La Stampa, 18 ottobre 2022
L’Alaska vieta la pesca dei granchi da neve. In tre anni sono passati da 8 miliardi a uno
Dopo le aragoste del Maine, i granchi dell’Alaska. Il riscaldamento globale colpisce le acque dei mari nel Nord America, innalza le temperature e spinge sempre più lontano dalle coste i crostacei complicando la vita e il lavoro ai pescatori.
In Alaska sono corsi ai ripari annullando per la prima volta nella storia la stagione della pesca dello “snow crab”. Ambientalisti soddisfatti, ma economia a rischio visto che quello dei granchi è un mercato redditizio. Nei ristoranti e nelle grandi catene dei supermercati Usa i “crab” sono piatto assai diffuso e apprezzato. A complicare ulteriormente lo scenario è giunto pure il divieto alla caccia di un altro crostaceo dei mari del Nord a rischio estinzione, il granchio reale. È la seconda stagione consecutivo che scatta il bando.
I numeri d’altronde sono impietosi: nel 2018 c’erano oltre 8 miliardi di granchi delle nevi, nel 2021 se ne «contava» circa un miliardo. Colpa del riscaldamento delle acque del Mare di Bering, fra Alaska e Russia, dove vivono in prevalenza questi crostacei.
Come tutti gli animali artici i granchi hanno bisogno di acque gelate per sopravvivere, spiegano gli ambientalisti. Il riscaldamento del mare accelera il loro metabolismo, costringendoli a cercare più cibo con il rischio di morire di fame. L’eccessivo calore delle acque ha anche ridotto l’habitat degli “snow crab” e in generale delle popolazioni di crostacei della zona.