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 2022  ottobre 17 Lunedì calendario

Truffe da 6 miliardi favorite dalla legge



Dieci miliardi di euro di fatture gonfiate, sei di crediti fiscali illegittimi di cui 1,8 già incassati e dileguati. I bonus Covid previsti dal Decreto Rilancio 2020, e in particolare quello sugli affitti non residenziali, bonus facciate e bonus sisma, hanno generato truffe vertiginose. Chi le ha ordite non ha nemmeno avuto bisogno di autorizzazioni e acquisti di materiali come per il Bonus 110%. Qui, truffatori, una rete intermediari e un plotone di prestanome hanno sfruttato una legge nata per essere aggirata con estrema facilità. Poste e Cassa Depositi e Prestiti hanno liquidato senza fiatare centinaia di milioni di crediti d’imposta inesistenti sostenendo di aver agito in buona fede e ora ne chiedono il rimborso allo Stato.
Art. 121: la falla nel comma B
Per capire il meccanismo bisogna partire dal Decreto Rilancio promosso a maggio 2020 dal governo Conte, che concede «un credito d’imposta del 60% dei canoni di locazione degli immobili commerciali, e fra l’80 e il 90% sui lavori di rifacimento facciate e adeguamento sisma».
Il credito, detraibile dalle tasse, è per la prima volta girabile ad un numero infinito di soggetti, o incassabile subito vendendolo con sconto ad istituti di credito. In particolare l’articolo 28 sugli affitti è stato emendato 40 volte da maggioranza e opposizione per allargare i benefici a ogni tipologia possibile di affitto, dalle cabine balneari ai distributori automatici di bevande. Il Guardasigilli ha vistato la legge e anche l’opposizione l’ha applaudita: la spesa stimata a carico dello Stato era di 1,5 miliardi, ma solo le truffe sono costate quattro volte tanto. Il Decreto rilancio viene approvato il 9 luglio, ignorando tutti gli alert. Durante l’iter la Ragioneria dello Stato aveva avvertito: troppe cessioni di credito d’imposta possono innescare un’economia parallela e fittizia. E l’Agenzia delle Entrate il 12 maggio aveva sollevato la stessa obiezione. Ma la direttiva politica è stata quella di far girare l’economia: i controlli si fanno dopo. Il Decreto Rilancio viene approvato il 9 luglio 2020. A settembre 2020 sul sito di Poste si legge: «Per poter accedere al servizio di cessione del credito di imposta di Poste Italiane gli interessati non dovranno presentare alcuna documentazione per istruire la pratica (..) chi ha maturato il credito riceverà la liquidità sul proprio conto».
Ai truffatori non par vero
Dal Trentino alla Sicilia, criminali e faccendieri si mettono in moto. Il meccanismo si riassume in modo emblematico con il caso che riguarda due piccole srl di proprietà dei fratelli pugliesi Maurizio e Maria Marisa de Martino: Immobiliare Vallè srl, nata a metà 2019 ad Aosta, dal fatturato quasi inesistente, e la foggiana MaMa srl, attiva nel settore costruzioni ma con fatturato che fino ad ottobre 2020 non supera i 20 mila euro al mese. Già nel mese di novembre Vallè fattura a MaMa 12,5 milioni di euro per affitti. A gennaio 2021 Vallè riceve da Mama fatture per 21,177 milioni per lavori da eseguire. Fatture elettroniche, quindi «leggibili» in tempo reale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Contemporaneamente viene comunicata sulla piattaforma dell’Agenzia la cessione del credito a terzi. A febbraio fatture per 51,816 milioni, ad aprile 136 milioni di cui 97 in un solo giorno. A giugno, l’Ufficio Antifrode, che di sua iniziativa aveva cominciato a osservare i transiti nella banca dati, vede che qualcosa non quadra ed inizia ad indagare. Intanto le società foggiane procedono tranquille: a ottobre fatture per oltre 200 milioni, a novembre per 190. La giostra si ferma il 22 dicembre 2021, quando la procura di Roma, dopo aver ricevuto un dossier dalla Agenzia delle Entrate, congela crediti fiscali per oltre 1,25 miliardi di euro. Almeno 250 milioni, però, erano già stati liquidati da intermediari come Poste e Cassa Depositi e Prestiti.
