il Fatto Quotidiano, 17 ottobre 2022
Letta e Fontana, cattolici contro
Per l’ennesima volta – a naso la centesima nell’ultimo lustro – l’elezione del salviniano Lorenzo Fontana rilancia il dibattito sui cattolici in politica. Di Fontana è stato ripetuto fino alla nausea che è un clericale di destra anti-gay e anti-abortista, non proprio in linea con la Chiesa della misericordia di papa Francesco.
A colpire, però, è che stavolta la reazione più dura all’investitura del leghista sia arrivata da un altro cattolico, il segretario del Pd Enrico Letta, al punto da disertare il tradizionale brindisi post-elezione. Colpisce perché Fontana e Letta sono entrambi credenti e praticanti. Il primo frequenta la messa in latino, cavallo di battaglia del clericalismo anti-bergogliano; il secondo va in chiesa nel suo quartiere di Roma, a Testaccio, e incarna il modello prodiano del cattolico adulto, laico e di matrice democristiana. Stessa fede ma due opposti per declinarla. La conferma di quello che ha scritto recentemente sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia sull’irrilevanza dei cattolici in politica: l’identità “si è frantumata in una costellazione di identità”.
Tema toccato l’altro giorno con una lettera su Avvenire dall’ex parlamentare trentino Lorenzo Dellai (già Margherita e Scelta Civica) che, dopo l’elezione di Fontana, s’interroga su una nuova terza via cristiana in politica (che poi è antica: l’umanesimo) tra il relativismo sui diritti civili e l’integralismo della destra. Tenendo presente due punti. Il primo è che un partito unico dei cattolici come la Dc non è tornato nella Seconda Repubblica e non tornerà nella Terza. Il secondo discende dal primo: gli elettori credenti si sono adeguati a questa “costellazione di identità” e votano come vogliono.
Detto questo, per una riflessione più compiuta sulla novella questione cattolica diventa centrale la principale convinzione del neopresidente della Camera, ribadita più volte in questi anni. Anche perché – al netto del pregiudizio che si può avere nei suoi confronti per la radicalità dottrinale – Fontana non si può ridurre a un santino clericale: è un cattolico strutturato con tre lauree e una quarta in arrivo, in Teologia, secondo quanto riferito dal quotidiano online La Nuova Bussola Quotidiana. Insomma non è come il “pagano” Salvini che si limita a strumentalizzare il rosario e le icone mariane nei suoi comizietti social e non. Sostiene dunque Fontana: “I cattolici non devono aver paura della propria fede. Anche se, soprattutto in politica, non basta definirsi tale per esserlo veramente. I valori del cattolicesimo oggi non vanno molto di moda: penso alle difficoltà di ogni giorno di testimoniare la propria fede”.
È questa radicalità, infatti, che manda in crisi il modello laico dei cattolici adulti come Letta e anche come Sergio Mattarella, al vertice dell’istituzione repubblicana. La sensazione è che dopo il regime democristiano (ma non clericale) durato mezzo secolo, la minoranza integralista sia l’unica a testimoniare concretamente, seppure in base a una visione cupa e rigida, la sua fede religiosa. Senza dimenticare che la misericordia di Bergoglio, invocato sovente come vero “leader della sinistra”, rimane inascoltata nei cattolici adulti di potere. L’esempio della guerra è clamoroso.