Corriere della Sera, 16 ottobre 2022
I figli di B premono sul padre per un accordo con Meloni
ROMA Ieri in Forza Italia si respirava un clima da Venerdì santo, «in attesa della Pasqua di resurrezione con cui – diceva un dirigente azzurro – il centrodestra celebrerà il rito della pacificazione». L’evento non cadrà di domenica, visto che l’incontro conciliatorio tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni si dovrebbe tenere domani. Più dei pontieri e degli amici di una vita del Cavaliere, sono stati i figli maggiori dell’ex premier a premere sul padre ed esortarlo a chiudere il conflitto con l’alleata, in modo da raggiungere un’intesa. Anche perché Meloni nei giorni scorsi si era direttamente appellata proprio ai familiari di Berlusconi, spiegando loro che c’era piena disponibilità a comporre la vertenza, dietro la quale – garantiva – non c’erano motivi personali.
Per due volte, infatti, la premier in pectore si era sentita con Pier Silvio Berlusconi. E per due volte l’amministratore delegato di Mediaset aveva trasmesso il messaggio al padre, accompagnandolo con una sollecitazione: «Non puoi non trovare un accordo», per ragioni politiche e imprenditoriali. Ma per due volte il Cavaliere aveva opposto resistenza. Finché si è arrivati allo «strappo di Palazzo Madama», alla diserzione azzurra dal voto sulla presidenza del Senato, al filmato in cui il leader forzista pronunciava un «vaffa» in presenza di Ignazio La Russa, all’immagine che fissava i duri commenti su Meloni vergati dallo stesso Berlusconi.
Davanti alla disfatta di Forza Italia e alla reazione veemente dell’alleata, la figlia è corsa ad Arcore, dove ieri ha incontrato a lungo il padre. «Fermati», gli ha detto. Raccontano di una Marina furibonda. Per le questioni che già aveva posto il fratello, certo, ma soprattutto perché per lei era stato «doloroso» vedere com’era stato gettato nella polvere il nome del genitore, descritto come un anziano subornato dalla corte, trasformato nell’ombra di sé stesso e della sua storia. Una storia che l’ex premier ha rivendicato e che ha ispirato le mosse contro «la signora», compreso quel foglietto, scritto intenzionalmente, e dal quale c’era stato chi lo aveva implorato almeno di togliere l’aggettivo «ridicola».
«Fermati». Che poi è quanto hanno suggerito a Berlusconi sia Fedele Confalonieri sia Gianni Letta, impegnato nel ruolo di raccordo con i pontieri di FdI. Così va maturando quel clima di ricomposizione, che passa anche attraverso i messaggi inoltrati da Meloni per via interposta al Cavaliere. Così i figli hanno appreso che la sua reazione era stata «un atto di difesa politica» e null’altro. Che, chiarito il suo ruolo, Forza Italia sarà adeguatamente rappresentata. Che sulla delegazione azzurra attende da Berlusconi indicazioni all’altezza della stagione, «perché il mio compito a Palazzo Chigi sarà molto difficile e non intendo svolgerlo con dei Toninelli al fianco».
Nel giorno del Venerdì santo, anche l’area più intransigente dei forzisti comprende che bisognerà accedere a un accordo «il meno doloroso possibile». Insomma, la «via familiare alla mediazione», come l’ha definita uno dei leader dell’alleanza, sta producendo effetti. È vero, ci sono ancora dei nodi da sciogliere, il Cavaliere per esempio insiste su alcuni ruoli come la Giustizia, che vorrebbe assegnata al suo partito. E che invece – per ragioni di opportunità politica e non per mancanza di qualità e competenze – la premier in pectore preferirebbe affidare a Carlo Nordio. Ad Arcore hanno inteso che Meloni vuole ricucire, evitando prove di forza.
Quella tentata al Senato dagli azzurri è stata invece improvvida: non solo perché non ha tenuto conto dei numeri nella coalizione e non ha contemplato le possibili contromosse di Fratelli d’Italia. Il punto è che la diserzione dal voto su La Russa ha finito per rendere manifesta la spaccatura nel partito, che era già evidente ma non si era formalmente palesata. La conseguenza è che, nel giro di poche ore, in Forza Italia si è accelerato il processo politico. Ed è come se si fosse aperto un congresso post berlusconiano in presenza di Berlusconi. Ma questo problema non può certo risolverlo Meloni.