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 2022  ottobre 16 Domenica calendario

AVETE NOTIZIE DI FABIAN RUIZ E KOULIBALY? DIETRO IL BOOM CALCISTICO DEL NAPOLI, CI SONO SCELTE ANCHE DRASTICHE E IMPOPOLARI. L’ULTIMO BILANCIO DEPOSITATO, QUELLO DEL 2021, AVEVA UN PASSIVO DI QUASI 59 MILIONI, TRIPLICATO RISPETTO AL PRECEDENTE. COSÌ IL CLUB HA CEDUTO BIG COME KOULIBALY E FABIÁN RUIZ, OLTRE AGLI ADDII DI MERTENS E INSIGNE. E HA INVESTITO SUGLI SCONOSCIUTI KVARATSKHELIA E KIM, PERFETTI PER IL GIOCO DI SPALLETTI. IL MODELLO DE LAURENTIIS: L'UNICO NEO E'... -

Il boom calcistico del Napoli, tra risultati sportivi ed equilibrio finanziario Qual è il segreto di questo Napoli autore di un avvio formidabile sia in Italia sia in Europa? Risposta: nessun segreto particolare. Niente gestioni risparmiose, né alchimie economico-finanziarie, né colpi di fortuna che a volte capitano e permettono di avviare cicli inattesi.

A fornire la benzina che serviva per lanciare la scalata è stato un precetto molto semplice, talmente semplice da essere praticamente ignorato da quasi tutto il resto dei club della nostra Serie A: fare calcio. Che significa pianificare la costruzione di una squadra compiendo scelte anche drastiche, a rischio di impopolarità. E approntare una conseguente gestione finanziaria che consenta di acquisire risorse attraverso cessioni pesanti e impiegarle per sostituire i partenti e arricchire la rosa sia in qualità sia in quantità.



Detta così sembra facile e invece è una missione complicatissima. Il Napoli di questa stagione c’è riuscito. Ha operato cessioni fruttuose ma tecnicamente dolorose come quella di Kalidou Koulibaly, trasferito per 40 milioni di euro al Chelsea quando si apprestava a entrare nell’ultima stagione di impegno contrattuale. O come quella di Fabián Ruiz al Paris Saint Germain per 23 milioni. E in questo valzer degli addii vanno inseriti il belga Dries “Ciro” Mertens, andato via per scadenza di contratto assieme al suo capitale di gol e appartenenza napolista, e l’ex capitano Lorenzo Insigne, emigrato in Canada. Una campagna in uscita che sembrava di ridimensionamento.

E invece l’ondata di nuovi arrivi, unita al rilancio definitivo di calciatori che fin qui avevano segnato alti e bassi (come il centrocampista slovacco Stanislav Lobotka), ha completamente mutato il panorama. Il sudcoreano Kim è un muro in difesa, il georgiano Khvicha Kvaratskhelia si è rivelato un splendido cavallo pazzo, portatore di un calcio istintivo che pareva tramontato. E tutti i settori sono stati rafforzati dando a Luciano Spalletti la possibilità di avere alternative di lusso: Olivera, Östigard, Ndombele, e il duo d’attacco Raspadori–Simeone che unito a Osimhen compone un vero lusso. Fare calcio è questa cosa qui e così sarebbe stato giudicato anche se i risultati non avessero confermato le scelte.

Le difficoltà post Covid: è servita anche la rivalutazione del marchio Per anni la società capitanata dalla famiglia De Laurentiis è stata indicata come un modello di gestione oculata, capace di coniugare il raggiungimento di risultati di alto livello (soprattutto la serie consecutiva di qualificazioni alla fase a gironi di Champions league) con l’equilibrio di bilancio e l’accumulo di riserve. Ma quella fase ha preso a tramontare con le mancate qualificazioni Champions, che hanno determinato una brusca contrazione dei ricavi. E su questa tendenza al ribasso si sono innestati gli effetto del Covid, che hanno colpito tutti i club del calcio italiano e europeo e non potevano certo risparmiare il Napoli. Di questo stato di sofferenza testimonia l’ultimo bilancio depositato, quello al 30 giugno 2021. Chiuso con un passivo di quasi 59 milioni di euro, un dato triplicato rispetto all’esercizio precedente (30 giugno 2020) che aveva registrato un rosso da 18,9 milioni di euro.

