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 2022  ottobre 16 Domenica calendario

Intervista a Ivan Zazzaroni

Esterno pranzo. Roma. Sole. Molto sole. Persone che passeggiano. Ivan Zazzaroni non ne perde una e muove la testa da destra a sinistra come un periscopio militare (per essere chiari: il periscopio funziona più con le donne); ogni tanto si ferma e automaticamente sistema qualche (presunto) capello fuori posto, o controlla il cellulare. Eppure non abbandona mai il senso del discorso e in trenta secondi può infilare una serie così estesa di parole da obbligare l’interlocutore ad alzare il braccio e chiedere l’intervento della moviola. “È l’abitudine della televisione”. Tratta la sua vita con l’adrenalina di chi sta sempre in contropiede, mescola il ruolo di giudice a Ballando con le stelle con quello di direttore del Corriere dello Sport, poi di gaffeur a rischio cartellino rosso per sessismo, quindi di commentatore con un passato da calciatore. “Per quale dei miei profili mi intervista? Ho appena pubblicato pure un libro su Mourinho”.
Li prendiamo tutti.
Mercoledì mi hanno dato un premio; da quando sono direttore è un continuo. Ho pure un Leone d’oro.
Originale?
Sì, assegnato a Venezia per meriti professionali; (cambia tono) vale 35 mila euro.
Non male.
Se ci sono soldi in ballo, vado; se invece sono pergamene e strette di mano, salto.
Praticità.
È un insegnamento di Italo Cucci (storico giornalista, ndr): in Romagna lo chiamavano per i premi e riceveva solo caveje. Ne ha circa 35.
Quando è diventato personaggio televisivo?
Dal 1991 convocato da Aldo Biscardi per Il processo del lunedì: cercava visi giovani e mi assegnò uno spazio dal titolo “Segretissimo”; in teoria mi occupavo di calciomercato.
Perché in teoria?
Non gliene importava nulla, non ascoltava nulla, non sapeva quasi nulla: si presentava in trasmissione con in mano un foglio gigante, quasi un cartellone, con sopra le frasi scritte a caratteri enormi; poi si sedeva e aveva davanti a sé una serie di televisori collegati tutti sulla concorrenza: quando gli altri andavano in pubblicità, Aldo fomentava la discussione, ci incitava alla lite; (ride) le prime volte mica capivo.
Un fenomeno.
Sul piano televisivo un numero uno, puro teatro con tre milioni di spettatori su Rai3.
Per lei la fama.
La vera botta è arrivata con Ballando. Neanche volevo accettare, ero spaventato.
Da cosa?
Ero già nel mirino di molti, in particolare colleghi che a volte mi trattano come uno che pensa solo a fare il fenomeno.
Risulta antipatico?
No, sto proprio sulle palle, soprattutto a chi non mi conosce.
C’è invidia: ora è un bell’uomo, sarà stato un bel ragazzo.
(Cambia tono, rallenta la risposta, scandisce e seduce) Un gran bel ragazzo.
E da gran bel ragazzo…
Nel 1980 sempre Cucci mi disse: “Quando ti vedevo allo stadio in tribuna stampa pensavo fossi un playboy”; (sorride) anche il mio attuale editore, Roberto Amodei, inizialmente mi aveva inquadrato come un cazzaro e fancazzista.
E invece?
Lavoro tanto, altrimenti uno non va da nessuna parte e ad Amodei devo tutto.
La prendono per un bluff.
L’aspetto esteriore è un limite nella percezione delle persone.
Come andava a scuola?
Bene senza massacrarmi.
La Bologna anni 70.
Bellissima; i miei genitori, con sacrificio, avevano deciso di iscrivermi a una scuola privata, la migliore di allora: le mie compagne erano le più belle della città, scarrozzate da macchinoni con autista; io per emergere divenni rappresentante d’istituto.
Leader.
No, ambizioso.
Leggenda o no: lei ha giocato a pallone in Brasile.
Vero.
Ruolo?
Prima mediano poi ala.
Forte.
Ero bravo, da ragazzo ho provato pure per Roma, Sambenedettese ed Empoli.
Era il suo sogno.
La più grande passione della mia vita…
Oltre alle donne.
(Sorride) Con il calcio sono arrivato fino alla Serie D con il San Lazzaro: sul campo mi sono rotto di tutto, dalla tibia al tendine d’Achille.
