La Stampa, 15 ottobre 2022
Intervista a Giovanna Mezzogiorno
Non era facile rispondere alla domanda di rito sull’amatissimo padre Vittorio, scomparso a soli 52 anni. Non era facile, per una giovane attrice in carriera, lasciare Roma per offrire ai figli piccoli una qualità di vita migliore, a Torino. E non è facile, oggi, sfuggire alla dittatura dei social, agli scatti rubati. Per molto tempo Giovanna Mezzogiorno ha vissuto di slalom tra un rifiuto e l’altro, e, proprio per questo, oggi, si ha l’impressione di incontrare una persona che, tenacemente, forse anche dolorosamente, è riuscita a essere com’è: «Hanno cercato invano di estorcermi informazioni. Non è mai stata pubblicata una foto di me incinta, dei bambini (oggi hanno 11 anni), di noi in vacanza. È stata una scelta, e, a livello di popolarità, l’ho sicuramente pagata. Avrei potuto fare di più per promuovere me stessa, ma ho voluto così e così sarà sempre». Da oggi Mezzogiorno è al cinema, nel film dell’esordiente Carolina Cavalli Amanda e in questi giorni sarà alla Festa di Roma con Educazione Fisica di Stefano Cipani, tratto dal testo teatrale La Palestra di Giorgio Scianna e sceneggiato dai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo.In tutti e due film si parla di genitori. Un mestiere più difficile rispetto al passato ?«Sì, lo è, quando ero ragazzina non c’era Internet, soprattutto non c’erano i social a peggiorare le nostre vite.Quel mondo mi fa paura, non è controllabile, i rapporti sono distorti. I miei figli non hanno ancora i cellulari, tra poco inizieranno a uscire da soli e dovranno averli, e allora che farò? Starò molto, molto attenta».Lei non usa social?«No, nessuno, sto proprio altrove, non ho Tik Tok, nè Facebook, nè Instagram, non ho niente, uso il telefono per mandare mail e messaggi e per parlare. Non ho whatsapp e per questo la gente mi insulta “ma sei fuori di testa? Come fai?”. Non sono in nessun gruppo, neanche quello delle mamme, ho detto “dimenticatemi”, insomma non mi avranno».Come ha scelto Amanda?«Prima di tutto è un’opera prima e mi fa sempre piacere partecipare agli esordi. E poi c’è Benedetta Porcaroli, brava, gentile, professionale, molto fotogenica, e Michele Bravi che ha un piccolo ruolo, ma l’ha fatto da Dio, davvero spacca lo schermo, ed è la prima volta che recita».Cosa fa in Educazione fisica ?«È una parte più impegnativa, la storia è complessa, ambientata tutta in una palestra dove è accaduto un fatto grave, io interpreto una preside che cerca giustizia e si confronta con i genitori degli studenti».Ha lavorato con i più importanti registi italiani, Bellocchio, Amelio, Ozpetek, Muccino, Placido, senza mai imboccare strade scontate. Una coerenza ammirevole, ma forse anche difficile, è così?«Sono grata per tutto quello che ho avuto, eppure, paradossalmente, tantissimi registi mi stimano e, allo stesso tempo, mi temono, e per questo, non mi chiamano. Forse pensano che sia un tipo troppo drammatico, con un carattere difficile... Pazienza, non mi importa, anche se è chiaro che una carriera di un certo tipo mi ha in qualche modo marchiata».Qual è il suo incontro professionale più importante?«Il mio “padre” cinematografico è stato Sergio Rubini, a 20 anni mi ha diretto nel Viaggio della sposa. Poi Michele Placido che mi ha voluta in Del perduto amore, Ferzan Ozpetek a cui devo tantissimo, e naturalmente Amelio, Bellocchio. Sono anche molto fiera di aver recitato nel Più crudele dei giorni, sulla storia di Ilaria Alpi».Viviamo un periodo duro, con la guerra vicinissima. Come ne parla con i suoi figli?«Quello che succede è orribile, compro il giornale ogni mattina e dopo averlo letto sto peggio. I ragazzi sanno tutto, ne parlano a scuola, quando mi fanno domande cerco di dare spiegazioni tenui, evitando di esporli alle immagini più scioccanti. Il cervello ha i suoi limiti, non si può essere bombardati dall’orrore quotidiano, tutto il brutto che vediamo lavora dentro di noi e, alla fine, provoca un senso di sperdimento, viene da chiedersi “ma in che mondo vivo, e perché?"».Alcune attrici si sono unite alle proteste contro il governo iraniano tagliando una ciocca di capelli, c e ne pensa?«Potrei anche rasarmi a zero, ma non credo che certi gesti possano servire ad abbattere un sistema totalitario. Non voglio apparire polemica, approvo tutte le iniziative in nome della libertà, purtroppo, però, certi regimi non si abbattono con una ciocca di capelli».Le hanno chiesto mille volte di suo padre Vittorio,quanto le pesa dover rispondere ?«Mio padre è mio padre, ho anche partecipato come voce narrante al documentario su di lui, quando si è trattato di parlarne non mi sono mai tirata indietro. Però non è giusto continuare a scavare così tanto nel dolore, in modo malato, ossessivo. Dopo tanti anni basta, lasciamolo andare».Che cosa si augura per sé stessa e per i suoi figli?«Mi auguro che continuino ad arrivarmi progetti belli, da realizzare con persone a cui mi lega un rapporto di empatia, penso di poter dare ancora tanto, anche dopo 35 anni. Ai miei figli, cui è capitato di vivere in un mondo di mer…auguro che possano essere felici». —