Chi incassa è il nullatenente
Perché per oltre un anno nessuno interviene? Perché nessun controllo è previsto dalla legge sull’inserimento dei crediti nei cassetti fiscali, né sulla congruenza delle somme pagate e la qualità degli immobili, che spesso non esistevano o erano stanzette sfitte. Non è richiesto di inserire copia dei contratti d’affitto, e tantomeno la verifica sui lavori eseguiti per i richiedenti di bonus sisma o rifacimento facciate. Per la cessione del credito basta darne comunicazione online sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate indicando il codice fiscale del beneficiario finale (e la legge non mette limite al numero di cessioni), quello incaricato dell’incasso. Ad incassare il cash è spesso un disoccupato, un ambulante o un incapiente, che dal punto di vista legale non rischia nulla perché la legge si rivale solo su chi ha generato la truffa.
Poste e CdP: zero controlli
Una volta che l’incapiente di turno, in cambio di una «mancia» da parte di chi ha ideato il meccanismo, cede il titolo a Poste o Cassa Depositi e Prestiti, il danno è fatto. I soldi sono spariti, e chi ha acquistato il credito ora si trova in mano titoli falsi che dovrebbe inserire in bilancio come perdite. Cosa che però non ha nessuna intenzione di fare. In un decreto di dissequestro dello scorso 13 maggio (il caso è quello della O.B. Car, una piccola concessionaria di auto umbra che ha accumulato 103 milioni di crediti inesistenti), i procuratori Raffaele Cantone e Laura Reale, scrivono che molti dei soggetti dai quali Poste ha acquistato il credito fiscale erano cittadini senza reddito o lavoro, che non hanno mai presentato un 730, ultraottantenni, pregiudicati per reati violenti e per truffe anche nei confronti di Poste. «Sarebbero bastate semplici verifiche su Google per accorgersene», scrivono i magistrati. Ma qual è l’interesse di un istituto di credito nell’acquistare crediti così rischiosi? Lo sconto.
Per esempio Poste per ogni blocchetto da mezzo milione di euro, ne pagava al cliente 415.015, sfruttando poi il beneficio fiscale per la somma intera.
Il conto a carico dello Stato
Ora il problema è che Poste e Cassa Depositi e Prestiti (ma anche qualche banca e colossi dell’energia e del gas) vogliono che lo Stato rimborsi questi crediti che non possono portare a compensazione delle tasse, sostenendo di averli acquistati in buona fede e nel rispetto della legge. A dire il vero ad aprile 2020 e ancora a febbraio 2021 l’Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia nella comunicazione «Prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi all’emergenza Covid», aveva richiamato le banche agli obblighi antiriciclaggio, e a prevenire con presidi adeguati i rischi connessi con l’eventuale natura fittizia dei crediti d’imposta. Indicazione evidentemente non seguita. Sta di fatto che Poste e Cdp, per aver ragione hanno ingaggiato una principessa del Foro, l’avvocata Paola Severino, ex ministro della Giustizia e membro del Comitato Scientifico proprio di CdP. Negli ultimi mesi alcuni crediti sono stati sbloccati, altri no, e il contenzioso passa ora nelle mani dei tribunali. Se gli intermediari vinceranno, le somme trafugate le pagherà lo Stato. Se perderanno, anche: Poste è controllata al 60% dal Ministero delle Finanze, Cdp all’83 per cento.
Draghi mette la parola fine
A seguito dell’intervento della procura di Roma, a novembre 2021 la norma che di fatto autorizzava le frodi carosello è stata integrata d’imperio dal governo Draghi, imponendo all’Agenzia delle Entrate 30 giorni di tempo per il controllo sulla cessione crediti, che non può avere più di 4 passaggi. Infatti nel corso del 2022 sono stati bloccati sul nascere tentativi di truffa per 2 miliardi. La domanda è: il parametro informatico che incrocia i dati, fa scattare un’allerta automatica che arriva al funzionario dell’Agenzia e gli dice: «Apri quel cassetto fiscale», poteva essere adottato da luglio 2020? La risposta è «si». Avrebbe rallentato l’economia? No. Ma avrebbe evitato allo Stato di foraggiare ladri e criminali.