Il Brasile.
Nel 1979-80 studiavo Lingue e volevo diventare interprete parlamentare e per il Comune di Bologna andai in Brasile: c’era un congresso; lì ho conosciuto una ragazza brasiliana e mi sono trasferito.
I suoi genitori?
Mi diedero 700 dollari; (pausa) quando sono nato mamma aveva 17 anni e papà 18, e da adolescente l’estate pretendevano che lavorassi. A me giravano le palle, invece è stato utile.
Se la prendeva.
Con mio padre avevo un rapporto particolare, per anni non ho capito il motivo di dover cenare alle cinque del pomeriggio.
E poi?
Un giorno ho trovato la risposta: alle 8 aveva la seconda cena con la sua seconda famiglia.
Insomma, non si è spaventato dei 700 dollari.
Sono tornato con più soldi; (sorride) in Brasile vivevo a Ribeirão Preto, la città dove è nato Socrates e siccome avevo ancora il chiodo nella gamba mi inventai giornalista sportivo, ma al pallone non ci rinunciavo.
Quindi?
L’allenatore del Botafogo era Antoninho, ex della Fiorentina, e mi permetteva di prepararmi con la squadra. Io felice. Mi divertivo come un matto e nel frattempo ero pure riuscito a intervistare proprio Socrates per Stadio.
Si ricorda l’intervista?
Non tengo nulla; non mi sono neanche mai rivisto in tv.
Proprio mai?
I premi sono nella cantina di mamma; tengo solo i soldi.
E i soldi come l’impiega?
Ho un figlio di 32 anni, ragazzo che amo alla follia (da bravo genitore prende il cellulare e mostra le foto: “Un figo”).
Se un amico le rivela un possibile scoop, vince l’uomo o il giornalista?
(Silenzio lungo) Quando mi hanno regalato uno scoop non era previsto il silenzio; e comunque non mi sono mai sentito un Jimmy il Fenomeno o un intellettuale.
Quando ha capito che la sua opinione era interessante?
Più ora che un tempo; anni fa vedevo Cucci in tv e pensavo: “Non sarò mai al suo livello, non sarò mai in grado di esprimere concetti fondamentali in poco tempo”. Poi un giorno ho pensato: “Cacchio, ci sono riuscito”. Lì ho capito che è questione di allenamento.
Si imbarazza mai?
Fondamentalmente sono timido. Specialmente da ragazzo.
Su questo ci riserviamo di crederci.
Da ragazzo lo ero.
Prima della diretta si emoziona?
Ora no; molto da concorrente di Ballando, ma c’erano altri che stavano peggio di me.
Chi?
Ho visto Massimo Lopez piangere per la tensione; (pausa) a Ballando sei così decontestualizzato, così tanto fuori dalla tua comfort zone, da sentirti prossimo alla figura di merda.
Mentre ora se la gioca.
Il problema è che non riesco a tenere a freno la lingua.
Ultimamente è stato accusato di sessismo.
Ero a Televomero; con Claudia Mercurio ci conosciamo da anni, la considero una sorellina, con lei c’è totale cazzeggio (le ha detto: “Sei cresciuta tantissimo davanti” alludendo al seno, ndr).
Risposta?
È il retaggio dei miei anni, in questo caso sono vecchio, sono cresciuto in un altro clima, infatti sono amico di Zalone.
Così amici?
Minchia! Siamo una squadra fortissimi l’ha scritta per la mia trasmissione in radio.
Zalone.
Un fuoriclasse, è solo bloccato dal perenne timore di toppare l’appuntamento successivo; (sorride) un po’ come le mie intuizioni sbagliate.
Esempio.
Dopo aver ascoltato Siamo una squadra fortissimi , sentenziai: “Ma che può combinare Checco? Giusto il musicista a Zelig”; oppure negli anni 70 lavoravo in una radio bolognese, entra Vasco con Albachiara, la ascolto e anche lì “Bella canzone, ma lui non sfonda”. Non solo, anni fa, stavo al Guerin Sportivo, arriva Gino di Gino e Michele e mi parla di un suo amico che aveva inventato un gioco e ci aveva scritto un libro. “Bene, mandamelo”. Sfoglio le prime pagine, non ci capisco nulla, derubrico a stronzata.
