Robinson, 15 ottobre 2022
Intervista a Isabella Rossellini
L’attrice vive in una casa di campagna piena di cani e galline. E ha girato uno dei 12 corti raccolti nel film “Interactions”, interamente dedicato alla natura
Asessant’anni ha comprato una fattoria pensando che la carriera d’attrice fosse finita. Lo scorso giugno Isabella Rossellini ne ha compiuti settanta e la sua agenda è più fitta che mai, tra teatro e cinema, dietro e davanti la macchina da presa. E quella fattoria a Long Island è diventata il set di un film da otto minuti diInteractions – When cinema looks to nature: dodici registi internazionali creano connessioni tra gli esseri umani e gli animali attraverso la biodiversità, il cambiamento climatico ed i rischi per le risorse idriche. Nel film evento, che viene presentato domani alla Festa di Roma, il segmento firmato dalla regista e attrice è il più caldo ed empatico, accompagnato da disegni e dalla irresistibile espressività della padrona di casa. L’intervista è al telefono da San Francisco, Rossellini è in tournée con il monologo Il sorriso di Darwin.
Com’è stato girare Interactions?
«Facile e bello. Sono stata contattata da Adelina von Furstenberg, ho chiamato una troupe di amici, si sono trasferiti qui nei giorni delle riprese.
L’assunto è che non molti hanno chiara la differenza tra un animale domestico e uno selvatico: dietro alladocilità del primo ci sono migliaia di anni di cambiamenti, anche fisici, frutto di una selezione fatta dall’uomo. I lupi si sono trasformati in cani in quindicimila anni di selezione dei meno aggressivi. E le galline selvatiche, che facevano dieci uova l’anno, dopo 10.000 anni di selezione ne fanno 250. Io stessa non avevo chiaro tutto questo, fino a quando non sono andata all’università. Così ho pensato di fare un film partendo dal quotidiano della mia fattoria».
Nella sua fattoria ci sono diverse razze per ciascun animale.
«Altra cosa che ho scoperto: l’industria del cibo, che è diventata così enorme, favorisce le monocolture e cioè un tipo di spinaci, come una razza di animali e un tipo di uova. La distribuzione del cibo moderno favorisce la monocultura.
Nella mia fattoria, 1500 galline, ho preso 3 o 4 esemplari di tante razze diverse, alcune antiche, in via di estinzione. È importante mantenere la biodiversità, ci sono le banche dei semi di diverse patate, pomodori, spinaci, bisogna farlo con gli animali.
È come se decidessimo che gli unici cani che vogliamo sono bassotti, ma ciascuna razza ha un suo talento, da pastore, da caccia, da guardia…Tutti vogliono la lana merino, ma ci sono pecore che danno una lana più dura, un latte diverso. La Fao avevasuggerito qualche anno fa alle piccole fattorie artigianali come la mia di cercare le razze diverse. Ho scoperto un mondo».
I suoi genitori amavano gli animali.
«Sì, le loro case erano piene di cani e gatti, ricordo che mamma viveva in una fattoria vicino Parigi, vicino c’era una vecchia fattoria artigianale e passavo le giornate con i loro animali, le galline, i maiali. Poi è stata chiusa e ci hanno fatto una villa».
Anche lei ha scelto di vivere in una fattoria.
«Era un terreno che stava per essere suddiviso, una ventina di ettari di bosco e un vecchio monastero. Era previsto che ci costruissero case e così io, che sono sviluppatrice di arredamento di interni, alla fine mi sono decisa e ho preso questo posto a Long Island, perché altrimenti questi luoghi, specie quelli sul mare, diventano pieni di case da vacanza, la natura è compromessa, le fattorie spariscono. Ho venduto un mio appartamento a New York, pensando, dieci anni fa, che non avrei lavorato più, per complicazioni che ho avuto alla spina dorsale, avevo difficoltà di camminare. Non credevo avrei potuto più fare l’attrice. Ho pensato, “ho sempre amato gli animali, mi occuperò di quello”.
Invece mi sono ripresa molto benedall’operazione e quindi continuo a lavorare. Sono qui a San Francisco per lo spettacolo Il sorriso di Darwin,che poi porterò a Los Angeles».
Ha anche molti progetti tra cinema e tv.
«Ho dato la voce inMarcel the shell,un film delizioso nato da un fenomeno virale su una conchiglia parlante, e poi ho fatto una serie,Julia,sulla famosa cuoca americana Julia Chalk, che ha portato la cucina francese in America: sono la signora francese da cui lei ha imparato. E ho girato con Alice RorwhacherChimera».
Siete amiche.
«Sì, da quando ci siamo incontrate a Bologna. Spero di vivere abbastanza a lungo per vedere il talento di Alice riconosciuto al pari di quello Fellini, Antonioni, De Sica, il suo cinema mi incanta. Essere sul set con lei e Alba è stato un privilegio. Con Alice parliamo tutti i giorni di api, suo papà era un apicultore. E di animali.
Alla fattoria farò una proiezione diOmelia contadina, che celebra la cultura antica in cui c’era una conoscenza della natura, che si è persa. Ma c’è una consapevolezza profonda, nelle nuove generazioni»
Da Greta alle ragazze iraniane, molto del cambiamento nel mondo è guidato dalle donne. Lei scriveva di femminismo già giovanissima.
«Sì, ma io avevo l’esempio di miamamma, molto moderna, aperta, una delle prime femministe. Lavorava, era indipendente. Poverina, anche lei ha pagato un prezzo altissimo per quello, le hanno tolto la prima figlia, non ha potuto vederla, è stata mandata via dall’America. Ha avuto dei grandi problemi».
Che rapporto ha oggi con l’Italia?
«Vengo spesso in Europa, lavoro più in Francia che in Italia, non so perchè ma da voi mi chiamano solo Saverio Costanzo e la famiglia Rohrwacher.
Nessun altro mi propone ruoli e anche portare in scena i monologhi è difficile. Ma è sempre un piacere venire e negli anni sono diventata una turista, vado ai musei. È un luogo in cui tornerei a vivere, se non fosse per mie nipotini e la mia fattoria».
L’esito elettorale in Italia?
«Mi ha colpito. Tutti i miei amici michiedono cosa succede. Anche in America c’è stata un’onda di destra, sono preoccupata per quel che succede, per i diritti civili, degli immigrati, delle minoranze etniche, delle donne. Meno male che i miei genitori non devono assistere a tutto questo».
Cos’è oggi per lei il cinema?
«Aspetto con ansia di tornare a teatro. Il rapporto con il cinema è cambiato. Da piccola dovevo aspettare la retrospettiva che Gianluigi Rondi fece in Rai per vedere i film di mia madre a Hollywood. A 12 anni non avevo mai vistoCasablanca eNotorius, che non erano disponibili. Oggi con i miei amici facciamo delle retrospettive, vediamo tutti i film di un autore e ne discutiamo. Ed è un vero piacere».