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 2022  ottobre 15 Sabato calendario

L’elezione di Fontana

«No a un presidente omofobo pro Putin», recita il lungo striscione del Pd che alle 10 accoglie nell’Aula di Montecitorio la terza carica dello Stato in pectore, il leghista Lorenzo Fontana. I commessi rimuovono l’oggetto della protesta e la chiama dei deputati continua, finché l’applauso che si alza dai banchi della destra a spoglio ancora in corso dice che la Camera ha eletto il suo presidente per la XIX legislatura. Dopo tre fumate nere, al quarto tentativo i votanti sono 392 e dall’insalatiera verde escono 222 schede con il nome dell’esponente del Carroccio che Salvini, alla vigilia, ha preferito a Riccardo Molinari. Per Fontana ci sono 13 voti in meno rispetto a quelli che ha la maggioranza sulla carta, ma questa volta niente traumi per l’alleanza che ha vinto le elezioni politiche il 25 settembre, niente trappole né giochini parlamentari tra alleati e con le opposizioni. Dopo la clamorosa elezione di Ignazio La Russa giovedì al Senato, senza Forza Italia e con scialuppa di salvataggio delle minoranze, Giorgia Meloni può pubblicamente gioire perché la destra si è ricompattata: «Anche qui alla Camera buona la prima, ora procediamo spediti». Ma a sera, dopo il coro di protesta delle opposizioni e dopo la stretta di mano al Quirinale tra Fontana e il presidente Mattarella, la leader di Fratelli d’Italia sarà durissima con la sinistra: «Aggredire in questo modo i presidenti delle Camere è un’offesa allo Stato e alla volontà popolare».
L’elezione
È mezzogiorno. Il vicepresidente uscente Ettore Rosato legge ancora una scheda «Lorenzo Fontana» e il battimani dai banchi della destra dice che è fatta, questa volta i numeri dicono che è una vittoria piena. Centrosinistra e Movimento Cinque Stelle – dopo aver scritto sulla scheda rispettivamente Maria Cecilia Guerra e Federico Cafiero De Raho per scongiurare defezioni e franchi tiratori al contrario – incassano la sberla immobili. «Forse hanno dimenticato che noi votammo per Fico», bacchetterà Fabio Rampelli. Qualche renziano e calendiano che ha scritto il nome di Matteo Richetti accosta senza fragore le mani, ma dem, sinistra ecologista e contiani non applaudono e non si alzano, e la protesta prelude ad attacchi senza sconti. «L’Italia non merita questo sfregio», twitta a caldo il segretario del Pd Enrico Letta. Giuseppe Conte promette barricate: «Se Meloni farà una politica reazionaria, il Movimento lo impedirà». E il leghista Claudio Borghi, davanti alla buvette, se la prende con «quegli str... che non hanno applaudito».
Il discorso di Fontana
A far notizia intanto sono le parole che il neopresidente Fontana, secondo leghista a guidare la Camera dopo Irene Pivetti, ha pronunciato in Aula e quelle che non ha scandito. L’ex ministro della Famiglia del primo governo Conte è onorato e grato, ringrazia chi lo ha votato e chi no, loda Mattarella «perno della nazione e custode della Costituzione» e saluta Papa Francesco, «riferimento spirituale per la maggioranza degli italiani». Come gli verrà rimproverato da chi non dimentica il suo antico vezzo di indossare t-shirt con l’immagine di Putin, Fontana non si sofferma più di tanto sull’aggressione del Cremlino a Kiev. Tra i temi fondamentali che la legislatura dovrà affrontare, c’è per il presidente l’uscita definitiva dalla pandemia e c’è «la prosecuzione nell’impegno per la ricerca della pace nel generale quadro della comunità internazionale e nei rapporti tra l’Ucraina e Russia». Insiste sui diritti dei più fragili, sprona il Parlamento a «non cedere all’omologazione, che è uno strumento dei totalitarismi» e afferma che «la grandezza dell’Italia è la diversità».
E c’è anche il ringraziamento a Umberto Bossi, «senza il quale non avrei mai iniziato la mia carriera politica». Il fondatore della Lega Nord è arrivato in carrozzina con il figlio Renzo detto «il Trota». Il presidente cita Tommaso D’Aquino per dire che toccherà ai deputati restituire ai cittadini «fiducia, speranza e orgoglio» e ricorda il quindicenne milanese Carlo Acutis, morto di leucemia nel 2006 e proclamato beato nel 2020. Quando Salvini esce per la foto di famiglia con i suoi onorevoli, assediato dai giornalisti come ai tempi d’oro del 33%, Salvini ironizza sulle tante citazioni di santi: «Lorenzo? È con noi in spirito».
Zan anti-Fontana
Meloni si congratula, augura buon lavoro al presidente leghista e si dice certa che avrà «senso delle istituzioni, equilibrio e imparzialità». Al Nazareno registrano «un inquietante slittamento a destra» e pensano di opporre a Fontana, come vicepresidente, il padre del ddl contro l’omotransfobia, Alessandro Zan. Lo stato d’animo dei dem di Enrico Letta è il lutto: «Il primo a festeggiare per l’elezione di Fontana è Putin». Una reazione che farà infuriare Giorgia Meloni. Scende il buio e la presidente del Consiglio in pectore viene intercettata dallo speciale di Mentana all’uscita da Montecitorio: «È interessante questa sinistra che ci parla di rispetto delle istituzioni. Ma è un rispetto che vale solo se le rappresentano loro. È un’idea curiosa di democrazia che però abbiamo già sperimentato».
Le castagne di Salvini
Al suo secondo giorno, Montecitorio è il palcoscenico della nuova destra. La compagna di Berlusconi Marta Fascina è alla buvette, Antonio Tajani la porta via e parlano a lungo nel corridoio che conduce all’Aula. Tutti invocano «Giorgia» e lei, ogni volta che esce in cortile per fumarsi una sigaretta, si fa piccola piccola nell’angolo tra la scala e la finestra. La raggiunge Salvini e decine di cronisti provano a carpire almeno un frammento di dialogo. La parola da interpretare è «castagne». Avranno stretto un inconfessabile «patto della castagna» per far fuori Berlusconi? Macché. Sarà Meloni a svelare l’arcano: «Matteo vuole raccogliere castagne nel week end e mi ha chiesto dove si può andare nei boschi vicino Roma». C’è chi annota i look del nuovo potere e chi si interroga sulla presenza in Transatlantico dell’ex deputato Claudio D’Amico, il leghista che si vantava di aver presentato Salvini a Putin. Altri tempi.
Francesco Lollobrigida, uno degli uomini più vicini alla leader di Fratelli d’Italia, si ferma a lungo con i cronisti per spiegare che i rapporti di chiunque con Putin vanno giudicati dopo il 24 febbraio 2022, giorno in cui lo zar ha invaso l’Ucraina. A sentire il capogruppo vale anche per il neopresidente della Camera: «Non ci saranno sbandate filorusse se Fontana sarà eletto presidente. Tutto il centrodestra sostiene il popolo ucraino, la nostra posizione è molto chiara». Un’ora prima dell’elezione era stato lo stesso Fontana a rispondere ai cronisti. Possiamo chiamarla presidente? «Non ancora». Sarà il primo inquilino della Camera vicino a Russia Unita? «Mai stato in Russia». E le magliette con la foto di Putin? «Erano di otto anni fa».