La Stampa, 18 ottobre 2022
Intervista a Slavoj Žižek. Parla di sesso
Chi è la donna? «Una tartaruga indaffarata a spezzare i vincoli del guscio ideologico del patriarcato», quella gabbia che le dice chi è, che ruolo ha, cosa deve desiderare. Chi è l’uomo? Il re è nudo, in tutti i sensi: un essere che «prova ad arrivare alla sua identità fallica simbolica, ossessionato dal dubbio: sono davvero un uomo?».
Slavoj Žižek lascia l’attualità della riflessione politica e sociale per portarci ancora una volta dentro la natura archetipica di noi stessi. Prende uno specchio e ci toglie i vestiti. Nell’ultimo libro Il sesso e l’Assoluto, appena uscito per Ponte alle Grazie, il filosofo sloveno scava ed esplora, tra Lacan, l’idealismo tedesco, la fisica e l’immancabile cultura cinematografica, le fondamenta delle relazioni tra i sessi, in un’epoca di edonismo sfrenato. Rapporti di gabbie e potere.
Viviamo tra piacere ed egoismo, diventato valore Assoluto. Cos’è il Buddismo occidentale?
«Un’attitudine spirituale verso il mondo, ma sottile, non brutale. Non è il “voglio sesso denaro potere”. Punta a realizzare se stessi, ma la lezione è “fai quello che vuoi, divertiti, ma in modo moderato, da non rovinarti”. Ho letto una ricerca sui top manager americani, da Bezos a Bill Gates, che parlava di un edonismo liberale di sinistra, che produce immediatamente forme di censura. Il paradosso è pensare a un edonismo fortemente regolamentato. Il mondo s’è ribaltato: quelli che fingono di sostenere i cosiddetti valori cristiani tradizionali, nella vita infrangono tutte le regole, umiliano gli altri e così via. Pensiamo a Trump, neo conservatore, pro valori familiari, contro l’aborto, poi guardate come reagisce in pubblico, pieno di volgarità, commenti sessisti. Oggi è la sinistra che cerca di parlare in modo più dignitoso. E la nuova destra è volgare. Vi ricordate il 6 gennaio 2021, l’assalto al Congresso? Alcuni miei amici di sinistra piangevano. Aspettate un attimo: la nuova destra ci ha persino rubato la grande rivolta popolare?».
Lei parla di desiderio maschile e femminile, che nel sesso non si incontrano mai. Tutto così rigido e determinato? Ma non eravamo singolarità?
«Ciascuno di noi è una singolarità, ha una struttura unica di fantasie. Ma aggiungerei che tale esistenza singolare è sempre mediata dagli altri: prendiamo pezzi di fantasie che non sono nostre, anche dalla cultura popolare, e le trasportiamo dentro di noi. La mia storia preferita sul misunderstanding del sesso l’ho letta sul Guardian, era un commento a un breve documentario sulla realizzazione di un film pornografico. Succede che, nel bel mezzo dell’atto sessuale, l’uomo faccia un passo indietro e perda l’erezione, e dica: “Per favore, datemi l’iPhone, devo andare su Pornhub per eccitarmi”. Non è questa l’assurdità massima? Voi siete lì. Intimi con il reale, supponiamo un uomo o una donna sexy. Avete bisogno di guardare lo schermo e lavorare di fantasia? Ma credo che questa sia la lezione di Freud, così funziona il sesso normalmente. Tu o io non siamo mai soli con il nostro partner. Userò la formulazione di Lacan: spesso si dice che la masturbazione è sesso con un partner immaginato. Io ribalto la questione: il vero sesso nella maggior parte dei casi è masturbarsi con il vero partner, si usa l’altro solo come un inizio approssimativo, per proiettare desideri, e si riduce l’altro a un oggetto. Avete bisogno di un supporto reale per giocare con le vostre fantasie».
E l’amore? Liquidato così?
«Al contrario, e ci arrivo. I miei amici dicono che sono troppo romantico. Sapete cosa succede per me in amore? Nell’amore vero, l’altro non è completamente conosciuto, è un abisso, un vuoto impenetrabile. Se ci si ferma alla sessualità, come ho spiegato prima, non riusciamo mai ad avere l’altro. Nella vita reale, invece, il partner non è un’idea, è accettato con tutti i suoi fallimenti. Ho inventato anni fa la definizione del mio appuntamento sessuale perfetto».
Un appuntamento al buio?
«No. Scusate l’impertinenza ma dobbiamo chiamare in causa un dildo di plastica per le donne e un oggetto elettrico simile per gli uomini, una specie di vagina artificiale. Ora diciamo, io vengo a trovarti o tu vieni a trovare me. Tu porti il tuo dildo. Io la mia vagina di plastica. Li colleghiamo tra loro e all’elettricità e premiamo i pulsanti. Loro lo fanno per noi. Noi, intanto, possiamo bere una tazza di tè e discutere di filosofia. È depressivo, lo so, ma è qui che ci stiamo lentamente avvicinando».
Sta dicendo che il sesso è una superflua illusione?
«No, no. La mia invenzione di due organi sessuali di plastica che si divertono per noi non significa che il sesso sia finito. Noi parliamo, poi magari, per caso, la tua mano tocca la mia. Il dovere di oggi è quello di godere, abbiamo detto. Molti psicoanalisti mi dicono che la maggior parte dei pazienti si lamenta di non riuscire a godere abbastanza nella vita. La mia soluzione: lasciate che la macchina goda per voi e poi, forse, quando vi libererete di questa pressione del super-Io che deve godere, potrete ottenere un po’ di vero godimento libero, oggi molto difficile».
Così spiega la precarietà delle coppie?
