Corriere della Sera, 15 ottobre 2022
Il vero maschio (secondo B.)
Per Berlusconi, capotavola è sempre stato dove si sedeva lui. Non ha mai sopportato che un altro uomo ambisse a quel posto. Ma che vi ambisse una donna, anzi, che ci si sedesse proprio, era e rimane qualcosa che addirittura lo offende: un sovvertimento di quelle che considera leggi di natura. Nel galateo di Berlusconi la donna si corteggia e magari si venera, ma un vero maschio non può prendere ordini da lei, tantomeno accettare di sentirsi dire dei no. Possiamo dunque immaginarci che cosa abbia provato nel vedersi negare da Giorgia Meloni un ministero di prima classe per la sua protetta Licia Ronzulli. Che se poi preferiamo non immaginarcelo, si è premurato di scriverlo direttamente lui, su un foglietto di appunti immortalato in una foto che ormai è storia. Quattro aggettivi (più uno cancellato), numerati per meglio imprimersi nella mente che il comportamento della Meloni era stato: «1 supponente, 2 prepotente, 3 arrogante, 4 offensivo». (Il 5 era «ridicolo», ma deve essere sembrato troppo maschilista persino a lui, tanto che ci ha scarabocchiato sopra).
Avrebbe usato gli stessi aggettivi per Salvini? (Forse uno solo, il quinto, ma è una mia supposizione). Di un uomo non disposto a obbedirgli avrebbe detto che era ingrato, frustrato, fallito: quello che disse di Fini, in fondo. Ma se una donna osa contraddirlo, significa che è supponente e arrogante. In realtà Meloni è la sua Nemesi: la dea greca del contrappasso, arrivata apposta per lui dall’Olimpo della Garbatella.