la Repubblica, 15 ottobre 2022
Intervista ad Adriano Panatta
È stato un mito del tennis. Con quel “Pof pof”, battuta del film La profezia dell’armadillo,lo hanno scoperto i giovani. Grazie alla serie La squadra di Domenico Procacci gli appassionati di tennis hanno conosciuto l’umanità dei campioni della Coppa Davis, quattro amici-complici: lui, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli oltre al caposquadra Nicola Pietrangeli. Adriano Panatta da domenica pomeriggio su Rai 2 sarà protagonista con Paola Ferrari diDomenica dribbling. Romano, classe 1950, nel 1976 è stato il numero 4 al mondo, quell’anno vinse gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros (dove nei quarti di finale fece l’impresa, riuscì a battere Björn Borg), carriera fomidabile anche in doppio con Bertolucci. Si è ritirato dall’agonismo nel 1983, negli anni è stato adottato da cinema e tv. Vive con la seonda moglie Anna Bonamigo a Treviso, dove ha rilevato un circolo sportivo.
Com’è la nuova vita in tv?
«Mi diverto a fare televisione se mi fanno fare me stesso. Mai avuto un copione, ho sempre lavorato improvvisando. Mi piace intervenire sul momento, per dire una cosa spero intelligente. Ai tempi di(ah)iPirosocon Antonello, amico fraterno, non conoscevo la scaletta. “Almeno vuoi dirmi chi è l’ospite?”. “No” era la risposta “altrimenti non rendi”».
Per “Domenica dribbling” chi l’ha chiamata?
«Alessandra De Stefano, la direttrice di Rai Sport. Voleva che facessi le telecronache della coppa Davis, non ci penso per niente. Ero stato ospite alCircolo degli anelli,mi è simpatica.
Ho detto subito: sai come lavoro in tv, faccio un po’ come mi pare. Abbiamo parlato e eccoci qua».
Segue i programmi sportivi?
(ride) «Non mi entusiasmano molto. Il calcio, secondo il mio punto di vista, viene trattato in modo un po’ ecumenico. Sembra che non si possa dire niente».
Sarà perché i tifosi sono suscettibili?
«Se si incavolano si incavolano, tanto si arrabbierebbero lo stesso. Nella maggior parte delle interviste i calciatori dicono: dobbiamoimpegnarci di più. Poi tutti usano la parola “importante”. Ma perché? Un giocatore non è importante, è bravo».
Il rapporto con Paola Ferrari?
«La conosco da trent’anni, siamo amici. Sono ruoli diversi. Lei fa la televisione io faccio Panatta, cerco sempre il lato ironico».
Ironia che confina col cinismo romano.
«Non confina, lo travalica».
La battuta sul colpo piatto, “Pof pof” è cult;“La squadra” un successo. Che effetto fa essere riscoperti a 70 anni?
«Sono rimasto sorpreso. La cosa meravigliosa è che prima di girare quella scena ero andato a giocare un doppio: io e Margherita Buy contro Giovanni Veronesi e Nanni Moretti.
Dovevo stare alle 4 a Fiumicino: vinciamo il primo set, il secondo loro sono avanti; se avessi perso avrei dovuto giocare il terzo e addio. Hodetto: “Margheri’ spostati”, ha mille paure anche quando gioca a tennis.
Vinciamo 6-4. Moretti fa: “Scusa, se avessimo vinto il secondo set, come avresti fatto?”. “Perché, l’hai vinto?”».
Ed è andato a girare.
«“Hai letto il copione?” chiede mia moglie. “No”. “Adesso che fai?”. “Lo leggo lì due volte e lo faccio mio, non devo fare Tutto Dante come Benigni”. Quel dialogo l’aveva scritto Procacci.
Grazie alle domande del giovane attore mi sono immedesimato, mi facevanodavvero rodere. Ho risposto come farei nella vita. Un solo ciak».
Ci ha preso gusto, ha recitato in “Tutti per 1-1 per tutti” di Veronesi.
«Una cosa orrenda. Giovanni me la pagherà. “Dai, mi devi fare un cameo”. Va bene. Poi mi ha chiesto di mettere la parrucca. “Eh no”, gli ho risposto “la parrucca no”».
Poi se l’è messa.
«Sembravo mia zia Zoe, le volevo un
bene dell’anima. Ridevano tutti».
È sempre stato bello. Nessun complesso di superiorità?
«Mai sentito superiore. Ero un po’ piu caruccio di Bertolucci».
Perché il tennis di una volta era più elegante?
«I nostri movimenti erano più aggraziati, i colpi più morbidi, meno strappati. Erano diverse le racchette. Adesso sembra che si menino. Tutti gli sport sono più veloci e sono cambiati gli atleti: il più piccolo è alto come me, che sono un metro e 85».
Che tipo di tifoso è?
«Non sono un fanatico, quando vince la Roma sono contento ma se perde non mi viene il malumore. Conosco lo sport, so cosa può succedere. Un notaio ligio tutti i giorni alle regole che allo stadio si scatena mi fa ridere.
Mia moglie quando la Roma segna un gol si stupisce: tu non esulti? Esprimo di rado l’entusiasmo, mai capito i tifosi che passano il tempo a suonare il tamburo.
Intendiamoci, possono farlo: ma perché?».
Che consiglierebbe a Francesco Totti?
«Non posso dare consigli a nessuno, le questioni personali sono sacre, tante sfaccettature non si sanno, la gente giudica. Non si fa».
Il cuore batte ancora a sinistra?
«Ha una domanda di riserva? Sono fondamentalmente un liberale progressista. Antifascista e anticomunista. Spero, come credo, che in Italia siano finite sia una cosache l’altra».