«L’attaccamento amoroso permanente ormai è considerato patologico. L’idea è che per essere un vero soggetto contemporaneo devi sperimentare. Amici dell’America Latina, probabilmente la terra più promiscua, mi hanno detto che 50 anni fa se un marito o una moglie tradivano, questo era considerato un sintomo. Come dire: “Oh mio Dio, cosa c’è di sbagliato in te? Perché scappi da uno all’altro?”. E dovevi andare in psicanalisi. Oggi, almeno in Brasile e in Argentina, se sei fedele al partner, questo è considerato un sintomo. “Perché sei così drammaticamente fissato? Perché il vostro amore non è più dinamico? Stai ripetendo la fissazione per tua madre o per chiunque altro?”. Io sono a favore dell’amore, non contro il sesso. Avete mai avuto la sfortuna di leggere il Marchese de Sade? Riuscite a immaginare qualcosa di più noioso? Mi piace sottolineare questo paradosso dell’amore: deve essere libero. Non posso ordinarti di amare qualcuno. Non si sceglie mai chi amare. Se dici: “Quel ragazzo/a ha i capelli migliori, l’altro ha il corpo migliore”, cioè se fai una scelta, questo non è amore. L’amore è: scoprire all’improvviso di essere innamorati. Intima necessità. In questo senso, sono a favore della fedeltà, ma non nel senso istituzionale religioso. Il matrimonio è qualcosa di molto cinico. Significa: sei innamorato, ma ci sarà un tempo in cui forse non lo sarai più. Il sesso invece penso che sia un grande pasticcio. Non esiste una formula primordiale, poi corrotta dal patriarcato. La forma più triste e disgustosa di maschilismo è quando un uomo non solo si aspetta da una donna che dica sì e gli permetta di possederla, ma pretende anche che lei partecipi come vuole lui».
Il sesso come umiliazione maschilista?
«Sì. Ho avuto amici il cui piacere era di eccitare una donna, penetrarla, e poi quando era completamente calda, dicevano: “Scusa, non mi va più, a me va bene così”. È chiaro che lo scopo era umiliarla. Conoscevo donne che facevano lo stesso. Ho rotto l’amicizia».
Il patriarcato, però, è vivissimo. Come se ne esce?
«Partirò dall’Italia. Avete notato quando Giorgia Meloni ha vinto? La leader, che non voglio definire fascista, ma diciamo radicale, populista di destra, neo fascista, ha giocato sul fatto di essere una donna (scusate per questa svolta sciovinista), ma il suo partito si chiama Fratelli d’Italia. Perché non “Sorelle?”. Sarebbe un segnale. Invece, siamo ancora nell’ordine della fratellanza, nel legame maschile, di aggressività, competizione, conquista. Non solo in Italia. Guardiamo al Regno Unito, una società ancora razzista, ma quanti conservatori oggi sono di origine indiana, stranieri? Voglio dire che non bisogna sottovalutare la capacità del sistema di approvare, a un certo livello superficiale, le rivendicazioni antirazziste e antisessiste, ma di integrarle nel suo funzionamento. Horkheimer e Adorno, già alla fine degli Anni 30, notarono che il declino dell’autorità paterna portava all’ascesa di nuove oscene forme di dominio. Hitler non è una figura paterna. È più simile a un fratello che impazzisce, anche un po’ infantile con i suoi sfoghi storici. Trump non è una figura paterna. E soprattutto Stalin».
Meglio il padre padrone del dittatore?
«Alcuni psicologi, teorici sociali, persino psicoanalisti, sostengono che negli ultimi 50 anni se si perde il nome del padre si finisce nel caos sociale, in personalità narcisistiche e così via. Rifiuto totalmente questa conclusione. Ma continuo a pensare che i movimenti politici debbano avere un leader, uomo, donna, non importa. È il problema di oggi».
Un leader di che tipo?
«Emancipatore. Il cui messaggio non sia come quello di Stalin: “Io so meglio di voi cosa è bene, quindi obbeditemi”. Un leader il cui messaggio sia: “Potete farlo, vi apro uno spazio”. Non idealizzo Nelson Mandela come persona, ma il suo mantra era: “Possiamo raggiungere la libertà”. Basta dare speranza. Anche Obama, sebbene in seguito abbia deluso, disse: “Yes we can"».
Mi sta nominando solo leader maschi, se ne rende conto?
«Sono d’accordo. E questo mi preoccupa. Sono a favore delle quote rosa e così via. Sono un bene per motivi etici e pragmatici. Ma, come mi ha insegnato la psicoanalisi, cerco sempre il lato oscuro, e cioè che il sistema si sta già preparando a mobilitare le donne per adattarsi al nuovo autoritarismo. Ricorda Sarah Palin? Il sistema è impegnato a costruire nuovi ruoli per le donne, usando il loro volto gentile per perpetuarsi. Sapete qual è la mia lezione?».
Ci dica.
«L’ho scritto quando è morta Margaret Thatcher. Non abbiamo bisogno di una femminilità gentile. Donne che parlano solo di compassione, cooperazione. Abbiamo bisogno forse di una Thatcher di sinistra. Gentile, dura quando deve».
Donne che vanno alla guerra?
«Penso che, come la storia ha dimostrato, negli stati di emergenza il leader ideale sia donna. Il perché lo spiegherò con Elisabetta I. Cercò di rimandare la guerra contro l’Armada spagnola il più possibile per evitarla. Oggi penso che una donna avrebbe fatto un lavoro migliore con Putin, nel trattare in modo più furbo e sottile. Abbiamo bisogno di evitare che la sconfitta della Russia significhi l’atomica. Dobbiamo offrire una storia russa alternativa a Putin. La Russia non è piena di folle entusiasmo nazionalistico. E questo è un lavoro per una donna». —