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 2022  ottobre 18 Martedì calendario

Intervista a Marracash

Un rapper verrà presto incoronato re nel tempio della Canzone d’autore. Marracash ha vinto la Targa Tenco per il Miglior album dell’anno con il suo disco intitolato Noi, loro, gli altri. Il 20 ottobre, sul palco del Teatro Ariston di Sanremo, il rapper milanese segnerà una svolta per la musica italiana, un punto oltre il quale non sarà più possibile tornare indietro: il rap e la canzone sono ormai da considerare come una cosa sola. Dopo i successi di vendite, dopo la collaborazione con Vasco Rossi sul brano La pioggia alla domenica, a 43 anni c’è un’altra grande soddisfazione per il rapper del quartiere Barona. Ci sentiamo all’indomani della conclusione del suo Persone tour, ovunque sold out con 150 mila biglietti venduti in 17 palazzetti e un concerto all’Arena di Verona.
Un tour impegnativo.
«Sono felice di essere arrivato vivo al Tenco. Nel tour ho proposto un concerto molto spinto, sono arrivato allo stremo delle forze, in una delle ultime date mi sono procurato uno strappo lanciando una maglietta, il che la dice lunga sul mio livello di stanchezza».
Porta il rap dove si celebra la canzone d’autore, si considera un pioniere?
«Direi di sì, perché sono il primo interno e benvisto dalla scena hip hop italiana. Caparezza, che vinse la targa per il disco dell’anno nel 2014, era un elemento esterno al giro. Non nascondo che ho sempre cercato questo tipo di riconoscimento. Questo premio mette fine al mio senso di frustrazione, la critica mi ha a lungo ignorato».
Di sicuro non è mancato il riconoscimento del pubblico, specialmente per gli ultimi due album.
«Sicuramente gli ultimi due dischi erano più a fuoco e avevano qualcosa che poteva arrivare al grande pubblico ma le radici di ciò che trovi nei miei due ultimi album ci sono sempre state. È il grande pubblico ad essere cambiato e ad essersi accorto che nei miei dischi c’è anche altro. Da una parte è caduto un grande pregiudizio, che io credo di aver contribuito un po’ a sfatare, e cioè che il rap sia un genere per ragazzini, vuoto e materialista; dall’altra è accaduto qualcosa nel mondo, la pandemia, una sveglia per tutti per fare i conticon la propria vita, con il proprio mestiere, personalmente con lo stile di vita di cantante di successo.
Persona raccontava di una crisi, ma una crisi che era di tutti: artista e pubblico in quel momento si sono incontrati, Persona ha anticipato una riflessione e hacolmato un vuoto di contenuto in molti testi rap, è stato come acqua nel deserto. ENoi, loro, gli altriha continuato in quel solco».
Nell’album premiato dal Tenco c’è un brano, “Pagliaccio”, che critica proprio il rap italiano.
«Sì, in particolare il rap di stradache, dopo un inizio di nicchia, ora è diventato una tendenza commerciale e pare che tanti ragazzi facciano reati quasi per crearsi un vissuto da raccontare.
Molti imitando pose da gangster per sentito dire, altri invece che purtroppo ci si scontrano davvero».
Da qualche tempo nelle grandi città i rapper sono spesso al centro di fatti di cronaca nera.
«Io li condanno, ma va considerato che sono molto giovani e che alle loro spalle c’è un fallimento personale delle loro famiglie e allo stesso tempo un grandissimo fallimento del ruolo dello Stato. In passato ho dichiarato il mio grande interesse per il fenomeno del rap degli immigrati di seconda e terza generazione perché esprime la rabbia delle periferie delle metropoli, una vera polveriera. E sono convinto che escludere e non ascoltare il loro disagio non può che complicare le cose».
Tra rap e canzone, chi racconta meglio il mondo?
«Ci sono esempi positivi anche nella canzone d’autore ma bisogna per la maggior parte guardare ai grandi cantautori del passato. Oggi è difficile nominare qualche grande cantautore, si finisce sempre nel fare i soliti nomi: Vasco Rossi, De Gregori e artisti del passato come Lucio Dalla, in questi casi la canzone d’autore è una forma di comunicazione superiore rispetto al rap. In questo momento, però, nella canzone mancano gli autori, c’è un’industria di cinque o sei nomi che circolano e si ripetono in ogni brano, firmano in pratica tutto il panorama della musica italiana, che è per questo diventata puro entertainment. Al contrario in questo momento il rap, almeno quello ben fatto, è l’unica musica d’autore».
Nell’album premiato con la targa, in copertina c’è la sua famiglia: i suoi genitori, suo fratello, i suoi nipoti e accanto a lei c’è Elodie, sua fidanzata fino a poche settimane prima della pubblicazione. Con il senno di poi, avrebbe voluto una foto diversa?
«Ci sarebbe stato anche il tempo per cambiare ma non l’ho fatto, sarebbe stata “cancel culture”, come buttare giù la statua di Cristoforo Colombo perché ha scoperto l’America. Credo non ci sia nulla di male nel fatto che due persone si lascino. E anche se io ritenessi sbagliato quanto è successo o se ci fossimo lasciati in una maniera brutta, penso che gli errori che si fanno non si cancellano, sarebbe come mettere la testa nella sabbia. Quella foto vuole rappresentare il mio “Noi” in quel momento. Altre persone della foto non ci sono o non ci saranno più con me tra qualche anno».