La Stampa, 18 ottobre 2022
Le nuove pensioni pensate dal centro-destra
Mentre i leader del centrodestra dichiarano sorridenti che nulla potrà intralciare la formazione del nuovo governo, nel sottofondo della politica si parla rumorosamente di come rispettare le promesse elettorali in tema di pensioni. In campagna elettorale il programma di Fratelli d’Italia parlava esplicitamente (a pagina 18, per esattezza) del «diritto a una vecchiaia serena». Si sosteneva poi che con Fratelli d’Italia al Governo si avrà «flessibilità in uscita al mondo del lavoro e accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale».In questi giorni abbiamo poi visto una Giorgia Meloni molto attentata ad acquisire credibilità sui mercati e sui contesti internazionali. La candidata Premier è infatti ben conscia che il Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2023 una recessione intorno al punto percentuale e un’inflazione che certamente rimarrà superiore al 5 percento. Non si potrà quindi soddisfare le promesse elettorali con la crescita economica. Come garantire una pensione anticipata per tutti senza causare un’emorragia insostenibile ai conti pubblici è quindi una delle prime sfide che dovrà affrontare il nuovo Governo. Il problema è aggravato dal fatto che a partire dal 1 gennaio 2023 i requisiti per andare in pensione saranno quelli della legge Fornero del 2011, e richiederanno 67 anni di vecchiaia (con 20 anni di contributi, oppure 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età, con un anno in meno per le donne). Inoltre quota 102, introdotta dal Governo giallo verde nel 2019 è in scadenza, come anche “opzione donna” e l’Ape sociale, una misura assistenziale ponte per alcune categoria di lavoratori e per i disoccupati. In questo contesto, nei prossimi mesi diversi lavoratori si troveranno di fronte un vero e proprio scalone pensionistico. Una misura che molti osservatori associano ad ambienti vicini a Giorgia Meloni sarebbe quella di introdurre “opzione tutti”, ossia il principio di estendere anche agli uomini i benefici di opzione donna. In termini più concreti, “opzione tutti” garantirebbe flessibilità a chi va in pensione, sarebbe sostenibile per i conti pubblici, ma richiederebbe tuttavia un ricalcolo delle pensioni a cui si avrà diritto. Cerchiamo di capire.Sostanzialmente, con “opzione tutti” si potrebbe si andare in pensione anticipatamente, ma si dovrebbe accettare il principio che si avrà diritto a una pensione calcolata esclusivamente sulla base di quanto si è effettivamente versato. In effetti, se invece di andare a 67 anni si va in pensione a 60 (con 35 anni di contributi) si producono due effetti sul sistema. Da un lato, si smette di contribuire alle entrate dell’Inps per circa sette anni. Da un latro lato, si prende una pensione per circa 7 anni di vita in più. Il combinato disposto di questi due effetti, per mantenere il sistema in equilibrio, richiede una riduzione importante della pensione a 60 anni rispetto a quella che si otterrebbe a 67 senza usufruire dell’opzione anticipata. Nel caso di opzione donna, la riduzione imposta alle donne che esercitavano il diritto ad anticipare la pensione era superiore al 10 percento e poteva arrivare fino al 30 percento della pensione ottenuta in base alla legge Fornero.Non deve sorprendere quindi il fatto che soltanto una donna su quattro abbia usufruito di questa opzione, come ha ricordato ieri il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. I sindacati, per bocca di Maurizio Landini, paiono già sul piede di guerra e sostengono che un ricalcolo di questo tipo non sarà assolutamente accettabile. La Lega, tradizionalmente ostile alla Legge Fornero, pare invece lavorare a una proposta di pensionamento molto più generosa (chiamata quota 41), che però costerebbe alle casse dell’Inps almeno 18 miliardi. La morale di questo rumore di fondo pensionistico di inizio legislatura pare abbastanza chiara. Soddisfare le richieste elettorali del centro destra e al tempo stesso garantire sostenibilità ai conti pubblici senza scatenare l’opposizione dei sindacati e degli elettori è pressoché impossibile. Va bene mostrare sicurezza nelle dichiarazione di facciata. Se però Giorgia Meloni e il prossimo Ministro del lavoro vogliono davvero rispettare le generazioni future e non far esplodere i conti pubblici, dovranno guardare in faccia gli italiani e dire che le priorità di oggi sono la crisi energetica e il caro bollette, mentre le promessa elettorali in tema di pensioni anticipate per tutti semplicemente «non si possono mantenere»