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 2022  ottobre 15 Sabato calendario

Ucraina, 60mila donne al fronte

Le donne ucraine combattono. Anche in prima linea, per difendere il loro Paese. Nell’esercito, prima dell’invasione ordinata da Putin, erano poco più di 30mila, oggi sono oltre 60mila. Rappresentano circa il 25 per cento dei militari, in passato erano il 15. Olena Zelenska, la first lady, ha scritto un messaggio di ringraziamento, in occasione della Giornata dei difensori dell’Ucraina: «Una donna in uniforme. Forse non la conosci personalmente, ma non riesci a distogliere lo sguardo da lei. Perché dietro questa divisa c’è la scelta più importante della vita. Forse indossa l’uniforme dal 2014. O forse l’ha indossata dopo l’invasione russa su vasta scala. Potrebbe essere un militare professionista, o forse un’insegnante che è venuta in difesa dei suoi cari». La moglie del presidente ucraino ha messo in fila alcuni numeri più dettagliati: 41mila donne sono attualmente nell’esercito (oltre 8mila ufficiali); altre 18.000 «lavorano nel sistema dell’esercito per mantenerlo in funzione». Ma dietro alle cifre, come sempre, ci sono le storie, i sorrisi, le lacrime, la sofferenza, spesso anche la prigionia e la morte.
LE PRIGIONIERE
Mariana Mamonova ha 30 anni, per molti mesi è stata prigioniera dei russi. Aspettava un bambino. Medico militare, era tra coloro che hanno combattuto nel drammatico assedio delle acciaierie Azovstal, a Mariupol. Il 4 aprile era stata catturata. Il 21 settembre è tornata a casa, in seguito a uno scambio di prigionieri. Ha raccontato la sorella: «È appassionata della sua professione, ha detto che il nostro Paese ha bisogno di medici militari n zona di guerra». L’altro giorno Mariana ha partorito: è nata una bambina, l’ha chiamata Anna. Tra i prigionieri dell’Azovstal c’era anche Kateryna Polishchuk, volontaria della Guardia nazionale ucraina, divenuta celebre perché, nei giorni più bui dell’assedio, quando mancava cibo e acqua, è stata ripresa mentre cantava per farsi forza e trasmetterla a tutti i soldati ucraini. Il video è diventato popolare, è stata soprannominata Ptaskha, uccellino. Anche lei è stata liberata grazie allo scambio dei prigionieri.
COMBATTERE PER LA LIBERTÀ
«Sono nata libera e morirò libera» dice Andriana Susak Arekhta. Ha 34 anni, avvocatessa, è la leader del Movimento donne veterane. Ha un master in politiche pubbliche e combatte in prima linea, ma non è la sua prima esperienza nell’esercito, come ha raccontato ai media: «Ero già nell’esercito nel 2014, stavo combattendo quando ho conosciuto mio marito, Max. Sono rimasta incinta e al quinto mese ho smesso di combattere». Il figlio Makar oggi ha 7 anni, ma lei è tornata al fronte. «Ho deciso di farlo quando è iniziata l’invasione su vasta scala dei russi in Ucraina. E anche mio marito è nell’esercito. Ho imparato che le donne ucraine sono un fenomeno nel mondo. Dobbiamo lavorare di più per essere professionali ed uguali agli uomini». Ivanna Chubaniuk, 29 anni, è medico ed è con l’esercito ucraino in prima linea. Ha raccontato in una intervista: «Prima di andare in guerra, sapevo come vincere il panico. In situazioni critiche, posso agire in modo piuttosto freddo. D’altra parte sono un medico». Ivanna è abituata a non tirarsi indietro, prima di andare in guerra è stata in un altro tipo di prima linea, un ospedale Covid. «In questa guerra le immagini più terrificanti sono quelle dei bambini feriti. Non posso dimenticare i loro volti». Yaryna Chornoguz, 27 anni, caporale, ha perso il fidanzato due anni fa e a deciso di difendere l’Ucraina «per onorarlo».
IL FUNERALE
Il 16 settembre, a Kiev, si sono svolti i funerali di una donna soldato uccisa da una mina mentre era al fronte nel Donetsk. Si chiamava Olga Simonova, aveva 34 anni. Ma non era ucraina, era russa. Eppure, aveva scelto di combattere dalla parte degli ucraini. Era originaria di una zona dell’Est degli Urali. Era ingegnere. Aveva raccontato: «Qui tutti mi rispettano. Sono cresciuta come una patriota russa, ma ho cominciato a essere disincantata le guerre in Cecenia. Quando la Russia ha occupato la Crimea, ho deciso che non potevo accettarlo, ho scelto di cambiare lato. Sono venuta in Ucraina, mi sono arruolata». Sulla bara c’era una bandiera ucraina e un leone giocattolo, perché tutti la chiamavano Simba, come il personaggio del Re Leone.