Una situazione di sofferenza dei conti parzialmente tamponata da un’operazione una tantum quale la rivalutazione del marchio, resa possibile dal cosiddetto Decreto Agosto (104/2020, convertito nella legge 126/2020). Grazie a questo strumento la S.S.C. Napoli ha iscritto in bilancio, sotto la rubrica delle immobilizzazioni immateriali, un valore da 75 milioni di euro. Ne aveva facoltà e lo ha fatto al pari di molte altre società del nostro calcio professionistico. E tutto sommato è stato un intervento di portata molto meno pesante rispetto a quanto fatto da altri. Su tutti la tanto glorificata Udinese, che come risulta dal bilancio al 30 giugno 2021 ha rivalutato tutto il rivalutabile, toccando quota 226 milioni di euro.



Rinunciare a calciatori di peso e riuscire a non indebolirsi Nelle prossime settimane, quando sarà a disposizione il documento relativo all’esercizio chiuso il 30 giugno 2022, potremo sapere se è iniziata la risalita dei conti. Ma proprio questa situazione di sofferenza che si è strutturata nelle stagioni della pandemia conferma la prospettiva da cui siamo partiti per dare una valutazione delle scelte di rilancio operate dalla società e dal management. Posto davanti a una situazione di sofferenza economico-finanziaria, il Napoli ha optato per l’inaugurazione di un nuovo ciclo che tornasse a coniugare risultati sportivi e equilibrio finanziario. Lo ha fatto rinunciando a calciatori di peso tecnico e economico ma riuscendo a non indebolirsi.

Anzi, si è rinforzato e ha incrementato il valore del gruppo di giocatori. E i risultati fin qui ottenuti nel biennio sotto al guida di Luciano Spalletti danno ragione: ritorno in Champions league alla conclusione della prima stagione e partenza sparata in questo scorcio di seconda stagione. Ribadiamo: questa cosa qui si chiama “fare calcio”. Cioè scegliere, rischiare, difendere le scelte e aspettare che il campo dia ragione. Poi è ovvio che proprio la dimensione del campo può dare risposte negative anche rispetto a scelte ben ponderate. Ma quello fa parte dell’imprevedibilità del calcio. Averne paura non porta da nessuna parte.



Il momento magico del Napoli si estende al Bari, altra società di proprietà della famiglia De Laurentiis che l’ha rilevata dopo il fallimento. Appena tornato in Serie B, il Bari sta conducendo un campionato di testa assieme alla Reggina. Cosa succederebbe se l’anno prossimo si ritrovasse in A col Napoli e sotto la stessa proprietà? Per il momento si sa soltanto che la stretta della Figc sulle multiproprietà è stata rinviata al 2028-29, proprio dietro pressione di Aurelio De Laurentiis. Ma certo che se le due squadre si trovassero nello stesso torneo allora, la prospettiva cambierebbe. Se ne riparlerà a fine stagione. Per adesso la proprietà può godersi la corsa di testa su entrambi i fronti. Ma farebbe bene a non lasciare irrisolta la questione del rapporto con la tifoseria napoletana, che negli anni si è ampiamente deteriorato.

Ciò è avvenuto anche a causa di uscite piuttosto ruvide di De Laurentiis, che quando ci si mette trita la diplomazia e le spara grosse come fosse un personaggio dei suoi cinepanettoni. Gli straordinari risultati ottenuti dalla squadra in questo avvio di stagione hanno messo la sordina ai malumori reciproci, ma sarebbe un delitto pensare che la questione sia chiusa. E ancora più delittuoso sarebbe non sfruttare il momento favorevole per provare a ricostruire un dialogo. La società ha scommesso su un difficile rilancio della squadra e fin qui ha vinto l’azzardo. Provi a scommettere anche sul dialogo con la piazza e la tifoseria, anziché cadere nella tentazione di usare gli ottimi risultati come ulteriore dimostrazione di non dover rendere conto alcuno. È il momento dell’intelligenza, non dell’arroganza e della permalosità.