Corriere della Sera, 17 ottobre 2022
Il XX congresso del PPC
Davanti a 2.300 delegati provenienti da tutto il Paese, il presidente Xi Jinping ha aperto il ventesimo Congresso del Partito comunista cinese «Taiwan è nostra – ha detto –. La riunificazione sarà attuata, non rinunceremo mai all’uso della forza». Il vecchio e il nuovo potere, i volti.
X i Jinping vede «tempeste pericolose» davanti alla Cina, ma un percorso di «gloria incomparabile» grazie alla guida del Partito comunista. Sono segnali di continuità, non concilianti verso il mondo, quelli mandati con il discorso davanti al XX Congresso chiamato a dargli altri cinque anni di potere. L’applauso più potente nella Grande sala del popolo di Pechino è scattato quando il segretario generale ha ripetuto che la Repubblica popolare farà tutto il necessario per la riunificazione di Taiwan, cercando la via pacifica, ma «senza rinunciare mai all’ipotesi di usare la forza per fermare ogni movimento separatista».
Il monito agli Usa
Un monito, senza citarli, agli Stati Uniti: «La risoluzione della questione taiwanese spetta solo al popolo cinese». Sono parole già pronunciate in passato, i resoconti della stampa cinese non le mettono in primissimo piano. Ma assumono un significato più grave ricordando le grandi manovre di agosto, che hanno simulato un blocco navale dell’isola, e poi i continui voli dei cacciabombardieri cinesi intorno a Taiwan. L’offerta di Pechino a Taipei resta quella del modello «Un Paese due sistemi», che fu sottoscritto per riavere Hong Kong. Xi sostiene che grazie all’intervento del Partito la City «è passata dal caos all’ordine e oggi è governata da patrioti». Da Taipei ha risposto l’ufficio della presidente Tsai Ing-wen: «La nostra opinione pubblica ha chiaramente espresso la sua volontà di non rinunciare a sovranità territoriale e democrazia». Tra i molti applausi dei 2.296 delegati, caldo anche quello che ha sottolineato il passaggio sulle forze armate: Xi si è impegnato ad accelerarne la preparazione, perché siano pronte a proteggere «gli interessi di sviluppo nazionale». Nel discorso di un’ora e mezza in sala, «sicurezza» e «protezione» sono state citate 73 volte. Nella versione scritta, più lunga, il tema è stato citato 89 volte. Espressioni da campagna militare sono risuonate anche per il capitolo lotta al Covid-19. Xi l’ha definita una «guerra popolare totale per arrestare la circolazione del virus» e ha rivendicato che l’inflessibile linea «Zero Covid» è una grande vittoria del Partito-Stato e ha «privilegiato la vita umana». Il prezzo del successo sono i continui lockdown imposti alle città appena si individuano poche decine di contagi, i tamponi da ripetere ogni tre giorni, il rallentamento dell’economia, l’impossibilità di viaggiare liberamente all’interno della Cina e di fatto la chiusura del Paese al mondo. Però, Xi insiste con lo slogan «comunità del futuro condiviso», dice di voler «avanzare mano nella mano con i Paesi del mondo» (a patto che il mondo accetti le sue condizioni).
Il comunismo cinese
Ai cinesi ha ricordato che «dobbiamo il nostro successo al Partito, al socialismo con caratteristiche cinesi e al fatto che il marxismo funziona». Ha aggiunto il dato sul Pil, salito in dieci anni (nei suoi dieci anni) a 16 mila miliardi di euro, raddoppiato. «Oggi la Cina conta per il 18% nella ricchezza mondiale», ha osservato. Domani arriveranno i dati del Pil per il terzo trimestre, previsto in calo anche a causa della politica Zero Covid e delle varie crisi autoinnescate cercando di rimettere l’impresa e il capitale privato sotto la tutela e il controllo dello Stato. Pechino è convinta che sia un rallentamento passeggero e Xi promette «prosperità condivisa», il nuovo concetto socioeconomico per porre rimedio alla grave diseguaglianza nel tenore di vita: «Assicureremo più reddito attraverso più duro lavoro». Proseguirà anche la campagna contro la corruzione, perché «il Partito dev’essere pulito per restare il cuore della nazione e la corruzione è il cancro». Ai 2.296 delegati, Xi ha detto che i 96 milioni di comunisti tesserati debbono affrontare «una auto-rivoluzione», per «rafforzare la fiducia in noi stessi e il senso di missione gloriosa del Partito, in modo di non poter essere intimoriti dalle circostanze avverse o dalle pressioni».
Seguendo la via del marxismo, Xi promette che nel 2035 la Cina sarà un Paese a reddito medio-alto e nel 2049, quando la Repubblica popolare compirà cent’anni, sarà una «potenza guida in tutti gli aspetti». Una lunga parte del percorso il segretario generale pensa di poterla guidare.