la Repubblica, 17 ottobre 2022
Le trans in pellegrinaggio da papa Francesco
TORVAIANICA – Naomi Cabral, prostituta transessuale argentina, è stata trovata morta il 6 ottobre in una camera d’albergo sul litorale romano dove era solita ricevere i clienti. La piangono i pochi amici, le colleghe. E il Papa. Che l’aveva voluta ricevere in piazza San Pietro, lei ed altre transessuali, il 27 aprile scorso. Il primo di una serie di incontri. Per capire il perché bisogna riavvolgere il nastro fino ai giorni della pandemia.
Torvaianica, marzo del 2020. Dinanzi al portone della parrocchia della Beata Vergine Immacolata, una chiesona che guarda il mare, si forma una lunga fila di persone. Lavoratori stagionali, italiani e immigrati, non sanno più come procurarsi un pasto. Il parroco, don Andrea Conocchia, cerca di accontentare tutti, ma i bisogni si moltiplicano. C’è chi chiede un po’ di soldi per pagare l’affitto, chi è alla ricerca di medicinali, chi vuole solo ricaricare il telefonino. Tra la folla, spunta una transessuale argentina, poi una seconda, una terza. Fanno la fame, non hanno più clienti. Ma non ci sono messe e non ci sono offerte. E allora don Andrea suggerisce loro di scrivere al Papa. Poco dopo arrivano tramite l’elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, aiuti alimentari, un po’ di soldi per l’affitto, addirittura l’invito peri vaccini anti-Covid direttamente in Vaticano. «Siamo stati vaccinate prima degli italiani!», ricorda, ridendo, Marcela De Marco, transessuale uruguaiana.
Alcune di loro iniziano a chiedere a don Andrea di andare dal Papa. Lo vogliono ringraziare, salutare, conoscere. Il sacerdote chiede a suor Geneviève Jeanningros, religiosa francese che da anni lavora tra giostranti e artisti di strada del litorale romano. Soprattutto, una vecchia conoscenza di Jorge Mario Bergoglio dall’epoca dell’Argentina. Dopo qualche giorno lei risponde: «Il Papa le vuole incontrare tutte». Il sacerdote trasecola: tutte «vuol dire un centinaio di persone!». Come fare? C’è la soluzione: l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. E il 27 aprile spunta un gruppetto: don Andrea, suor Geneviève, e quattro transessuali latinoamericane. Tra di loro, Naomi Cabral.
«Non ci ha giudicato, ci ha ascoltato», ricorda Minerva Motta, peruviana. Quel giorno Claudia Victoria Salas, argentina, gli porta delle empanadas. Quando tempo dopo si presenta un nuovo gruppo, Francesco domanda: «Dov’è Claudia? Voglio ringraziarla per leempanadas». «L’ho ringraziato per avermi ridato la fede», racconta da parte sua Marcela. «Mi ha detto: “Ricordati che siamo tutti uguali di fronte agli occhi di Dio”». Da allora, ad alcune trans il Papa invia biglietti e preghiere.
Dalla prima udienza, una o più volte al mese don Andrea e suor Geneviève portano un gruppetto di transessuali dal Papa. La cosaavviene senza grande pubblicità, ma davanti agli occhi di migliaia di fedeli. «Significativo l’incontro del Papa con alcune persone transessuali», annota l’ Osservatore Romano.
A un’udienza a luglio, racconta Laura Esquivel, trans del Paraguay, «mi sono sentita privilegiata: vedevo tutta la gente in piazza e io ero a 20 metri da lui. Si è comportato come una persona normale. Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia». Ora vorrebbe tornare, con una scusa: «La foto non è uscita bene, sono venuta con la faccia storta». Si vedrà.
Il rapporto di queste transessuali con Dio è sempre stato forte, quello con la Chiesa meno. «Alle cinque della mattina prego sempre San Giorgio, il mio protettore, il santo della giustizia», racconta Claudia Victoria Salas. In chiesa, però, «si danno il segno della pace, poi escono e ti ignorano». O peggio. «Avevo perso la fede, adesso ho iniziato a frequentare un po’ la chiesa», dice Claudia Valentina Tejerina, argentina. E precisa: «Noi siamo ciò che vogliamo essere, invece c’è gente che si nasconde ipocritamente dietro una famiglia». I vostri clienti sono cattolici? «Siamo in Italia!», taglia corto con una risata. Minerva racconta: «Nel mio paese ho fatto la catechista, partecipavo a un coro… in Europa mi sono allontanata perché la gente ti guarda con cattiveria». L’incontro col Papa ha cambiato qualcosa? «Il cambiamento uno lo vive dentro», risponde Claudia Valentina: «Gli altri non sanno che siamo andati dal Papa, io mi sento più tranquillacon me stessa». Finita la pandemia, le transessuali hanno ripreso a prostituirsi. Non sentono di dover cambiare vita? «Io sono pronta a fare le pulizie di casa, sono stata parrucchiera, so lavorare in cucina», risponde Claudia Victoria. «Ma non mi vogliono». Secondo Marcela, «a essere transessuale ti si chiudono tutte le porte: chiesa, scuola, lavoro, la gente ti punta col dito». Vi sentite peccatrici? «Siamo tutti peccatori», risponde Claudia Valentina, «e siamo tutti fatti a immagine di Dio». Marcela chiosa: «Chi è libero dal peccato lanci la prima pietra, come disse Gesù alla Maddalena: per quello il mio secondo nome è Magda».
Mercoledì scorso suor Geneviève è tornata dal Papa con alcune transessuali e gli ha portato un cartoncino con la foto di Naomi Cabral e il ricordo di quella prima udienza. «Pregate, pregate, pregate», ha detto Francesco, che ha volutoconservare la foto. Il mondol’ha scartata, lui la ricorda.