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 2022  ottobre 17 Lunedì calendario

Chi sale e chi scende tra i Mandarini del potere


Una pattuglia di «immortali» è comparsa sul primo banco della Grande sala del popolo, alle spalle di Xi Jinping. Sono gli anziani del Partito, pensionati da molto tempo per limiti di età, ma sempre esibiti nelle occasioni cruciali per dimostrare che la Cina comunista onora le voci della saggezza, come ai tempi di Confucio. Una volta erano influenti, Xi ha combattuto le fazioni interne, usando anche lo schermo della campagna anticorruzione.
Il posto d’onore è stato riservato a Hu Jintao, predecessore di Xi e ultimo leader della «dirigenza collegiale» ideata da Deng Xiaoping per evitare i rischi del potere assoluto maoista. A 79 anni, Hu ha ricevuto un gesto di cortesia dal segretario generale, che gli ha sfiorato la spalla quasi a sostenerlo mentre si sedeva. L’ex segretario generale è sembrato un po’ assente nello sguardo, capelli folti ma bianchi: qualche sinologo ritiene che la rinuncia a tingerseli di nero intenso, come fanno invece i dirigenti in carica, sia quasi un segno di resa.
In prima fila si è rivisto Zhang Gaoli, 75 anni, l’ex membro del Politburo famigerato (in Occidente) per il caso della tennista Peng Shuai, che l’anno scorso scrisse sui social mandarini di essere stata legata a lui da una tormentata relazione, conclusa con l’imposizione di un rapporto sessuale. È stata la prima comparsa di Zhang da quel novembre 2021. Volto inespressivo, sfoggiava una capigliatura nerissima, con riporto. La campionessa Peng è ancora fuori scena, inghiottita dall’omertà del potere.
Il più vivace degli «immortali» è sembrato Song Ping, che con i suoi 105 anni è più vecchio del Partito comunista cinese, fondato nel 1921. Song a settembre ha mandato un videomessaggio ai compagni ricordando le grandi aperture al mercato di Deng Xiaoping: qualcuno ci ha letto una critica alla linea di Xi. Ma aggrapparsi ai possibili sottintesi di un ultracentenario per leggerci una fronda al segretario generale è una pia illusione.
Anche immaginare correzioni più moderate (almeno nell’economia) in base alla composizione del nuovo Politburo di «Xi III» può ridursi a pura speculazione.
A marzo 2023 terminerà l’incarico di primo ministro il tecnocrate Li Keqiang, che avrebbe dovuto guidare l’economia ma in questi dieci anni ha visto il suo spazio di manovra sempre più ristretto dall’ingerenza del leader supremo, che ha impresso una svolta verso la sinistra marxista-leninista. Due i nomi più accreditati per la sostituzione alla guida del Consiglio di Stato (il governo): Hu Chunhua, 59 anni e Wang Yang, 67.
Hu è il più giovane tra i 25 del Politburo e ha diretto la campagna per l’alleviamento della povertà tanto cara a Xi. A luglio ha rafforzato le sue credenziali firmando un articolo di elogio della politica agricola nel quale ha citato Xi Jinping 50 volte. Wang Yang è catalogato come liberista, ma data l’età servirebbe al massimo per cinque anni, tempo notevole per le democrazie occidentali, quasi un battito di ciglia a Pechino. Andrà in pensione, a 72 anni, la signora Sun Chunlan, in prima linea nella lotta al Covid, unica donna tra i 25 uomini del vertice. Potrebbe sostituirla Chen Shiqin, 62 anni, emersa nel povero Guizhou. Il Partito è e resta un club per uomini.