suoi siano inguardabili, ma io più di tutto vorrei sapere che fine ha fatto la sinistra, dove e quando si è sciolta».Ora c’è la destra al comando, la destra estrema di Meloni che grida in Spagna da Vox, ma anche quella più rassicurante di Meloni che ottenuti i voti si fa più rassicurante. Quale Meloni è più vera?«Meloni è un insieme di due immagini. Quelli che l’hanno votata perché fascista forse ora sono delusi di come tiri il freno a mano. Ma lei è l’immagine di questo momento storico. O ci mettiamo a piangere oppure a ridere. Piangere non serve e allora meglio ridere. Il teatro dell’assurdo di Ionesco in confronto all’Italia è una roba seria. Il salvatore dell’Italia è ancora Berlusconi, se non fa ridere questo? Siamo matti. L’unica speranza è che tra qualche anno rideremo guardando indietro. La Russa è presidente del Senato. Deve essere uno scherzo, per forza. In Francia Jospin, Sarkozy sono spariti: hanno fatto il loro lavoro e poi sono spariti. In Italia non è così, si resta in politica finché non crepi. Ed è così anche oltre la morte: Mussolini non ce lo togliamo più perché è nel nostro Dna, non c’è niente da fare. Facciamo ridere: ora vogliono vendere il governo con nomi di alto livello».Non le pare che i nomi che si stanno facendo per il prossimo esecutivo siano di alto livello come promesso?«Ma quale alto livello? Purtroppo in Italia quando sei mediocre fai politica. La politica assorbe i mediocri che in politica possono fare carriera. È strano perché è pieno di italiani di valore e di successo all’estero, in tanti campi: dappertutto ci sono italiani che producono eccellenza. L’unica cosa in cui non produciamo talenti è la politica. Nessuno è stato esempio politicamente al resto del mondo. Il più famoso è stato Mussolini, dopo di lui Berlusconi. E Berlusconi ha rovinato l’Italia, bruciato la decenza che bene o male noi avevamo. Lui è stato la vera rovina dell’Italia, peggio di Mussolini».Ora la sua immagine è un poco annebbiata, eppure è ancora al centro delle cose, nel vivo delle trattative.«Ma lo lasciano esporsi in quella maniera impresentabile. Quei capelli, la faccia, i denti, le liste: è un mostro impresentabile, mi imbarazzo per lui, poveretto. Del resto quello è lo stile Mediaset, le sue reti hanno quel gusto lì. Il gusto è come lo zucchero, o il sale: va messo nella quantità giusta, altrimenti rovina tutto. E lui ha troppo gusto, ne mette sempre troppo».Invece com’è l’immagine di Giorgia Meloni?«Quando parlo di Giorgia Meloni poi me ne dicono di tutti i colori. Ma io non la sopporto anche esteticamente. Mi dà fastidio come parla, strabuzzando gli occhi, come posseduta. È tutta sbagliata, la regina di coattonia».Non sarebbe interessato a fotografarla?«No, è di una banalità unica. La sua volgarità non è neanche interessante, è la Wanna Marchi della politica. Un’imbonitrice che strabuzza gli occhi e grida non si sa perché né a chi “è finita la pacchia”. Ma quale pacchia? La cosa incredibile è che noi tutti li lasciamo fare, altro che manicomio».Quindi niente foto, ma partito armato di intelligenza e Resistenza del sorriso?«Bisogna avere il coraggio della risata, del sorriso. Il vero e grande eroe del nostro tempo è Khasha Zwan, il comico che è morto ridendo in faccia ai talebani. Piangere non serve a niente. Bisogna ridergli in faccia. E resistere». —