E?
Era il Fantacalcio.
È sempre amico di Roberto Baggio?
Ci sentiamo di continuo.
Come sono i calciatori a fine carriera?
Quelli che non si sono strutturati per il dopo entrano in depressione; poi ingrassano e vanno in tv a toglierci il lavoro e questo mi fa incazzare tantissimo anche perché spesso non conoscono l’italiano; (ci pensa) l’altra sera Del Piero, in tv con Agnelli, è stato eccessivamente remissivo.
Mourinho.
È il mio idolo.
Da vicino non delude.
È pazzesco, mi ricorda Brian Clough (storico allenatore inglese, ndr): Clough l’ho conosciuto tanti anni fa per un torneo e sembra una sorta di zio di Mourinho, anche lui polemista, intelligentissimo, percezioni incredibili e nessuna paura.
Di cosa ha paura?
Di niente.
Si sente scrittore?
No, mi piace assemblare qualcosa che conosco.
Per alcuni esiste lo “stile Zazzaroni”.
Ho una dote: i tempi brevi, parlo per spot; dopo trenta secondi il pubblico non ti ascolta. L’unico rischio è passare per saccente, eccessivo, uno che sa tutto; (breve pausa) la questione è che io con certe persone mi ci confronto.
Traduciamo.
Allegri l’avrò sentito cento volte, Ancelotti lo chiamo sempre, anche alla fine dell’ultima partita di Champions.
L’allenatore più intelligente?
Mourinho.
Ancelotti?
È spaziale, raffinato, uno che ha vissuto e sa stare al mondo.
Il podio dei suoi amici calciatori.
Mancini lo conosco dal 1981.
Tra voi due chi ha rimorchiato di più?
Lui non lo dice; (cambia tono) il mio anno di gloria con le donne è stato quando Autosprint mi ha inviato per la Formula 1: l’ambiente era meraviglioso.
Puntava alle Ombrelline.
No, più in alto; (abbassa la voce, quasi sogna) avevo 23 anni, tutto pagato dal giornale, giravo il mondo e frequentavo donne incredibili. E pensare che di auto non capivo nulla.
Proprio nulla?
L’unico esame in cui sono stato bocciato è quello di guida.
Prima si è definito eccessivo.
Fa parte del mio carattere.
La tv l’ha accentuato.
Forse sì; (pausa) resta che per Ballando devo ringraziare Ballandi (produttore) e Milly Carlucci: prima risultavo antipatico, loro mi hanno regalato la simpatia.
Mentana sostiene: “Il direttore è quello che dà l’esempio”.
E i giornalisti stanno ad aspettare me? A volte in redazione mi atteggio e se nominano qualche giocatore o allenatore, allora prendo il cellulare, compongo il numero e chiamo proprio quel giocatore o allenatore. Restano a bocca aperta.
Più ambizioso o narciso?
L’ambizione passa, il narcisismo no.
Le è passata?
No, ma ho diretto tutti i giornali per i quali ho lavorato e ho raggiunto i miei sogni professionali; poi ho conosciuto tutti.
In questo “tutti” chi l’ha stupita?
Un paio di anni fa ero invitato ai giardini del Quirinale con Monica; a un certo punto una signora mi ferma: “C’è quello di Ballando, lo vedo sempre”. Era Liliana Segre, un mito.
Monica Gasparini è la sua compagna da anni.
(Serio, serissimo) Ha qualcosa che non avevo mai trovato in nessuno: mi porta in dono l’equilibrio.
Da professionista legato allo sport, è ancora tifoso?
Non di una squadra ma delle persone.
Ci sono i gay nel calcio?
Certo, e finalmente è il momento di rompere questo tabù.
L’ex portiere del Real Madrid ha pubblicato un tweet nel quale si dichiara gay. Poi lo ha tolto e definito uno scherzo.
Iker Casillas ha problemi, ora non è lucidissimo.
Le hanno mai proposto di entrare in politica?
Nasco da una candidatura per la Dc al Comune di Bologna; Casini è stato uno dei primi che ho conosciuto.
Risultato?
Primo dei non eletti; (pausa) la figlia di Zangheri (ex sindaco comunista di Bologna, ndr) era una bellezza mondiale.
Lei chi è?
Sono meglio di quello che appaio.